Ember
New member
Ho finito giorni fa di leggere Vicolo Cannery, romanzo dello scrittore statunitense John Steinbeck pubblicato nel 1945. L'ho trovato molto gradevole.
Si ambienta a Monterey negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, in particolare in Vicolo Cannery.
Questo vicolo, che è un po' il protagonista del romanzo, è abitato da tipologie molto variegate di personaggi con la caratteristica comune di vivere alla giornata, persone semplici ma libere dalle convenzioni e capaci di grandi slanci di generosità. Questo romanzo è un gioiellino, è un mosaico di storie intrecciate tra loro con agrodolce umorismo.
Incollo per voi l'incipit del libro.
Il Vicolo Cannery a Monterey in California è un poema, un fetore, un rumore irritante, una qualità della luce, un tono, un'abitudine, una nostalgia, un sogno. Raccolti e sparpagliati nel Vicolo Cannery stanno scatole di latta e ferro e legno scheggiato, marciapiedi in disordine e terreni invasi da erbacce e mucchi di rifiuti, stabilimenti dove inscatolano le sardine coperte di ferro ondulato, bagni pubblici, ristoranti e bordelli, e piccole drogherie zeppe, e laboratori e asili notturni. I suoi abitanti sono, come disse uno una volta, «Bagasse, ruffiani, giocatori, e figli di mala femmina», e intendeva dire: tutti quanti. Se costui avesse guardato attraverso un altro spiraglio avrebbe potuto dire: «Santi e angeli e martiri e uomini di Dio», e il significato sarebbe stato lo stesso.
Si ambienta a Monterey negli anni che precedono la seconda guerra mondiale, in particolare in Vicolo Cannery.
Questo vicolo, che è un po' il protagonista del romanzo, è abitato da tipologie molto variegate di personaggi con la caratteristica comune di vivere alla giornata, persone semplici ma libere dalle convenzioni e capaci di grandi slanci di generosità. Questo romanzo è un gioiellino, è un mosaico di storie intrecciate tra loro con agrodolce umorismo.
Incollo per voi l'incipit del libro.
Il Vicolo Cannery a Monterey in California è un poema, un fetore, un rumore irritante, una qualità della luce, un tono, un'abitudine, una nostalgia, un sogno. Raccolti e sparpagliati nel Vicolo Cannery stanno scatole di latta e ferro e legno scheggiato, marciapiedi in disordine e terreni invasi da erbacce e mucchi di rifiuti, stabilimenti dove inscatolano le sardine coperte di ferro ondulato, bagni pubblici, ristoranti e bordelli, e piccole drogherie zeppe, e laboratori e asili notturni. I suoi abitanti sono, come disse uno una volta, «Bagasse, ruffiani, giocatori, e figli di mala femmina», e intendeva dire: tutti quanti. Se costui avesse guardato attraverso un altro spiraglio avrebbe potuto dire: «Santi e angeli e martiri e uomini di Dio», e il significato sarebbe stato lo stesso.