Augugliaro, Del Grande, Al Nassiry - Io sto con la sposa

catoate

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Il film documentario Io sto con la sposa nasce dall'incontro casuale di tre uomini nella stazione centrale di Milano. Uno cerca un treno per la Svezia e gli altri due gli offrono un caffè...Lui si racconterà. Gli altri due decideranno di aiutare il sogno...
Così un gruppo si costituisce : siriani e palestinesi che fuggono, italiani che accolgono, europei che aprono le porte...Da Milano a Stoccolma. In macchina. Un road movie per spaccare le frontiere e una legge che costringe con violenza.
Questo documentario nasce grazie all'aiuto economico di 2500 donatori (associazioni ma anche semplici cittadini) e sicuramente ha i titoli di coda più lunghi della storia del cinema italiano e non solo (forse).
sotto la sinossi che potete trovare sul sito

Un poeta palestinese siriano e un giornalista italiano incontrano a Milano cinque palestinesi e siriani sbarcati a Lampedusa in fuga dalla guerra, e decidono di aiutarli a proseguire il loro viaggio clandestino verso la Svezia. Per evitare di essere arrestati come contrabbandieri però, decidono di mettere in scena un finto matrimonio coinvolgendo un'amica palestinese che si travestirà da sposa, e una decina di amici italiani e siriani che si travestiranno da invitati. Così mascherati, attraverseranno mezza Europa, in un viaggio di quattro giorni e tremila chilometri. Un viaggio carico di emozioni che oltre a raccontare le storie e i sogni dei cinque palestinesi e siriani in fuga e dei loro speciali contrabbandieri, mostra un'Europa sconosciuta. Un'Europa transnazionale, solidale e goliardica che riesce a farsi beffa delle leggi e dei controlli della Fortezza con una mascherata che ha dell'incredibile, ma che altro non è che il racconto in presa diretta di una storia realmente accaduta sulla strada da Milano a Stoccolma tra il 14 e il 18 novembre 2013.

Cosa dire del film visto ieri sera ?
descrivo le emozioni sentite :
pugno
energia
pianto
vita
riso
voglia di radici e di domani

Andate a vedere questo film. Parlatene. Diffondete. Perché se arriva nelle sale di cinema adesso, non è solo perché ha ricevuto una bella accoglienza al festival di Venezia, è perché cittadini normali, comuni, semplici fanno in modo che arrivi.
Non ha fondi pubblicitari tranne noi.
 
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giovaneholden

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Credo anche io che sia un film bello. Tra parentesi è stato inaspettatamente il più visto a Milano nello scorso weekend,secondo il Corriere della Sera...
 

catoate

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Credo anche io che sia un film bello. Tra parentesi è stato inaspettatamente il più visto a Milano nello scorso weekend,secondo il Corriere della Sera...

si !!! leggevo così infatti sul blog di Io sto con la sposa ! Mi fa felice ! Perché è tutto un passaparola, infatti lunedì sera alla proiezione c'era Gabriele del grande (uno dei registi e che porta bene il suo cognome !:) che ci diceva di questa affluenza anche inaspettata a Milano. A Reggio Emilia lunedì sera metà degli spettatori entrati sono dovuti uscire per norma di sicurezza ! c'era troppa gente... Del Grande ci diceva che dall'uscita del film fino ad ora hanno speso per la promozione...206 euro....:)

E' un film importante oltre che bello. Riesce a colpire un largo pubblico su un tema che non è facile diffondere per tanti motivi : la libertà di spostamenti...
 

velmez

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Augugliaro, Antonio - Io sto con la sposa

Un poeta siriano e un giornalista italiano aiutano cinque profughi siriani e palestinesi, arrivati a Milano dopo essere sbarcati a Lampedusa, a raggiungere la Svezia senza essere arrestati dalle autorità. Coinvolgendo allora anche una giovane ragazza siriana con passaporto tedesco il gruppo inscena un corteo nuziale, visto che "nessuno oserebbe mai fermare un corteo nuziale". E così, durante il viaggio di quattro giorni tra Milano e Stoccolma, passando per la Francia, il Lussemburgo, la Germania e la Danimarca, i protagonisti raccontano le loro storie e i loro sogni sperando soprattutto in un futuro senza né più guerre né più frontiere.


Visto ieri sera a Milano, purtroppo non abbiamo avuto tempo di fermarci per il dibattito, anche perché di domande ne avevamo molte: innanzitutto domande di carattere registico: ci è sembrato girato un po' troppo bene per essere un documentario, i dialoghi sembrano abbastanza costruiti, girare il tutto con solo 3 telecamere (che tra l'altro solo raramente si intravedono...), con attori non professionisti (che va bene stavano "recitando" la propria vita ma erano un po' troppo naturali...) in così poco tempo... mah...
e poi domande di carattere pratico: ormai sono anni che le frontiere non ci sono più tra gli Stati europei... insomma, per esperienza (e di viaggi ne ho fatti) non ho mai visto nessuno ai controlli tra le frontiere, tra un po' non ce ne sono nemmeno per andare in Svizzera! Perché hanno attraversato a piedi il confine Italia/Francia? e se si facevano tutti questi problemi con queste frontiere, perché ne hanno aggiunte due andando anche in Lussemburgo? non era meglio girarci attorno? Ma quale corteo nuziale attraverso mezza Europa? ...dopo 4 giorni si notava che lei non aveva il vestito fresco fresco di bucato...
Insomma mi è sembrata una montatura fatta e finita, sicuramente la causa è nobilissima e già solo il fatto che lo stanno vedendo in molti, porta la questione all'attenzione pubblica, ma la produzione e "sceneggiatura" non mi convincono.
E poi, il poeta organizzatore del viaggio che riceve la cittadinanza il giorno in cui parte per il viaggio (anche questa una coincidenza troppo esagerata) perché ottiene la cittadinanza dopo 5 anni???? Da quel che so io ce ne vogliono 10 (che poi sono sempre minimo 15...)
qualcuno ha qualche risposta? Perché io sono uscita dalla sala solo con un grande punto di domanda scritto in faccia!
 
G

giovaneholden

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Io il film non l'ho ancora visto,ma ho sentito parlare uno dei due registi e un'attrice a Bookcrossing a Milano e mi parevano abbastanza convincenti e appassionati nel parlare della pellicola e del suo svolgersi in presa diretta... ma posso capire i dubbi di Velmez,cui spero di rispondere quanto prima dopo la visione del film.
 

catoate

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Un poeta siriano e un giornalista italiano aiutano cinque profughi siriani e palestinesi, arrivati a Milano dopo essere sbarcati a Lampedusa, a raggiungere la Svezia senza essere arrestati dalle autorità. Coinvolgendo allora anche una giovane ragazza siriana con passaporto tedesco il gruppo inscena un corteo nuziale, visto che "nessuno oserebbe mai fermare un corteo nuziale". E così, durante il viaggio di quattro giorni tra Milano e Stoccolma, passando per la Francia, il Lussemburgo, la Germania e la Danimarca, i protagonisti raccontano le loro storie e i loro sogni sperando soprattutto in un futuro senza né più guerre né più frontiere.


Visto ieri sera a Milano, purtroppo non abbiamo avuto tempo di fermarci per il dibattito, anche perché di domande ne avevamo molte: innanzitutto domande di carattere registico: ci è sembrato girato un po' troppo bene per essere un documentario, i dialoghi sembrano abbastanza costruiti, girare il tutto con solo 3 telecamere (che tra l'altro solo raramente si intravedono...), con attori non professionisti (che va bene stavano "recitando" la propria vita ma erano un po' troppo naturali...) in così poco tempo... mah...
e poi domande di carattere pratico: ormai sono anni che le frontiere non ci sono più tra gli Stati europei... insomma, per esperienza (e di viaggi ne ho fatti) non ho mai visto nessuno ai controlli tra le frontiere, tra un po' non ce ne sono nemmeno per andare in Svizzera! Perché hanno attraversato a piedi il confine Italia/Francia? e se si facevano tutti questi problemi con queste frontiere, perché ne hanno aggiunte due andando anche in Lussemburgo? non era meglio girarci attorno? Ma quale corteo nuziale attraverso mezza Europa? ...dopo 4 giorni si notava che lei non aveva il vestito fresco fresco di bucato...
Insomma mi è sembrata una montatura fatta e finita, sicuramente la causa è nobilissima e già solo il fatto che lo stanno vedendo in molti, porta la questione all'attenzione pubblica, ma la produzione e "sceneggiatura" non mi convincono.
E poi, il poeta organizzatore del viaggio che riceve la cittadinanza il giorno in cui parte per il viaggio (anche questa una coincidenza troppo esagerata) perché ottiene la cittadinanza dopo 5 anni???? Da quel che so io ce ne vogliono 10 (che poi sono sempre minimo 15...)
qualcuno ha qualche risposta? Perché io sono uscita dalla sala solo con un grande punto di domanda scritto in faccia!

Ho visto il film a metà ottobre, in presenza di uno dei 4 registi, Gabriele del Grande

provo a rispondere :

- il signore palestinese, poeta e uno dei registi del film, ottiene la cittadinanza dopo cinque anni (e non 10) perché usufruisce dello statuto di rifugiato politico (per asilo politico).

- La scelta delle tappe è stata riflettuta a lungo. Neanch'io sono stata fermata ai confini europei ma sono cittadina comunitaria e godo della libera circolazione garantita dagli accordi Schengen. Non è cos' per chi è extracomunitario...Scelgono il corteo nunziale finto, per questo motivo, per evitare di essere sotto brutti proiettori. La presenza degli italiani all'interno di questa felice messa in scena, non è casuale. In questo modo evitano ancora una volta di essere "presi". Tengo a ricordare che i 4 registi, tuttora, possono rischiare anni di carcere per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Quindi sotto i tratti di un viaggio felice, ognuno corre un rischio per una causa umana.
Da li quindi le scelte delle tappe e dei vari passaggi. Superare le frontiere franco italiane attraverso un passaggio clandestino permette anche di far capire ai protagonisti stessi e agli spettatori cosa significa cercare di raggiungere un'altra terra quando non si è europei. I migranti, senza l'aiuto del corteo nunziale, si affidano spesso a contrabbandieri pagando caro la bolletta del viaggio con sfruttamenti economici importanti e a volte violenze fisiche e psicologiche.

- Nessun protagonista del film fa l'attore per professione. Neanche la "sposa" che è in realtà un attivista politica.

-Ora do delle notizie dei vari "personaggi" :

Abdallah Sallam (lo sposo) è ancora in Svezia dove prosegue gli studi.

AHMAD ABED e MONA AL GHABRA marito e moglie, sono ancora in Svezia.

ALAA AL-DIN BJERMI e il figlio MC MANAR sono stati rimandati in Italia (dato che le autorità italiane erano riuscite a prendere le impronte digitali del papà)

TASNIM FARED (la sposa) vive a Milano.

Invito comunque a dare un'occhiata al sito del film Io sto con la sposa
 

velmez

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che il poeta palestinese avesse ottenuto la cittadinanza perché apolide lo immaginavo ma conoscendo le tempistiche dello stato italiano mi sembrava assurdo, evidentemente qualcosa funziona...

certo che non mi hanno mai fermato perché sono italiana, ma il fatto è che le vecchie dogane le ho sempre viste VUOTE senza nessuno nemmeno a controllare, poi comunque le macchine erano italiane, quindi...

infatti mi chiedevo: ma i registi si sono autodenunciati, insomma, se uno compie un omicidio e poi lo dichiara in un film presumo che venga arrestato... e loro? puntano sulla rivolta popolare se dovesse succedere? ma suvvia in Italia una rivolta popolare...

Che sia chiaro: non sto assolutamente criticando l'intento socio-politico del film, il messaggio è chiaro e stracondivisibile, però a mio parere il film lascia molti dubbi, soprattutto sulle scelte estetiche-organizzative... mi è sembrato "troppo montato"...
devo dire che sta incassando parecchio, ma sarei sorpresa se qualcosa cambiasse...
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
anche io ho assistito alla discussione sul film alla Palazzina Liberty a Milano in mezzo al diluvio universale ma non avendo visto il film non posso pronunciarmi, sicuramente l'espediente della sposa è molto scenografico ma proprio per questo a me viene da credere nella buona fede, sembravano due persone sincere e che credevano in quello che dicevano, che il tutto non fosse poi artefatto. Mi riprometto di vederlo quanto prima.
 

catoate

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che il poeta palestinese avesse ottenuto la cittadinanza perché apolide lo immaginavo ma conoscendo le tempistiche dello stato italiano mi sembrava assurdo, evidentemente qualcosa funziona...

certo che non mi hanno mai fermato perché sono italiana, ma il fatto è che le vecchie dogane le ho sempre viste VUOTE senza nessuno nemmeno a controllare, poi comunque le macchine erano italiane, quindi...

infatti mi chiedevo: ma i registi si sono autodenunciati, insomma, se uno compie un omicidio e poi lo dichiara in un film presumo che venga arrestato... e loro? puntano sulla rivolta popolare se dovesse succedere? ma suvvia in Italia una rivolta popolare...

Che sia chiaro: non sto assolutamente criticando l'intento socio-politico del film, il messaggio è chiaro e stracondivisibile, però a mio parere il film lascia molti dubbi, soprattutto sulle scelte estetiche-organizzative... mi è sembrato "troppo montato"...
devo dire che sta incassando parecchio, ma sarei sorpresa se qualcosa cambiasse...

Attenzione, il cittadino italo-palestinese non ottiene la cittadinanza perché è apolide, ma perché è stato riconosciuto il suo statuto di rifugiato politico.

Per la scelta del percorso, credo che non potevano permettersi di rischiare troppo... perché se solo una dogana avesse fermato i veicoli e per caso chiesto i documenti dei viaggiatori (tutti...compresi chi non aveva documento), allora il viaggio sarebbe finito...e non importa la fine del film, ma la fine del viaggio, l'impossibilità di portare avanti il sogno semplice di questo gruppo di migranti.

Come diceva Del Grande durante il dibattito, se mai qualche spettatore pone denuncia in questura, potrebbe anche partire il processo. Ovviamente la probabilità è bassa, ma non è questo che conta. Quel che conta è il fatto gravissimo che chi compie un'azione umana come questa (che corrisponde a quanto dichiara la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo), possa essere condannato...

Tutte le scene sono state girate in diretta, con varie camere, per poter poi procedere al montaggio... ogni opera visiva in genere viene poi montata. Non trovo nulla di fastidioso a tutto ciò, non toglie nulla al documentario, ma aggiunge e permette di raggiungere anche un altro pubblico, magari, più attento alle scelte cinematografiche proprie, all'estetica e alla narrazione più che al narrato.
 
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