Pivano, Fernanda - la scoperta dell'America -

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Fernanda Pivano ci ha regalato la letteratura americana del XX secolo. Andando sempre alla fonte, viaggiando e conoscendo di persona gli autori che ammirava.

Nata poverissima, ha avuto come maestro niente meno che Cesare Pavese, il quale le consegnerà la chiave per aprire ciò che già era racchiuso nel suo cuore; i libri, la cultura, il nuovo, i sogni.

Per avere un buon maestro bisogna essere buoni allievi.


E' stata lei a tradurre e portare in Italia tutti i grandi americani quando grandi da noi ancora non lo erano. A lei dobbiamo Fizgerald, Hemingway, Faulkner (tanto per dire...). Aveva visto lungo, lunghissimo la dolce Nanda, morta a più di 90 anni con i libri nel cuore.

 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Un po' di Nanda

Durante le sue tumultuose odissee letterarie si imbatte in un poeta sconosciuto: Edgar Lee Masters. Brevi stralci di vita privata che alla fine finiscono per raccontare l’animo umano in tutta la sua essenza -che è poi ciò che avrebbe voluto fare Balzac con la sua “Commedia Umana”-.

Sotto il fascismo, traduce il libro e lo fa pubblicare anche in Italia, grazie al sostanziale contributo di Cesare Pavese. Parliamo della famosa “Antologia di Spoon River” che, negli anni ’40, verrà presentata al grande pubblico italiano con dicitura furbescamente abbreviata:“Antologia di S. River”.

River si mutò, con un semplicissimo espediente linguistico, da cittadina americana a santo sconosciuto, perché, se tutto ciò che odorava di religione era ben accetto, non lo era altrettanto ciò che aveva connotazioni americane.


Conoscerà Hemingway a Cortina d’Ampezzo, rimanendo folgorata dall’incredibile vitalità di un futuro suicida.

Poi, finita la guerra, girovagherà in lungo e in largo per gli Stati Uniti alla ricerca di quegli scrittori che stavano rivoluzionando il mondo della penna. Una rivoluzione ancora sconosciuta in Europa e che la Pivano si farà carico di trasportare nel vecchio continente.

A lei dobbiamo la conoscenza tradotta della beat generation tutta intera, a lei dobbiamo Francis Scott Fitzgerald, William Faulkner, a lei dobbiamo uno che di nome faceva Hemingway.

La vidi a Parma pochi anni fa in una delle sue ultime apparizioni.

Il ricordo che serbo di quella serata è quello di una vecchia in fin di vita che si addormentava a tratti, non riuscendo a ricordare nemmeno le domande che le erano state fatte pochi attimi prima.


Me ne andai con una gran vuoto, pensando che la morte non rispetta nemmeno chi ha vissuto degnamente. Ho letto l’ultimo articolo che scrisse un mese prima di morire, in cui diceva che non poteva sopportare il proprio corpo, non poteva sopportare l’idea che le proprie vene non reggessero più nemmeno una semplice iniezione. La tristezza di quella sera tornò vigorosamente.

Con il tempo ho capito che, invece, dovevo essere contento per lei, perchè se è vero che tutti dobbiamo morire, lo è altrettanto che non a tutti è dato vivere così pienamente.
 
Alto