Il terzo film della trilogia della vita, dopo Il Decameron e I racconti di Canterbury, si ispira alla raccolta orientale di storie dove il filo conduttore è la schiava Zumurrud, amata, persa e poi ritrovata da parte di Nur ed-Din. All'interno di questa vicenda si alternano le diverse storie quasi tutte basate sull'amore e sulla libera espressione della propria sessualità. E' un tripudio di corpi nudi sia maschili che femminili che comunicano gioia e vitalità in questo continuo prendersi, perdersi e ritrovarsi e anche quando le vicende sono tristi o violente c'è sempre una simbologia che rimanda alla gioia vitale o all'amore completo.
E' un film altamente poetico che esprime il mondo dell'autore per la sua forte valenza visiva e la scelta di far parlare gli attori-non attori con forte cadenza dialettale. L'ambientazione è lussureggiante e i costumi di Danilo Donati, di cui si può visitare la bella mostra a Villa Manin di Passariano in provincia di Udine, non fanno che rendere ancor più sognante i contenuti del film.
E' un film altamente poetico che esprime il mondo dell'autore per la sua forte valenza visiva e la scelta di far parlare gli attori-non attori con forte cadenza dialettale. L'ambientazione è lussureggiante e i costumi di Danilo Donati, di cui si può visitare la bella mostra a Villa Manin di Passariano in provincia di Udine, non fanno che rendere ancor più sognante i contenuti del film.