elena
aunt member
Trama.
Marcel Faron è un mediocre artigiano che vive a Fumay, un paesino francese al confine con il Belgio, con sua moglie e una figlia. Nel maggio del 1940, la sua metodica e banale quotidianità viene interrotta dall'ordine di evacuazione generale promulgato a seguito dell'avanzata delle truppe tedesche: da quel momento Marcel avverte che non è più lui a dirigere la sua vita, fatte di piccole e meticolose abitudini, ma sono gli eventi che lo trascinano verso un destino ignoto, in balìa di forze superiori. Si ritrova così con altri profughi, ma separato dalla famiglia, in un carro bestiami di un treno che procede, senza alcuna precisa destinazione, verso il Sud. Nessun rimpianto o angoscia turbano la mente del protagonista: si lascia trasportare dagli eventi quasi con sollievo, con una sorta di recondita speranza di un insperato e, nello stesso tempo, atteso cambiamento. Ed è proprio su questo treno di profughi che Marcel incontra Anna con la quale vive una "storia"� così intensa e così definita da lasciare quasi in ombra "la storia"� della tragedia europea del momento. Anna (della quale non saprà altro che è ceca, di madre ebrea e che è stata in prigione) sarà la metà inseparabile di Marcel: condivideranno ogni singolo momento di quel lungo viaggio sulla base di una bruciante e inimmaginabile passione volta alla ricerca disperata della felicità che consentirà a queste due anime solitarie di isolarsi dal resto del mondo. E' una felicità consapevolmente transitoria, una parentesi dell'esistenza destinata a chiudersi con la fine del viaggio. Ma Marcel fa rivivere il ricordo di questo evento nel suo diario, gelosamente segregato nel suo cassetto della sua nuova casa di Fumay, dove è tornato con la famiglia dopo lo sfollamento, come testimonianza, per suo figlio ma anche per se stesso, della sua capacità di essere, al di là dell'apparenza di uomo scialbo e senza qualità, un uomo in grado di provare una vera passione.
Da quando, qualche anno fa, ho "scoperto"� che Simenon non è solo il creatore del commissario Maigret, è mia abitudine acquistare ogni libro che trovo di questo autore: mi piace molto il suo modo di scrivere, di raccontare il mondo delle piccole cose. Il treno rientra tra la categoria di racconti lunghi o romanzi brevi piuttosto gradevoli, anche se, a mio giudizio, altri libri di questo autore (definito come pittore dell'umanità ordinaria) sono decisamente più coinvolgenti.
Marcel Faron è un mediocre artigiano che vive a Fumay, un paesino francese al confine con il Belgio, con sua moglie e una figlia. Nel maggio del 1940, la sua metodica e banale quotidianità viene interrotta dall'ordine di evacuazione generale promulgato a seguito dell'avanzata delle truppe tedesche: da quel momento Marcel avverte che non è più lui a dirigere la sua vita, fatte di piccole e meticolose abitudini, ma sono gli eventi che lo trascinano verso un destino ignoto, in balìa di forze superiori. Si ritrova così con altri profughi, ma separato dalla famiglia, in un carro bestiami di un treno che procede, senza alcuna precisa destinazione, verso il Sud. Nessun rimpianto o angoscia turbano la mente del protagonista: si lascia trasportare dagli eventi quasi con sollievo, con una sorta di recondita speranza di un insperato e, nello stesso tempo, atteso cambiamento. Ed è proprio su questo treno di profughi che Marcel incontra Anna con la quale vive una "storia"� così intensa e così definita da lasciare quasi in ombra "la storia"� della tragedia europea del momento. Anna (della quale non saprà altro che è ceca, di madre ebrea e che è stata in prigione) sarà la metà inseparabile di Marcel: condivideranno ogni singolo momento di quel lungo viaggio sulla base di una bruciante e inimmaginabile passione volta alla ricerca disperata della felicità che consentirà a queste due anime solitarie di isolarsi dal resto del mondo. E' una felicità consapevolmente transitoria, una parentesi dell'esistenza destinata a chiudersi con la fine del viaggio. Ma Marcel fa rivivere il ricordo di questo evento nel suo diario, gelosamente segregato nel suo cassetto della sua nuova casa di Fumay, dove è tornato con la famiglia dopo lo sfollamento, come testimonianza, per suo figlio ma anche per se stesso, della sua capacità di essere, al di là dell'apparenza di uomo scialbo e senza qualità, un uomo in grado di provare una vera passione.
Da quando, qualche anno fa, ho "scoperto"� che Simenon non è solo il creatore del commissario Maigret, è mia abitudine acquistare ogni libro che trovo di questo autore: mi piace molto il suo modo di scrivere, di raccontare il mondo delle piccole cose. Il treno rientra tra la categoria di racconti lunghi o romanzi brevi piuttosto gradevoli, anche se, a mio giudizio, altri libri di questo autore (definito come pittore dell'umanità ordinaria) sono decisamente più coinvolgenti.
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