12° Poeticforum - Le poesie che amiamo

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Vogliamo cominciare a proporre le poesie per il 12° Poeticforum? :MUCCA

Una poesia a testa e poi, finita la fase delle proposte, si commenta :YY

Bando alle ciance ... AZIONE!!! :mrgreen:
 

Monica

Active member
L'accenno di un canto primaverile

Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile
chissà dove,lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato
tra barlumi della vicina Primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide,cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano le sue
squillanti canzoni.

Alexandr Alexandrovich Blok
 

maclaus

New member
Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?

Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.

Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.

Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E' funesto a chi nasce il dì natale.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
“Nella moltitudine” - Wislawa Szymborska

Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati;
e così avrei preso il volo
da un altro nido;
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Nel guardaroba della natura
c’è un mucchio di costumi:
di ragno, gabbiano, topo campagnolo.
Ognuno calza subito a pennello
e docilmente è indossato
finché non si consuma.
Anch’io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d’un formicaio, banco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.
Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.
Un filo d’erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella,
buona per altri.
E se nella gente destassi spavento,
o solo avversione,
o solo pietà?
Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?
La sorte, finora,
mi è stata benigna.
Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta
l’inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso
 

bouvard

Well-known member
Sono una creatura

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo

Giuseppe Ungaretti
 

maclaus

New member
... io ne ho già proposte troppe...
poi va a finire che vi fate l'idea che io sia un vero poeta...:HIPP :YY :YY
 

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
caro fratello amato...


amica mia diletta
e dolce

tra serio e faceto a mezza via,
ma oltrecciò, negar non posso,
con indefinibile speranza
e vaga,
ti chiesi se quel fratel io fossi.

con mortificazione desolante
per ciò che a quello punto
sol più sciocca presunzion sonava
e insensibile,

atto presi poco a poco
che di chi più ora non c'è
se non nello tuo cuor, trattavasi,
straziato

alfin mi ritirai così.
vuoi sol per la vergogna,
vuoi solo pel rispetto
del dolor che elaborar dovevi,
vieppiù

ma forse,
come accademi sovente,
fallando stavo...
malandrino
e a te dappresso stare
ognor dovuto avrei.

come, con mesti occhi osar
al suolo incatenati
il perdon tuo, o madonna
ambir giammai potrò?



da "Rime Dubbie" - Cino da Pistoia (?)
 
Ultima modifica:

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Abbiamo 5 proposte ... partiamo con la prima! TUNZZZ

L'accenno di un canto primaverile

Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile
chissà dove,lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato
tra barlumi della vicina Primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide,cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano le sue
squillanti canzoni.

Alexandr Alexandrovich Blok
 

Monica

Active member
Abbiamo 5 proposte ... partiamo con la prima! TUNZZZ

L'accenno di un canto primaverile

Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile
chissà dove,lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato
tra barlumi della vicina Primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide,cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano le sue
squillanti canzoni.

Alexandr Alexandrovich Blok

C'è , in questa poesia,la dolcezza struggente per i primi avvisi di una tiepida Primavera
che si fa spazio a fatica tra il gelo dell'inverno,c'è il commuoversi dell'animo del poeta
che si apre al cambiamento,c'è quell'incredibile cielo azzurro che scuote le corde più profonde dell'uomo.
E tutta la freschezza di una stagione che porta speranza............
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Il passaggio dall'inverno alla primavera non avviene in maniera netta. Echi dell'inverno pesano e allo stesso tempo se ne ha nostalgia nel momento del cambio di stagione. Così avviene nel passaggio dal dolore alla rinascita; ci si apre alla gioia o alla serenità, ma continuano a vivere in noi tracce di quel dolore da cui, irrazionalmente, quasi temiamo di staccarci, come fosse ormai parte di noi. Azzeccatissima in questo periodo (inteso come stagione), con questo vento e freddino che continuano a farsi sentire e a non permetterci di abbandonare gli abiti invernali, nonostante la primavera incipiente.
 

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
credo che l'uso del passato remoto abbia uno scopo pessimistico.
un cambiamento annunciato, che non si è poi realizzato.
o semmai solo quella volta...

ecco che i risvegli, gli stimoli, le ispirazioni rimangono delle speranze, dei cambiamenti che si percepiscono possibili in base ai segni, ma che oramai sono destinati a rimanere inespressi.

come una vita che più volte è lì per sbocciare, ma alla fine sarà solo ricordo di speranza !
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Ma secondo voi i nostri commenti sono totalmente razionali e concentrati su ciò che il poeta intendeva dire o sono condizionati dal grado di ottimismo/pessimismo che possediamo in un determinato momento? Propendo per la seconda ipotesi, almeno per quanto mi riguarda :) ed è anche giusto così, credo :?
Monica ha parlato soprattutto di speranza, io di un mix tra gioia e dolore, Hot di un cambiamento (in positivo) non realizzato, e in effetti, dopo aver letto il suo commento, solo ora mi colpisce prepotentemente quell'ultimo verso "Il vento portò DA LONTANO le sue squillanti canzoni"...
Scusate se ho fatto questa riflessione andando un po' sul personale, ovviamente nessuno è obbligato a rispondere :)
 

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
Ma secondo voi i nostri commenti sono totalmente razionali e concentrati su ciò che il poeta intendeva dire o sono condizionati dal grado di ottimismo/pessimismo che possediamo in un determinato momento? Propendo per la seconda ipotesi, almeno per quanto mi riguarda :) ed è anche giusto così, credo :?
Monica ha parlato soprattutto di speranza, io di un mix tra gioia e dolore, Hot di un cambiamento (in positivo) non realizzato, e in effetti, dopo aver letto il suo commento, solo ora mi colpisce prepotentemente quell'ultimo verso "Il vento portò DA LONTANO le sue squillanti canzoni"...
Scusate se ho fatto questa riflessione andando un po' sul personale, ovviamente nessuno è obbligato a rispondere :)

le poesie non sono LA verità.
le poesie scandagliano le sensazioni
e agiscono sulle emozioni.
le poesie creano atmosfere introspettive.
una poesia è come il vento.
secondo il tipo orienta gli effetti,
ma le conseguenze che provoca
dipendono sostanzialmente
dalla natura del terreno
su cui passa.
 

Jessamine

Well-known member
Io sicuramente non so interpretare in maniera "neutra" una poesia, ma parto sempre e comunque da me, per questo mi trovo spesso in difficoltà nel poeticforum :HIPP
Questa in particolare ammetto che non mi piaccia molto (non vogliatemene, sono ignorantissima in poesia e le leggo "di pancia", se non mi emozionano so che probabilmente ciò sarà dovuto ad una mia mancanza, ma non posso nemmeno dire che mi piace una cosa che in realtà mi lascia indifferente).
Sarà che trovo un po' "banale" la metafora di inverno e primavera come dolore e gioia, sarà che il passato remoto crea una sorta di distanza che non mi consente di empatizzare né con le burrasche invernali né con gli sprazzi di sole, ma faccio fatica anche a chiedermi cosa il poeta volesse davvero dire :boh:
 

maclaus

New member
questa poesia, è per me, profondamente maliconica e pessimista...
L'incipit è uguale al finale:
Il vento portò da lontano l'accenno.....
Il vento portò da lontano le sue squillanti canzoni...
In quel da lontano si capisce il luogo dove si trova il poeta: nella realtà di un momento lontano dalla felicità, cercata, vaneggiata, forse perduta...
 

bouvard

Well-known member
L'accenno di un canto primaverile

Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile
chissà dove,lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato
tra barlumi della vicina Primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide,cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano le sue
squillanti canzoni.

Alexandr Alexandrovich Blok

Io non l'ho capita molto questa poesia :? all'inizio il Poeta dice che il vento ha portato da lontano l'accenno di un canto primaverile, la parola accenno fa pensare quindi a qualcosa di soffuso, quasi timoroso, come può essere la speranza di una rinascita (il cielo azzurro) che cerca di affermarsi, di crescere lentamente tra le burrasche che hanno avuto tutto l'inverno a disposizione per divenire abituali, ma poi sul finale dice che il vento portava da lontano delle canzoni squillanti :? questo da un idea di forza che la parola accenno all'inizio non aveva ... :?
 

Monica

Active member
Credo che il poeta paragoni la fatica della Primavera
a farsi strada tra le tempeste non ancora placate dell'inverno
al suo animo dolente che ascoltando il vento
annunciare la stagione mite(all'inizio con brezze lievi poi sempre più decise,come accade spesso in primavera) si apre alla speranza ,alla tenerezza.....
credo che sia una poesia positiva,non pessimista,malinconica ma piena di speranza
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
La prossima poesia non ha bisogno di presentazioni :)

Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

di Giacomo Leopardi

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?

Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E' la vita mortale.

Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.

Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perchè delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.

O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perchè d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perchè giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?

Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E' funesto a chi nasce il dì natale.
 

maclaus

New member
La grandezza della poesia Leopardiana è ormai ampiamente celebrata. "Il canto notturno di un pastore errante dell'Asia" è la poesia che a distanza di anni dai miei studi liceali ancora mantiene su di me un grande fascino. E' la poesia del dubbio e delle domande esistenziali, è la poesia della piccolezza dell'uomo di fronte alla natura e al suo destino.
E' stato detto spesso che Giacomo Leopardi è il poeta dei giovani, penso che questo risponda a verità. C'è qualcuno che non si è mai chiesto, in special modo nella "linea d'ombra" della propria vita, "chi sono? cosa ci faccio qui?", magari osservando le stelle e riflettendo sul senso delle cose?
E' stato detto molto di Giacomo Leopardi, il suo pessimismo è stato spesso messo in relazione con la propria personale, infelice, condizione esistenziale. Credo che sia questa una lettura davvero riduttiva e sciocca: il canto del pastore è il canto del poeta ma i suoi punti interogativi sono le riflessioni dell'uomo di fronte all'esistenza. Quelle domande retoriche e quella "solitudine immensa" riguardano tutti. Nessuno escluso. :)
 
Alto