Moravia, Alberto - L'attenzione

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Pensatore silenzioso 😂
L'attenzione di Alberto Moravia


INCIPIT

Martedì 13 ottobre
I miei ritorni a Roma avvengono sempre nello stesso modo: non avverto nessuno del mio arrivo; mi introduco in casa di soppiatto, come un ladro; e subito, senza curarmi se Cora e sua figlia sono nell'appartamento, comincio a fare le stesse cose di quando, durante i miei viaggi, arrivo nell'albergo di una città straniera: apro le valigie, mi spoglio, prendo una doccia, mi rivesto, faccio qualche telefonata. Sola differenza è che a Roma so di essere a casa mia. Cioè sono continuamente consapevole, sia pure in maniera oscura e indolore, di quel particolare stato d'animo che ho chiamato disattenzione, il quale, appunto, mi permette di vivere in famiglia come in un albergo.


TRAMA E CONSIDERAZIONI PERSONALI

Vorrei riassumere alcune note dal risvolto della sovracoperta e dal prologo del romanzo che dicono che “L'attenzione” è la storia di un romanziere e del romanzo che sta scrivendo. La forma narrativa è come quella di un diario. Un diario sul quale Francesco Merighi, un giornalista, tiene nota e analizza, attraverso il suo rapporto con sua moglie Cora e la sua figliastra Baba, la sua personale ricerca dell'autenticità. Pensava di averla trovata quando, visitando una borgata romana conosce appunto Cora. Una donna che lui definiva “autentica” in quanto, avendo lui sempre vissuto una vita agiata in una società borghese, era stato colpito dalla falsità che vi regnava. La donna, Cora Mancini, di professione sarta, era invece una donna del popolo. Aveva sempre dovuto lavorare per mantenere se stessa e la figlia che aveva avuto da un soldato tedesco durante la guerra. Se ne innamora. La aiuta economicamente a metter su un laboratorio di sartoria e va a viverci insieme, sebbene lei vuole subito dettare delle condizioni: vuole continuare ad avere la sua libertà e una vita autonoma. Si sposano con queste condizioni e si trasferiscono in un appartamento che Francesco ha ereditato da suo padre.

Quando Francesco scopre che Cora, oltre che alla sartoria gestisce anche una casa di tolleranza, si accorge allo stesso tempo che a causa del suo benestare economico che prima non aveva, la donna non gli sembra più “autentica”. Si accorge che anche per Cora i rapporti umani si basano sul profitto economico invece che sui valori ideali. Se ne disamora e incomincia a viaggiare per lavoro sempre più spesso e fa in modo di rimanere all'estero sempre più a lungo, finchè, per motivi differenti, nei periodi in cui fa ritorno a Roma intraprende un rapporto quasi incestuoso con la figliastra. Gli incontri tra Francesco e Baba sono, insensatamente, per amore, favoriti da Cora. Da qui alla fine del libro tutti gli ingranaggi della narrazione della storia, l'approfondimento di tutto e il disincastro finale che per ovvi motivi non sto a spoilerare.

Posso dire che il romanzo prosegue con l'analisi dei sensi di colpa, dei conflitti interiori e dell'inquietante tabù dell'incesto che a mio parere Moravia descrive in modo prolisso e poco interessante, facendo del personaggio di Francesco un marito poco credibile, inverosimile. Ho letto che questo sembra essere il romanzo di Moravia più privato. Non ho colto l'abilità narrativa che tanto viene decantata ne “L'attenzione”. Mi sono anzi stufato delle insistenti domande del protagonista, sempre le stesse, ripetitive, a volte stupide, spesso inutili, atte a conoscere i fatti dai punti di vista della moglie e della figliastra al fine di perfezionare quel diario che avrebbe dovuto servirgli per scrivere il romanzo, ma che poi, alla fine, quando lo rilegge si accorge che la realtà che avrebbe voluto riprodurre non era quella che voleva. Addirittura in qualche occasione fornisce al presunto lettore, perché è al lettore che Francesco/Alberto Moravia si rivolge, due punti di vista: uno reale, veramente accaduto - a detta di lui - (nel racconto romanzato) e uno fittizio che gli dovrebbe servire come alternativa. Come alla fine, quando Moravia fornisce due conclusioni in modo che “con la prima faccia della conclusione io avrò un romanzo drammatico, con la seconda, il dramma di un romanzo”.
Non credo di poter dire che il romanzo non mi sia piaciuto, però... Quindi scrivo che... non mi è dispiaciuto, ecco. A me piace il Moravia de "Gli indifferenti". Ma quello non si è più ripetuto. Non avrebbe potuto, avendolo scritto a metà anni '20.

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Copertina della I edizione italiana del 1965 (Bompiani). L'illustrazione è un dipinto di Joe Tilson.
 
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