Hughes-Hallet, Lucy - Gabriele d'Annunzio, l'uomo, il poeta, il sogno...

chinasky

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ciao a tutti,
torno parlandovi di un libro che ho acquistato di recente (uscito mercoledì scorso in Italia). Si tratta dell'ultima biografia di Gabriele d'Annunzio, pubblicata da Rizzoli e scritta dalla scrittrice e storica britannica Lucy Hughes-Hallet.
Il libro è stato iper-pubblicizzato negli ultimi mesi, in quanto l'autrice ha vinto il Samuel Johnson Prize 2013 proprio con questo libro.

Dunque... il mio parere (cercherò di farla breve, perchè non amo essere prolisso) è altalenante. L'opera è sicuramente ben scritta e ben organizzata. Le fonti storiche sono numerose ed è arricchito, alla fine, di una serie di informazioni divise in brevi capitoli.
Detto ciò, questo libro cerca di raccontare e analizzare la vita inimitabile del Vate e dell'uomo d'Annunzio e lo fa bene, sebbene, a mio parere, in alcuni punti sia imprecisa l'analisi che viene fatta e soprattutto si colgono tra le righe, in alcuni passi, i giudizi personali (che per carità ci possono stare) di chi l'ha scritta sul protagonista dell'opera stessa.

Senza dubbio la vita e l'opera di d'Annunzio generano delle opinioni e dei pensieri a livello individuale diversi da ognuno, ma quello che rimane oggettivo è ciò che la storia di questo personaggio può raccontare.
In questo libro viene raccontata la vita del poeta (gli scritti e le opere) e soprattutto le sue azioni e i suoi pensieri. Non credo ci sia nulla di nuovo da dire rispetto a ciò che già si conosce del personaggio, se qualcuno ha letto già delle biografie (io consiglio quelle di Giordano Bruno Guerri come "D'Annunzio" e "La mia vita carnale" editi da Mondadori), la sua vita, le sue opere e le sue azioni le conosciamo.
Io personalmente sono un "dannunziano": sono affascinato dal suo personaggio, dal carisma che emanava, dalle sue imprese e dalle sue opere. E anche, perchè no, dall'aspetto seduttivo che credo affascinerebbe ogni uomo.

Quello su cui vorrei porre l'attenzione rispetto a questo libro (e purtroppo non è l'unico) è come in alcune parti si ha la sensazione, leggendo, che si voglia quasi far ricondurre la personalità di d'Annunzio e le sue azioni (soprattutto in ambito politico) come un insieme di aspetti che hanno anticipato avvenimenti politici come il Fascismo e la guerra.
In verità - e lo dico da appassionato dannunziano, avendo letto molte opere a riguardo - non è propriamente così. Lo spiega bene infatti Guerri in alcune sue biografie, che d'Annunzio è stato sì un soldato, oltre che un poeta. Ha sì glorificato la guerra, in alcuni frangenti. Ha occupato una città (Fiume) assieme a dei volontari, realizzando così la cosiddetta impresa. Ha speso lodi per l'Italia e sollecitato lo spirito nazionalista. Ma non è mai stato né fascista, né tantomeno si può dire che la sua opera ne abbia anticipato l'ascesa.
Semmai, come molti storici concordano, fu il fascismo a "rubare" alcuni elementi della retorica e dell'estetica dannunziana (come i motti e lo spirito avanguardistico e goliardico dei suoi "legionari" nell'impresa di Fiume).

Ma in realtà d'Annunzio fu non solo un esteta (lanciando, appunto, un'idea estetizzante della politica in contrapposizione al pragmatismo burocratico sia dello stato liberale sia del fascismo), un comunicatore, un inventore di gesti e di parole... ma anche un fino politico che nella sua Impresa politico-militare, dapprima nel tentativo di ricondurre la città di Fiume (al tempo sotto l'egida jugoslava) all'Italia, ricreò quel clima festoso, libertario, pagano, orgiastico, letterario - che ritroveremo poi nel '68 con gli ideali della "fantasia al potere" - anche grazie alla partecipazione di artisti, letterati e uomini come F.T. Marinetti (il futurista) e Giovanni Comisso (poeta).

Purtroppo, l'equivoco (e un pò lo si respira anche in questo libro) nasce dagli anni giovanili di d'Annunzio, dove il poeta abbraccia la c.d. teoria del "superuomo" elaborata da Nietzsche, riaggiornandola in salsa "mediterranea", grazie alla quale sviluppa l'identità caratteristica che lo accompagnerà per la vita, di ritenersi un uomo "al di là del bene e del male" e con una missione da compiere e come si è visto fu così col volo su Vienna nel 1918, quando lanciò dei volantini filoitaliani sulla città.
Il problema è che questa visione del mondo non ha nulla in comune con ciò che si verificherà nel XX secolo, anche grazie ai risultati dell'esperienza estetico-politica raccontata appena sopra.

Tornando al libro, è scritto bene, sono poco più di 500 pagine che scorrono velocemente se si è appassionati della storia e del personaggio e lo consiglierei, però, solo a chi conosce già bene il personaggio e ha già letto altre opere scritte da altri storici. Leggendolo per la prima volta c'è il rischio di sviluppare dei pregiudizi verso il poeta, che andrebbero a offuscare l'opera che fu la sua vita e a non rendere merito a un grande personaggio (senz'altro controverso, ma mai "schierato") della storia italiana.
 
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