Steinbeck, John - I pascoli del cielo

bouvard

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Una ricca e fertile valle californiana - “I pascoli del cielo” - è la protagonista incontrastata di questo romanzo di Steinbeck, ambientato agli inizi del novecento. L’amore per questa terra florida e rigogliosa, l’attrazione per il suo paesaggio incantevole e sereno, quasi fuori dal tempo, la vita pacifica e bucolica che vi si conduce basata sul proprio duro lavoro, sono il filo rosso che unisce le diverse storie del libro.
Il libro, infatti, non dipana lungo le sue pagine un’unica storia, quanto piuttosto undici micro-storie. Perché Steinbeck non vuole narrarci semplicemente le vicende di alcune delle famiglie che vivono nella valle, quanto piuttosto descriverci una varia umanità, fatta di caratteri diversi, diversi modi di affrontare la vita e soprattutto di “adattarsi” al dolore che questa comporta.
Inizio spoiler. Così conosciamo Bert Munroe un uomo che è sempre stato perseguitato dalla sfortuna, fino a quando non compra, senza saperlo, l’unica casa “maledetta” della valle, ma a quanto pare due sfortune quando si incontrano si annullano a vicenda, perché la sua è l’unica storia positiva di tutto il libro. E cosa dire di Edward Wicks un uomo che compra titoli a basso prezzo per rivenderli poi con lauti guadagni, capendo sempre in anticipo quando il loro prezzo sta per crollare? Decisamente un genio degli affari, peccato però che i suoi acquisti e le sue vendite siano solo delle cifre riportate su un quaderno e che le sue ricchezze siano tutte fittizie. Come dimenticarsi poi di Tularecito (Ranocchietto) un bambino che trova, grazie alla fantasia, una spiegazione alla sua diversità; o Robbie che vive in una fattoria in completo stato di abbandono, pensando di essere ricco perché suo padre gli legge libri e inventa nuovi giochi per lui, e scopre, invece, di essere povero perché qualcuno gli vuole regalare dei vestiti, e poi le storie delle sorelle Maria e Rosa Lopez o di Pat Humbert … Fine Spoiler.
La bravura di Steinbeck sta nel creare dei personaggi indimenticabili, uomini e donne non esenti da difetti o colpe, di cui si limita a raccontarci le vicende, senza dare giudizi morali, e lasciando al lettore la possibilità di formarsi un proprio giudizio e decidere da quale storia lasciarsi affascinare maggiormente.
Se proprio fossi costretta a muovere un rimprovero a Steinbeck gli rimprovererei il fatto di aver raccontato le storie solo di undici famiglie, visto che nella valle ce n’erano venti, con la sua scrittura scorrevole e affascinante avrebbe potuto permettersi di raccontare anche le altre nove storie senza paura di annoiare il lettore.
 
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malafi

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Questa valle 'incantata' è solo uno sfondo per le storie che ci racconta Steinbeck. Non ce la descrive tanto, perchè in realtà gli interessa descriverci i personaggi e le loro famiglie. Con grande abilità, devo dire, seppur con una prosa misurata e rilassante, per quanto precisa.

Leggendolo a volte ho avuto l'impressione quasi di essere a Macondo: lo so, non c'entra nulla, ma a me più volte ha fatto quell'impressione. Storie strane e bizzarre, in un posto un po' fuori dalla realtà dove realtà e credenze popolari si mischiano senza che quasi te ne accorgi.

Un po' anche di Forrest Gump, con personaggi improbabili che assurgono ad un certo punto ad idolo delle folle.

E un po' Antologia di Spoon River, negli affreschi che fa delle varie famiglie.

Un bel libro, con qualche alto e basso, ma da gustare con calma, non da divorare.
 

c0c0timb0

Pensatore silenzioso 😂
Ottimo romanzo. Steinbeck raramente sbaglia, se mai l'ha fatto...
Intervengo solo per suggerire, oltre ai soliti capolavori come "La valle dell'Eden" e "Furore", anche "Al Dio sconosciuto" uno dei miei preferiti e "La battaglia", che pochi nominano e, forse non conoscendolo, non lo considerano come una delle sue opere più belle. È una specie di fratellino minore di "Furore"; beh, almeno il tema ha delle similitudini, secondo me.
 

qweedy

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I pascoli del cielo è un affresco di umanità varia, approdata in questa bellissima vallata ai primi del Novecento.
Steinbeck è bravissimo a tratteggiare i vari caratteri, la psicologia delle persone, i vari pezzi di vita. Ogni capitolo una persona e una famiglia, e le loro vite spesso si intersecano.
Mi è piaciuto molto, anche se ritengo che i suoi capolavori siano Uomini e topi e Furore. Ma scrive talmente bene, che si può leggere con piacere di qualsiasi argomento parli.

P.S. In uno dei racconti parla di uno che veniva invitato ad assistere alle esecuzioni da un suo amico carceriere. Ho percepito l'orrore di Steinbeck per chi va ad assistere per curiosità.
Ora comprendo meglio la reazione del figlio di Steinbeck, quando il Texas ha usato Lenny come il prototipo del ritardato mentale.
 

Spilla

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Ho letto questa raccolta moltissimi anni fa, per cui non ricordo molto se non che mi aveva incantato.
Alcune immagini comunque mi si sono impresse indelebilmente nella memoria, la penna di Steinbeck è unica.
 

ayuthaya

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"Madre di Dio!" mormorò. "Questi sono i verdi pascoli del Cielo ai quali il Signore ci conduce!"

Composta nel 1932, quest'opera potrebbe essere definita una via di mezzo fra un romanzo e una raccolta di racconti. Ogni capitolo infatti, a parte l'introduzione e l'epilogo, è dedicato a un personaggio o a una famiglia che si stabiliscono nella mitica valle denominata "Las Pasturas del Cielo", i Pascoli del Cielo. Credo che il senso e il valore di questo bellissimo libro sia tutto racchiuso nella "promessa" insita in questo nome e nelle aspettative che inevitabilmente suscita nell'animo di chi la abita: un luogo paradisiaco, dalla natura rigogliosa e dalla terra fertile. Questa valle sembra rappresentare una sorta di Giardino dell'Eden, ma non è così, o, per meglio dire, lo è in quanto luogo di "nascita" del peccato originale.
C'è un filo conduttore, infatti, fra le storie narrate ed è un sentimento di innocenza, che a un certo punto deve fare i conti con la consapevolezza del male. Esattamente ciò che accade ad Adamo ed Eva quando, dopo aver mangiato il frutto dell'albero della conoscenza, si rendono conto di essere nudi, vale a dire peccatori.
Ci sono in particolare due episodi che più degli altri mi hanno fatto pensare a un parallelismo con la vicenda biblica: il giovane Robbie, tirato su dal padre come un piccolo selvaggio, pigro, povero e sporco, ciononostante vive felice ed è capace di farsi benvolere dai suoi compagni di scuola, al punto da diventare una sorta di leader. Ebbene, quando il Consiglio scolastico decide, per puro atto di carità, di offrire al ragazzo dei vestiti nuovi, l'incanto si rompe: Robbie e suo padre si rendono conto per la prima volta conto di essere "nudi", ovvero di essere poveri, e che il loro modo di vivere non è "consono", perciò decidono con rammarico di abbandonare la valle per cambiare vita.
Qualcosa di simile avviene in Raymond Banks, che, invitato da un amico di infanzia che è diventato capo carceriere, assiste regolarmente a delle esecuzioni pubbliche. Lo fa perché ha "bisogno di provare emozioni profonde che, con la sua scarsa immaginazione, non poteva procurarsi da sè", e non certo per un morboso gusto del macabro o della sofferenza altrui, eppure, interrogato a proposito, la sua innocenza va in crisi: è diventato cosciente dell'esistenza del male.
Alla luce di queste considerazioni (illuminanti sono state le poche righe che fanno da quarta si copertina all'edizione Bompiani e che parlano appunto dell' "insinuarsi del male in un luogo che all'occhio umano appare come l'ingannevole replica del Giardino dell'Eden"), tutto il libro ha acquistato ai miei occhi un valore molto più profondo. D'altra parte non dobbiamo immaginarci personaggi malvagi o peccati mortali: come dicevo prima, è la semplice e grave consapevolezza del bene e del male a riportare questo luogo da un'ipotetica dimensione "divina" a una piena umanità.
Eppure trovo bellissimo anche l'epilogo, che chiude il cerchio iniziato con la leggendaria scoperta della valle e ripresenta illusoriamente, agli occhi di un gruppo di turisti in gita, i Pascoli del cielo come un luogo fatato, immune dal male.

Estremamente consigliato.
 
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