Pavese, Cesare - La bella estate

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Tocca a me l'onere di recensire quest'opera vincitrice del Premio Strega nel 1950, che, anche se fu scritta nel 1940, venne pubblicata solo 9 anni dopo.
Il volume iniziale conteneva anche altri 2 romanzi brevi, Il diavolo sulle colline (1948) e Tra donne sole (1949), ma io ho letto solo questo in versione e-book.

Ho scritto onere perché a differenza dei precedenti letti, La luna e i falò, ma soprattutto La casa in collina, che apprezzai parecchio, questo non mi ha convinta fino in fondo. Ho deciso di leggerlo in questo periodo, attratta dal titolo, con la speranza che mi scaldasse un po' in questo rigido preinverno, ma l'estate nel romanzo finisce troppo presto e anche nella protagonista resta solo un ricordo e la promessa a se stessa di ripetere ciò che è stato nell'anno che verrà.

Spoiler:
La protagonista, la sedicenne Ginia, è diversa dalle sue coetanee, lavora in un atelier e non pensa ai ragazzi. Ha un'amica, Amelia, di 3/4 anni più grande di lei che posa come modella per i pittori ed è più smaliziata. Sarà Amelia a farle conoscere Guido, un pittore che sta facendo il militare e di cui Ginia si innamora. Così anche lei supererà la fase dell'adolescenza e diventerà una donna.
Nel frattempo Amelia le dichiarerà il suo amore e si ammalerà di sifilide. Nella storia ci sono anche altri 2 uomini, Severino, fratello di Ginia e Rodrigues, un amico cameriere (e forse pittore anche lui) che vive con Guido.
Ho trovato molto moderni i temi trattati, soprattutto quando Amelia dice che ai biondi preferisce le bionde. Inizialmente non si capisce se si riferisce alle ragazze o alle sigarette (visto che fuma), mentre quando si scopre che Ginia è bionda il mistero viene svelato...anche se alla fine comunque lo sarebbe stato perché sarà lei a confessarlo all'amica.

Ho cercato di fare dei confronti tra le adolescenti di quegli anni e quelle di oggi, la conclusione a cui sono arrivata è che ci sono ragazze brave e meno brave (anche cattive, purtroppo), ma quello che spesso influisce sulle brave sono le amiche...se hanno un carattere più forte possono stravolgere i loro buoni propositi (mi riferisco alla verginità che qui Ginia vorrebbe conservare come un valore, senza "sprecarsi" come si rende conto che fanno le sue amiche). Forse però oggi questo valore non conta neppure più :boh:....
Voglio però aggiungere che a volte le scelte che si fanno da giovani possono poi ripercuotersi sul futuro, ma siamo comunque noi a decidere, quindi dare la colpa alle amiche è lecito, ma non sempre valido. Io ad esempio ho frequentato ragazze meno brave, ma non mi sono mai fatta convincere più di tanto da loro (ad es a fumare ho provato, ma ho subito smesso, a bere non ho mai provato e altre cose ho deciso di mia spontanea volontà di volerle o non volerle fare, a costo di apparire "diversa" da loro...lo so che non è facile e si soffre, ma ci si deve almeno provare per restare coerenti con se stessi :wink:). E poi comunque non è detto che gli errori non servono, possono lo stesso fortificare il nostro carattere. Quello che ho scritto può sembrare incongruente, ma spesso è il mio pensiero che lo è :mrgreen:.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Uno di quei libri che ha segnato la mia adolescenza e che ha reso Pavese una mia passione inconsulta durata anni. forse da leggere proprio in quel periodo per coglierne appieno il senso.
 

swann

New member
E' passato molto tempo da quando lo lessi ma ricordo il senso di solitudine - la stessa dello scrittore - che pervade l'opera.
 

Marzati

Utente stonato
Credo che non avrei potuto leggere questo libro in un momento della mia vita più azzeccato. Effettivamente non mi ha convinto molto, forse rispetto anche alle aspettative alte che avevo. Io ho letto il ritratto di una società diversa, dove le ragazze erano più libere che in precedenza ma dove aleggiava ancora lo spettro delle consuetudini passate. Ma soprattutto ho letto di una ragazza ingenua che si affaccia alla vita e, inevitabilmente, all’amore. E’ un avvicinamento tortuoso, strano (quante volte ho provato questa sensazione di stranezza e quasi alienazione nel leggerlo!) e che la porterà allo scontro, forse anche alla delusione. Ma alla fine, nonostante la sofferenza, Amelia tornerà, trovando una Ginia cresciuta.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Un gioiello breve e raffinato che in poche pagine descrive in modo perfetto la formazione di Ginia, il dolore che si accompagna alla crescita e la scoperta che il mondo colorato che si sogna dall'esterno è tutt'altro che rose e fiori, e sottolinea con sapienza il confronto tra la torbida inquietudine della più esperta ed egoista Amelia e l'ingenua sofferenza della protagonista, due dolori e due solitudini vissute diversamente ma ugualmente devastanti.
 

isola74

Lonely member
spoiler!!

L'ho finito ieri sera ma ancora devo ancora decidere se mi è piaciuto o meno. Sicuramente l'ho preferito rispetto ai primi due che avevo letto (sto leggendo i romanzi di Pavese in ordine di scrittura)... questo scorre molto più facilmente.
Si tratta di una storia semplice che si svolge nell'arco di qualche mese e vede protagoniste due ragazze molto diverse fra loro e il loro percorso di crescita. La protagonista da metà racconto in poi diventa Ginia che scopre l'amore e anche la profonda delusione. Per amore viene meno a quelle che erano le sue convinzioni iniziali, eppure aveva intuito che se l'avesse fatto sarebbe finito tutto. Viene delusa dall'amore e dell'amicizia, anche se alla fine lei ed Amelia si ritrovano e vanno di nuovo in giro insieme.
Non sono riuscita a focalizzare bene se si riavvicinano per affetto sincero o per convenienza di entrambe , per non essere sole, o semplicemente per aspettare insieme una nuova estate.

Nonostante mi aspettassi di più da questo breve romanzo lo consiglio ....probabilmente andrebbe letto in una età più giovane della mia.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
La protagonista di questo racconto di formazione immagina un futuro roseo e felice davanti a sé, la bella estate.
Ginia viene descritta come una ragazza indifesa, ingenua, ancora innocente, e che vive la sua estate con spensieratezza andando a ballare oppure passando le serate sulle colline con le sue amiche. Si sente "diversa" dalle sue coetanee che, a differenza sua, si sono già "sprecate" con gli uomini e per questo le considera stupide, considera se stessa più matura.
Ginia sogna un amore vero, idealizza l'amore, e quando conosce Amelia e il suo mondo così diverso, comincia a desiderare di essere come lei, una donna senza inibizioni che si fa ritrarre mostrando il suo corpo, ma nello stesso tempo si vergogna perché, a differenza della modella, lei ha un forte senso del pudore.
Anche quando Ginia inizia un rapporto sentimentale con Guido lei ha difficoltà a farsi vedere senza veli ma si dispera perché teme che se non lo farà il suo amato la lascerà.
La sedicenne vive questo suo primo amore con tormento, con la paura dell'abbandono, e quando si renderà conto che il suo sogno d'amore era stato solamente un'illusione durata un inverno rinuncerà alle sue aspettative su una bella estate.
Pavese definì questo romanzo breve "la storia di una verginità che si difende", come se volesse sottolineare quanto sia doloroso il passaggio dall'età adolescenziale all'età adulta, come se questo passaggio comportasse un sacrificio, una sofferenza interiore inevitabile, come un prezzo da pagare.
Amelia è il simbolo della tentazione, della scoperta dei sensi, è il simbolo del peccato che conduce alla morte (morte non come punizione o espiazione ma semplicemente come elemento fatale, come logica conseguenza di comportamenti irresponsabili e infatti Amelia ha la sifilide).
La festa di cui parla l'incipit sono i balli nelle colline, i giri notturni per la città, il sesso adolescenziale, il bere in compagnia nei caffè.
Il far festa è riempire un vuoto sostanzialmente e Pavese descrive in maniera malinconica, attraverso il sentire di Ginia (la scrittura è in terza persona ma si sente fortissimo il punto di vista della ragazza, molti sono i passi dedicati alla riflessione intima di lei) quanto un'adolescente sia fragile tanto che anche quando ci si crede donna guardandosi allo specchio in realtà interiormente ancora non lo si è. La maturità va oltre la perdita della verginità.
Ho trovato l'analisi che Pavese fa di questa tematica molto profonda, con una visione pessimistica quanto mai reale per quanto mi riguarda.
Credo che in qualche modo Ginia possa rappresentare l'autore, le sue paure, la sua sensazione di inadeguatezza rispetto ai suoi coetanei.
Avendo letto finora di Pavese romanzi legati alla vita della campagna, del paese, ho trovato nuova l'ambientazione cittadina, quest'aspetto bohemien, questa Torino a cui fa da cornice "il vizio" di donne che fumano nei caffè, di pittori che dipingono donne nude.
Un racconto che mi ha piacevolmente colpito e affascinato proprio come affascina ciò che è proibito e che inibisce.
 
Alto