Serra, Michele - Gli sdraiati

paolasirigu

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Michele Serra in questo libro riporta la sua testimonianza di padre che prende atto dell’esistenza di una generazione di “sdraiati”. I genitori ameranno questo libro perché si sentiranno assolti dalle loro responsabilità. Non saranno portati a riflettere sulle loro colpe e sul perché non sono riusciti a insegnare ai loro figli ad essere meno passivi e meno imbecilli.

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Byerry

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Collezionista di atteggiamenti giovanili

Michele Serra in questo libro ha collezionato una serie di atteggiamenti tipici dei giovani che, messi insieme, danno un quadro del loro presente estremamente passivo a tutto ciò che li circonda. E' interessante, alcune battute sono davvero divertenti, anzi una critica potrebbe essere proprio il fatto che Serra ci delizia con alcune trovate ironiche, ma ce le fa poi attendere spesso per troppe pagine!
Lui ha una sagacia molto pungente, la usa poco ma molto molto bene.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Le caratteristiche dei giovani d'oggi le aveva già descritte 20 anni fa ne Il nuovo che avanza: allora si chiamavano paninari; oggi non si chiamano in alcun modo perchè la maggior parte sono così di default. Solo che mentre 20 anni fa i paninari erano i figli degli altri, adesso ne ha uno in casa sua. Ammetterlo, è un atto di umiltà e autocritica mica da ridere ed è un primo passo per affrontare il problema.
Parlo di problema perchè il paninarismo (o paninarietà?) non è una bella cosa. Infatti l'obiettivo di un ragazzo è quello di diventare adulto, non scemo totale, e diventare uno splendido manichino di abiti firmati (a spese dei genitori) non è certo la via più veloce, anzi, è il peggior modo per restare bambini per sempre, bambini che si credono uomini ricchi, uomini di mondo.

Letto il libro, credo che il problema abbia due cause.

Innanzi tutto non si parla mai di Disciplina, che è la base dell'educazione.
Qualcuno potrebbe ribattere che non è vero, che la base dell'educazione è l'amore.
Appunto: l'amore è la forma più sublime di disciplina, altrimenti, sai quante corna tra moglie e marito?
Michele sbaglia perchè considera la disciplina come qualcosa che deriva esclusivamente dalla società patriarcale che lui odia, mentre invece non è certo un'esclusiva di quest'ultima, anzi.
Tornando all'educazione, a un bambino disciplinato, proprio perchè ti puoi fidare, puoi concedere molta più libertà di quanta concederesti a uno imprevedibile, e la libertà è fonte di esperienza, riflessione, crescita e soddisfazione. I bambini felici non sono quelli che fanno quello che vogliono, ma coloro che traggono soddisfazione da quello che fanno; quelli che invece fanno quello che vogliono, si chiamano capricciosi e son sempre lì a frignare, perciò tanto felici non si direbbero... ma il punto d'inizio è che devono essere minimamente disciplinati.

Il secondo errore è che non si parla mai dell'esempio.
Infatti un figlio non ti giudica(soprattutto nel lungo termine) per quello che dici, ma per l'esempio che gli dai, quindi se quando il bambino era piccolo Michele non lo ha mai portato a camminare per ore in silenzio salendo il Colle della Nava, non può certo aspettarsi che lo faccia a 18 anni!
Nel 2007 o giù di lì, al Salone del libro di Torino, con indosso jeans Trussardi o Missoni o nonmiricordocosa, disse che gli piaceva il suono del 6 cilindri della sua Maserati.
Michele Serra, lavorando e pagando le tasse, è diventato un uomo molto benestante se non ricco (complimenti! Non c'è nulla di male, anzi!) e ha il diritto di spendersi i suoi soldi come vuole, però bisogna stare attenti perchè i bambini ci osservano, perciò se mentre gli altri girano su una Panda del '98 e tu giri con la Maserati, non puoi stupirti che tuo figlio vuole la felpa più esclusiva del mondo: stanno seguendo il tuo esempio!

Tornando al libro, mi sembra bello, vale la pena leggerlo, anche se per me Il nuovo che avanza resta il migliore in assoluto.
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
Al primo approccio confesso di averlo abbandonato a pagina 3. Mi dava troppo fastidio lo stile, Serra tenta di colpire il lettore con il sarcasmo, l’ironia tagliente, qualche battuta caustica, ma evidentemente in quel momento non faceva per me. A distanza di 20 giorni l’ho ripreso in mano e in due sessioni me lo sono divorato. E’ un racconto di 100 pagine che fa riflettere sullo stato dei giovani “sdraiati” di oggi, di cui fa parte il figlio di Serra, che non fa altro che stravaccarsi sul divano con le cuffie dell’iPod nelle orecchie, il computer sulla pancia e il cellulare in una mano, metafora questa della perdita di comunicazione verbale nella società in cui ci ritroviamo a vivere. In pratica quella del padre è una sorta di lettera aperta al figlio, un tentativo disperato di costruire con lui un rapporto, una specie di grido d’aiuto per chiedere al ragazzo di permettergli di aprirgli gli occhi alla vita, alla sua bellezza, alla sua pienezza, e dargli così uno scossone rivitalizzante che lo affranchi dalla “sdraiatezza”. Ho sottolineato una parte significativa del testo che condivido in pieno: i giovani d’oggi difficilmente si appassionano a qualcosa di autentico (che non siano pop star o l’ultima versione dell’iPhone) per una sorta di paura che quella cosa in particolare sia già piaciuta ai genitori, sia già vecchia e non possano perciò farla propria. Questo concetto mi ha colpito perché profondamente vero e Serra lo ha colto molto bene.
L’intermezzo della guerra tra Vecchi e Giovani non mi è particolarmente piaciuto, mi è parso quasi un riempitivo per allungare il libro (altrimenti sarebbe venuto un racconto di 70 pagine, forse impubblicabile? Non lo so). Il capitolo finale può sembrare telefonato e banale ma mi ha commosso ugualmente. Sembra di essere lì ad ammirare il panorama, a respirare l’aria pura e godersi quel cielo terso. In definitiva, un libro che si legge in un giorno ma foriero di una riflessione sul rapporto genitori-figli, sempre più distanti tra loro perché manca il dialogo, soppiantato dalla tecnologia e dalle mode, dai trend e dalla televisione che inaridiscono e globalizzano.
 
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Reid

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Grazie, avevo bisogno di un ulteriore spinta per leggerlo.

Giusto per completezza culturale e per argomentare la discussione, se è off-topic prego i moderatori di cancellarlo, vi c/i la risposta che ha dato una giornalista a riguardo questo libro; dopo la risposta della giornalista che seguo mi sono incuriosito, Germano mi ha dato il via per essere una delle prossime letture.

Risposta:

Ho passato il pomeriggio con Michele Serra, e vorrei poterlo confortare: i giovani non sono tutti "sdraiati" come il suo ipotetico figlio raccontato nel libro. Uno che passa le giornate sul divano, fra serie americane e auricolari impiantati nelle orecchie, privo di interessi se non quelli decisi dall'industria del consumismo. Un'ameba, a tratti - sembra paventare Serra - neanche un umano.
Ho 10 anni in più dello sdraiato del libro. 10 anni fa trascorrevo un anno di liceo negli Stati Uniti, per vivere un'esperienza arricchente e per arricchire pure il mio CV, lontana migliaia di chilometri dai miei, che potevo sentire una volta ogni due settimane. La competizione, si sa, e' feroce, e bisogna cominciare da subito a costruirsi il proprio percorso. Nel frattempo le mie amiche trascorrevano l'inverno a scuola e l'estate nei negozi, bar, ristoranti della Riviera, in qualità di commesse, bariste, cameriere. 8, 10, 12 ore al giorno, senza neanche un giorno libero. Attività intraprese chi a 14, chi a 15, chi a 16 anni (come la sottoscritta, ma per una sola stagione) e interrotte solo sull'altare del "lavoro vero". Gente che si è fatta un culo così, chi per necessità, chi perché voleva avere un po' di soldi suoi, chi perché bisogna imparare a lavorare sin da piccoli.
L'università. Chi ha potuto e se l'e' sentita ha lasciato la Riviera per vestire i panni del fuori sede. Chi non ha potuto o non se l'e' sentita ha scelto di frequentare l'università vicino casa. Chi proprio non ha potuto si è messo subito a lavorare (ai tempi ti venivano a cercare a casa, e parliamo di soli 10 anni fa).
Ci avevate detto che impegnandoci all'università si sarebbero aperte tutte le porte. I meno ottimisti aggiungevano un "quasi tutte". Per carità, all'università ci siamo divertiti, e tanto. Ma ci siamo fatti anche un gran culo. Mantieni una buona media che altrimenti non accedi all'Erasmus, se però non hai tutti 30 non vai a quella di Parigi dove sogni di entrare, fai tutte le attività che ti offre l'università che sono quelle che ti formano veramente (radio, giornale, conferenze, elezioni universitarie), fai gli stage che altrimenti ti troverai indietro rispetto agli altri una volta che ti affaccerai nel mondo del lavoro, però non basta inglese e francese, studia pure il russo che non si sa mai. Hai un'offerta di lavoro ma sei ancora all'università? Accettala! E studia alla specialistica e intanto lavora, lavori di giorno e studi di notte. E intanto ti senti che sei sulla buona strada, che stai cogliendo tutte le opportunità che ti sono offerte e che il famoso mondo del lavoro ti aspetterà a braccia aperte.
Poi un giorno ti svegli e il mondo in cui stavi per entrare crolla. Prima la finanza, poi tutti gli altri settori ti cominciano a chiudere le porte in faccia. Ma scusi, guardi il mio CV! Ma io sono disposto anche a lavorare gratis! Guardi, facciamo che l'assicurazione dello stage me la pago io!
Niente. Tutto quello che ci avevate raccontato non vale più, perché quello che avevate costruito era un castello di carta. E ora ci venite a dire che siamo sdraiati.
Caro Serra, forse è vero. Ci siamo seduti, non sdraiati, ma solo per un attimo, dopo che ci avete fatto correre senza meta, per capire in che mondo rialzarci. Un mondo che speriamo di poter costruire con fondamenta solide, e non di carta, come quello che ci avete lasciato. E magari lasciarlo migliore a chi verrà dopo di noi.
 

Lollina

New member
Serra si pone “ad alta voce” le domande che tutti i genitori di figli adolescenti, tutti gli insegnanti, qualche allenatore di pallone o maestri di qualunque genere si pongono scrutando le vite, prevalentemente orizzontali, di quegli alieni che vivono con noi, infagottati in jeans progettati per impedire a qualunque bipede la normale deambulazione e calzati di blob informi di gomma molle: epigoni irrimediabilmente degeneri o “evoluzione della razza”? rimbambiti dalle loro cuffiette e touch screen o mutanti digitali? Domande che costringono chiunque abbia passato gli anta a oscillare tra nostalgie passatiste e un giovanilismo nutrito di sensi di colpa nei confronti del nostro progressismo d’ordinanza.
Tutto molto saputo e vissuto, tanto che il romanzo di Serra, sebbene nobilitato dalla piacevolezza della scrittura, scivola a tratti nel vecchiotrombonismo (soprattutto negli intermezzi narrativi in cui si costruisce progressivamente un progetto di romanzo attorno alla “grande guerra finale” tra vecchi e giovani, con trionfo inevitabile di questi ultimi: palese tributo ad un passato in cui i giovani eravamo noi e facevamo – o pensavamo di fare – la rivoluzione).
Non mancano comunque pagine felici, come quella spassosa sul colloquio con i professori e quella, ariosa e quasi poetica, sulla comune, silenziosa passeggiata in montagna.
 

SALLY

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Scritto in maniera divertente, "Gli sdraiati" è la guerra generazionale tra padri e figli che c'è sempre stata, certo questa è diversa, perchè tecnologica, e fa sembrare i figli ancora più distanti....altrove, sempre....forse sono i padri diversi, i "dopopadri", mancano di autorevolezza, sono degli insicuri...la società dei consumi ha fatto in modo che nessuno abbia più tempo per educare, per dire dei no, per avere conversazioni animate o meno, è molto più semplice munire il figlio del "divano" con tutti gli accessori...i figli non sono cambiati molto, neanche 40 anni fa si andava volentieri a vendemmiare, ci si appartava con gli amici di turno per non farsi sentire dai "grandi", ci si chiudeva in camera anche senza tv, smatphone, pc e quant'altro....ma i padri erano un esempio, un pilastro ( quanto poi fossero convinti non lo so) però l'effetto "sicurezza" lo facevano... quando c'era un problema "loro" l'avrebbero risolto, ora non so quanto i figli sentano questo punto fermo, e il momento storico certo non aiuta.
 

Lark

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Vado un po' fuori dal coro, ma l'ho trovato illeggibile. Si sforza troppo di essere arguto e simpatico, ma sembra un libro satirico in cui si fa la parodia di un radical chic. Sembra uno che gioca a fare il padre, completamente fuori dal mondo e dalla realtà. E ci prova troppo ad essere simpatico, non funziona. Ad un certo punto definisce i cellulari "ricetrasmittenti di decima o undicesima generazione, le tavolette tascabili che legano ovunque e sempre ognuno a tutti gli altri e dunque sostanzialmente a se stesso", e più tardi, nello stesso capitolo - dedicato ad una gita a giocare a fare il contadino e vendemmiare il Nebbiolo - fa dire ad un suo personaggio "certo un mondo dove i vecchi lavorano e i giovani dormono, prima non si era mai visto". Un rantolo stanco e borioso di un classismo disgustoso, senza alcuno sforzo di capire la condizione dei giovani e le problematiche del presente. Ed è tutto così. Boh. Consiglio di leggerlo perché è veramente, suo malgrado, istruttivo, ma non nel modo in cui vorrebbe essere.
 
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malafi

Well-known member
Anch'io trovai in questo libro una fiera di banalità e luoghi comuni. Non che non siano veri, almeno per la maggior parte, ma ben poco di originale e di suo.
Ricordo che l'unica parte che mi ha divertito davvero è stata il 'fil rouge' degli intermezzi tra un capitolo e l'altro.
Molto centrato e vissuto sulla mia pelle (di padre)
 

MonicaSo

Well-known member
Mi è piaciuta questa descrizione, fatta da un padre a me che non sono madre, dei ragazzi di oggi ... ci ho rivisto pienamente entrambi i miei nipoti
Serra non vuole insegnare nulla, non cerca errori, non alza la voce... semplicemente descrive e divertente
 

qweedy

Well-known member
Ho letto ora questo libretto, sicuramente l'autore calca un po' la mano nelle sue considerazioni per sottolineare la differenza generazionale, che c'è, è innegabile. E' facile riconoscersi in molte descrizioni, anche se un po' estremizzate.
 

Lark

Member
C'è uno spettacolo teatrale in cui mi sono imbattuto e che è andato in onda qualche anno fa su radio tre e che mi ha spinto a leggere il libro, e ho notato le stesse cose di cui parlavano. Lo spettacolo c'è ancora da qualche parte sui siti radiorai e si chiama "Capitalismo magico", sono due attori in un dialogo accompagnato da brani musicali, se non ricordo male sono due dei ragazzi de Lo stato sociale (il gruppo musicale) e mi era piaciuto veramente molto, se può interessarvi ve lo consiglio.
 

isola74

Lonely member
Mi sono persino ritrovata in alcuni piccoli spunti, anche se mio figlio ha solo 12 anni :) eppure, nonostante fosse un libro che aspettavo di leggere da un po', non mi ha entusiasmata. Non mi è paiciuto molto lo stile, se non nelle pagine in cui Serra fa quello che gli viene meglio, una ironica descrizione della realtà. Il resto, la parte "romanzata" vera e propria, non va.
 
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