Prosperi, Adriano - Delitto e perdono

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Le istituzioni mentre uccidono. Un grande libro di storia di Adriano Prosperi


Un grande libro di storia sull’omicidio legale e di Stato: “Delitto e Perdono” di Adriano Prosperi. L’autore, docente emerito della Normale, ci racconta la storia della cristianizzazione della pena di morte nei suoi aspetti più controversi che emergono dallo studio di fonti provenienti da città italiane ed europee.


“Delitto e perdono. La pena di morte nell’orizzonte mentale dell’Europa cristiana. XIV-XVIII secolo” di Adriano Prosperi (edito da Einaudi) è un mirabile studio il cui oggetto è la storia della cristianizzazione dell’esecuzione capitale, indagata attraverso l’emersione e l’analisi di una ampia messe documentale (e bibliografica) proveniente dagli archivi delle città italiane tra la fine del Trecento e i Lumi, con anche varie incursioni in alcune realtà europee. I nessi profondi legati allo “spettacolo” della morte di stato sono qui studiati con una attenzione estrema,
che si confronta ad ogni capoverso con la nostra più prossima contemporaneità, con ciò che tutti abbiamo sotto i nostri occhi. E’ un libro che, a mio vedere, fa il punto della situazione.
Il “diritto di stato” all’uccidere, il rito dell’assassinio legale e istituzionale è qui letto attraverso il coinvolgente capitolo dell’attività delle Confraternite della morte che in tutte le città italiane avevano il compito del conforto estremo, alla luce di Cristo, del condannato, del torturato, dell’arrotato, dell’amputato, del fustigato, cercando di salvargli l’anima ad un passo dal supplizio estremo.
Dietro a questo, ai “confortatori”, emerge un mondo. Di riti e interpretazioni, di istituzioni di strutture (tra miserie e nobiltà, affari, conflitti, mercati) e di codificazioni di regole atte allo scopo dell’organizzazione di questa sorta di “accanimento consolatorio”.
La pena di morte è iscritta sotto il segno del sacro fin dall’ epistola di San Paolo ai Romani, e le istituzioni lo sanno. E il “tu non ucciderai”, il “non uccidere”, come sempre, tanto per cambiare, è regola che valeva solo per il singolo individuo, per il comportamento privato. I “poteri pubblici”, come sempre, e anche qui, fanno quello che vogliono.
Ma in queste pagine c’è anche un bella lezione di lavoro storico. C’è una penna levigata e leggera che affonda nelle complessità dell’ordine con un tratto di estrema eleganza, senza arroganze o prosopopea. Un libro di un professore che non fa il professionista o il mestierante e che non ha alcun timore ad esporsi.
La storia scritta è anche una interpretazione. Quella di queste pagine attorno alla vicenda dei confortatori e dell’omicidio istituzionale è di assoluto livello.

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