La Aspesi
In controtendenza sui colleghi Natalia Aspesi su Repubblica - qui sotto
NOn condivido alcune cose che scrive, ma va bene lo stesso.Brava Aspesi.
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I cineamori si sbrigano spesso nella carnalità: c’è la signora che si tira su le gonne e giù le mutande e poi si mette a cavalcioni di un giovanotto; ci sono sconosciuti già senza mutande ai bordi di un lago che si infrattano tra i cespugli e fanno cose in primo piano; si aspetta con una certa barba (tra un anno pare!) il film delle tante sfumature, dove la frusta è l’utensile più domestico del legame di coppia. Sono trappole, magari sublimi, adatte soprattutto a spettatori dalla vita sonnolenta; ma capita anche che un regista come Ferzan Ozpetek scelga di raccontare non la casualità del sesso, non la sua veloce soddisfazione o le sue bizzarrie, ma quello spazio di lucente meraviglia che nasce quando per la prima volta due persone si guardano e si incantano uno dell’altro.
Allacciate le cinture è il titolo del suo nuovo film, perché quel primo sguardo è come una turbolenza in aereo, ti carica d’ansia, ma la devi affrontare allacciando la cintura del tuo coraggio. Kasia Smutniak (Elena) fa la cameriera in un bar, Francesco Arca (Antonio) il meccanico in un’officina. Si sono trovati per caso sotto una pensilina durante un acquazzone e si sono subito detestati, in quei battibecchi insensati che scoppiano tra estranei incattiviti. Si rivedono perché lui è un flirt di Carolina Crescentini (Silvia), amica di Elena. Anche adesso si sfuggono, ma gli occhi si cercano, si scrutano, si accendono: l’essere incompatibili li allontana e li avvicina, spaventati e curiosi. Lei è di una bellezza pacata e reticente, lui ha un corpo possente tutto tatuato, una faccia di rustica virilità, lei ha progetti ambiziosi e un fidanzato facoltoso e pure bello (Francesco Scianna), lui sente di non meritarla, per timidezza è omofobo e razzista: però quando le confessa il suo segreto, la sua fragilità di dislettico, lei lascia cadere ogni difesa, ogni dubbio. Lo segue e tra loro non ci sono più parole, solo attesa. Ma quando si rifugiano nell’ombra della sua officina, ci sono ancora solo sguardi, e un timido sfiorarsi il viso con le dita, in silenzio, e neppure la forza di intrecciarsi in un bacio.
L’emozione del grande amore che non osa la fisicità continua a incantare, nella letteratura inglese dell’Ottocento, nel cinema anni 40: e se per esempio è impossibile dimenticare Notorious di Hitchcock, è per gli sguardi luminosi di passione tra Ingrid Bergman e Cary Grant, che devono fingere di non conoscersi. Gli amori possono essere sbagliati, anche quando sembrano perfetti, perché spesso il tempo li sgretola senza ragione,li affloscia nella stanchezza, li spegne nel rancore. Ma è sbagliato un amore diverso, fuori dalle regole, come quelli che ha raccontato nei suoi film Ferzan Ozpetek? Un amore non tra persone dello stesso sesso (Le fate ignoranti) ma, come in Allacciate le cinture (o Un giorno perfetto) tra un uomo e una donna che non hanno nulla in comune, né il passato né il presente, separati da tutto, educazione, progetti, linguaggio, gusti, ma uniti dal mistero dei corpi.
Hanno allacciato le cinture della vita, si sono sposati, e 13 anni dopo hanno due figli; Elena, con l’amico del cuore Filippo Scicchitano (Fabio), è diventata la proprietaria di un bar alla moda, Antonio ha un bellissima amante, la parrucchiera Luisa Ranieri (Maricla). Gli innamorati di un tempo hanno smesso di guardarsi, si parlano di cose quotidiane voltandosi le spalle, nel grigiore di tanti matrimoni. Quando lei annuncia con noncuranza a tutta la famiglia, la mamma (Carla Signoris), la “zia” (Elena Sofia Ricci), in realtà compagna stravagante della mamma, l’amico Fabio, i bambini, Antonio, di essere ammalata, lui in silenzio la rifiuta, scappa come se lei ne avesse colpa. Questa turbolenza è più grave delle altre, eppure sarà il corpo smagrito, la testa calva, il volto dolente di Elena a riaccendere l’amore di entrambi, a riallacciare i loro corpi stanchi e spaventati.
Il cinema e il pubblico italiano accettano di commuoversi però toccando ferro, o addirittura dandosela a gambe, se tra i protagonisti del film c’è un tumore. Meglio quindi, anche per Ozpetek, premunirsi con un lieto fine carico di risate, semplicemente tornando indietro nel tempo. Attori bravi anche se talvolta farfuglianti: geniale la bruttina allegramente disperata di Paola Minaccioni, e imponente la fisicità di Francesco Arca, cui si addebita la colpa di essere stato tronista, ma molto disciplinato, tanto da ingrassare di venti chili per la seconda parte del film (mentre la Smutniak dimagriva di dieci). Faccia da storia del cinema italiano, tra Maurizio Arena e Gian Maria Volontè.
Allacciate le cinture ; NATALIA ASPESI ; La Repubblica