Premetto che l'Ulisse è il libro della mia adolescenza e di conseguenza della mia vita. Spero di non risultare alquanto tedioso nel mio intervento sul
perché leggere l'Ulisse.
Quello che ho sempre premuto evidenziare a chi si approcciava alla lettura da neofita è innanzitutto il valore delle
parole, delle
citazioni/richiami dal passato (la nostra storia) e delle nostre
radici; tutte cose delle quali ci dimentichiamo costantemente ogni giorno.
Dopo numerose riletture (in alcuni punti chiaramente anche mi sono arenato e dopo 40-45 volte che leggevo senza capire ho segnato quei punti e sono andato avanti) sono convinto del fatto che per vivere l'Ulisse senza noia si debba sempre vedere dietro ogni personaggio, quello che fa, il
come lo fa, la sua storia personale nel senso più stretto; il personaggio agisce secondo come è stato "modellato" dalla vita, dall'aver letto un autore particolare, dall'aver vissuto un'esperienza
forte, dal semplice fatto di portare gli occhiali e dall'ambiente in cui si è vissuti. Ciò che infatti è presente è un recupero abissale di tutto ciò che i personaggi (e noi con loro) hanno dentro, le piccole invidie, gli amori, i sogni, ma anche le caramelle che ci prendiamo di nascosto negli uffici, quell'attenzione verso quel pacchetto di sigarette buttato che sembra intatto ma che se lo apri è vuoto.
Joyce amplifica ciò che siamo, ma lo fa sia dal punto di vista mentale ma anche da quello più fisico/fisiologico, sociale, di tutto ciò che ci caratterizza. Le nostre piccole battaglie quotidiane vengono riverberate in letteratura, senza essere censurate perché troppo "basse" o troppo "intime". Queste parole per fortuna in Joyce non esistono, si è investiti dal fiume della realtà. :MUCCA
Questo è in linea generale. E devo ammettere che i lettori più accaniti diranno che ci sono migliaia di libri che condensano molte cose assieme (vedi a esempio l'Infinite Jest di Wallace): ma è solamente in Joyce che c'è un così grande tripudio di
STILE FORMALE (1) e di
COMICITÀ (2). Ed è per queste due ragioni che va letto l'Ulisse, a mio modo di vedere, perché la motivazione della "descrizione dettagliata di una giornata e dei pensieri di alcuni personaggi" è davvero banale nonché oltremodo noiosa come incentivo.
Quindi
(1) bisogna apprezzare le risoluzioni stilistiche utilizzate nei diversi capitoli. Sarebbe bello che tutti le scoprissero da soli, ma si citano sempre il capitolo 7, in cui la storia viene raccontata frammentando la descrizione ambientale in piccoli articoli di giornale ognuno con un titolo ovviamente appropriato alla situazione descritta; il capitolo 17 in cui si hanno solamente domande e risposte sui protagonisti, e attraverso le risposte si porta avanti la descrizione, saltando dall'ambiente, a dentro la testa di uno e dell'altro protagonista.
Queste forme stilistiche molto elaborate costituiscono la prima grande espressione di ciò che si apprezza di più nella nostra società attuale: la
ricerca esasperante del nuovo, e del peculiare, la sperimentazione assoluta (che io vedo molto nei film cult degli anni '90/'00, prendete per esempio Memento di Nolan), del
creare nuove forme per andare oltre a quello che si sa, a quello che semplicemente si ha in mano. Joyce fa quello che nessuno si può immaginare: scrivere senza punti, scrivere come i più grandi scrittori inglesi da prima dell'anno 1000 alla sua contemporaneità (capitolo 14 è un capolavoro assoluto di recupero della tradizione letteraria anglosassone).
Insomma, la prima cosa è leggere per vedere delle cose che non si sono mai viste su delle pagine di libri. Mai teorizzate prima, irriverenti e innovative.
Ora veniamo alla vera cosa
(2) per la quale non si può smettere di leggere. L'infarcitura del romanzo di battute, di giochi di parole, doppi sensi, che ti fanno davvero balzare dal divano (o scrivania che sia :W) e gridare all'arguzia di Joyce. Prima di farvi qualche piccolo esempio è utile però dire che molte volte le battute sono un po' troppo "intellettuali", perché sono presenti riferimenti latini, shakespeariani, che devo essere onesto molte volte senza note non avrei mai capito. Sono piccole chicche che non si scordano mai (il "latinorum" simil-ciceroniano del 14° capitolo chi non se lo ricorda con una risata ogni volta?
)
A-È da prendere come una sfida? Io iniziai a leggerlo certamente come sfida, perché ricercai banalmente su internet "libro più difficile del mondo" e da lì vidi che l'autore era lo stesso del racconto che ha fulminato la mia vita il primo anno di superiori: Eveline.
B-Ne vale la pena? Io dico che forse il gioco non vale fino in fondo perché ci vuole fatica. E tempo, molto tempo e dedizione. Cose che difficilmente si trovano durante la frenetica vita adulta, se non (mi auguro almeno che sia così) in vecchiaia.
Nell'Ulisse per fortuna non c'è solo quello che ho raccontato: c'è DI TUTTO. Storia, filosofia, gossip, amore passionale, amore idealizzato, odori, sensazioni, descrizioni, tutto quello di cui c'è bisogno in un romanzo come si deve. È un'enciclopedia dei sentimenti, dell'accettazione della vita così com'è, così complessa eppure scomponibile in pezzi così semplici se isolati (lezione della scienza moderna :wink
.
Vi lascio come promesso con due esempi emblematici, che spero possano farvi avvicinare al romanzo, e superare il primo durissimo (e in qualche modo indigesto ai più) capitolo:
----->capitolo 5, siamo dentro la testa di Bloom il protagonista, che è entrato (ebreo) in una chiesa durante la celebrazione della messa, e così commenta (alternato dal narratore esterno):
"Qualcosa in corso: qualche funzione collettiva. Peccato così poca gente. Bel posticino tranquillo per starci accanto a una ragazza. Chi è il mio prossimo?
Insardellati là per ore al suono di musica lenta. Quella donna alla messa di mezzanotte. Settimo cielo. Donne in ginocchio nei banchi con scapolari cremisi intorno al collo, testa in giù. Un gruppo inginocchiato lungo la balaustra dell'altare. Il prete passava davanti a loro, mormorando, tenendo il coso in
mano. Si fermava davanti a ognuna, tirava fuori un'ostia, ne scuoteva una goccia o due (le tengono nell'acqua?) e gliela metteva per benino in bocca.
Cappello e testa sprofondavano. Poi la successiva: una vecchietta. Il prete si curvò per mettergliela in bocca, seguitando a borbottare. Latino. La successiva. Chiudi gli occhi e apri la bocca. Cosa?
Corpus. Corpo. Cadavere. Buona idea il latino. Per prima cosa l'imbambola. Ospizio per i moribondi. Non
sembra che la mastichino: solo la ingoiano. Idea stramba: mangiare pezzetti di cadavere. Per questo attecchisce fra i cannibali.
Stette da parte a guardare le loro maschere cieche passare per la navata, a una a una, in cerca del loro posto. Si avvicinò a un banco e si sedé sullorlo,
tenendo sulle ginocchia il cappello e il giornale. Queste pentole che ci tocca portare in testa. Dovremmo farci modellare i cappelli sulla testa. Erano intorno a lui qua e là, con le teste ancora curve nei loro scapolari cremisi, aspettando che gli si sciogliesse nello stomaco. Qualcosa del genere dei
mazzoth: è quella specie di pane: pane azzimo. Guardale, ora scommetto che le fa sentire felici. Leccalecca. Proprio. Sì, lo chiamino pane degli angeli. C'è dietro una grande trovata, il sentimento che il regno di Dio è dentro di voi. Prime comunioni. Abracadabra un soldino al pezzo. Poi si sentono tutti come una grande famiglia, lo stesso a teatro, tutti nella stessa barca. Sl, certo. Senza dubbio. Non cosl soli. Nella nostra confraternita. Poi uscirne un po' inuzzoliti. Dare la stura. Tutto sta nel crederci sul serio. La cura di Lourdes, acqua dell'oblio, e l'apparizione di Knock, statue che sanguinano.
Vecchio addormentato vicino a quel confessionale. Perciò si sentiva russare":YY:YY:YY:YY
------->inizio capitolo 17, Bloom e Stephen (l'altro protagonista, il famoso Stephen Dedalus del "ritratto dell'artista da giovane") tornano verso casa di Bloom di sera. Ecco come Joyce applica lo schema domande/risposte:
"Quali itinerari paralleli seguirono Bloom e Stephen al ritorno?
Partendo ambedue insieme a passo normale da Beresford Place seguirono nell'ordine seguente Gardiner Street inferiore e media e Mountjoy Square, ovest: poi, a passo ridotto, ciascuno poggiando a sinistra, Gardiner's Place per inavvertenza fino all'ultimo angolo di Temple Street, nord: poi, a passo ridotto con l'intervallo di qualche sosta, poggiando a destra, per Temple Street, nord, fino a Hardwick Place. Avvicinandosi, spaiati, a passo normale rallentato, attraversarono ambedue la piazzetta circolare davanti alla chiesa di S. Giorgio, diametralmente, essendo la corda in un cerchio minore dell'arco da essa sotteso.
Di che cosa deliberò il
duumvirato durante il tragitto?
Musica, letteratura, l'Irlanda, Dublino, Parigi, l'amicizia, la donna, la prostituzione, il cibo, l'influsso dei lumi a gas, o delle lampade ad arco o a incandescenza, sullo sviluppo degli alberi praeliotropici adiacenti, la dislocazione da parte del municipio di sacchi di sabbia per emergenza, la chiesa cattolica romana, il celibato ecclesiastico, la nazione irlandese, l'educazione gesuitica, le carriere, lo studio della medicina, la giornata trascorsa, il malefico influsso dei giorni precedenti le feste, lo svenimento di Stephen."
Mi auguro che qualcuno oltre a me abbia riso a Bloom davanti alla messa, al prete e alle ostie-leccalecca, non vorrei esser preso per pazzo :YY :YY
Spero che qualcuno riesca a leggere il mio sproloquio; e spero in ogni caso di aver fatto avvicinare all'Ulisse qualcuno che l'ha sempre visto come un mattone indigeribile. Joyce l'ha scritto perché si leggesse, e che lo possano leggere tutti è indubbio.
Se avete qualche domanda, dubbio, desiderio di commentare qualche passo criptico, sono ovviamente disposto ad aiutare chiunque. Un saluto