Yates, Richard - Undici solitudini

Jessamine

Well-known member
Pubblicata originariamente nel 1962, questa raccolta di short stories è considerata uno dei capolavori della narrativa americana del secondo Novecento. Il New York Times l'ha definita "l'equivalente newyorkese di Gente di Dublino di Joyce", e Kurt Vonnegut "la migliore raccolta di racconti mai pubblicata da un autore americano".
Dalle vite "normali" di segretarie di Manhattan e maestrine di Brooklyn, di potenziali romanzieri frustrati, di tassisti sognatori, soldati disillusi e ragazzini disadattati, Yates crea un mosaico indimenticabile che rivela tutte le ombre del sogno americano all'apice del suo (presunto) splendore; ma Undici solitudini non è solo il magistrale, impietoso ritratto di un'epoca: la precisione dei dialoghi, il ritmo infallibile, l'attenzione ai particolari, l'essenzialità della scrittura danno alle storie di questi personaggi un'intensità che le rende dolorosamente universali e senza tempo.




Ammetto che, fino a poche settimane prima di acquistare questo libro, non conoscevo nemmeno l'autore, se non giusto di nome. Poi però mi sono imbattuta, un po' per caso, in poche righe che commentavano questi racconti, e nonostante questo commento in particolare non dicesse nulla di particolare, questo libriccino mi è entrato in testa, e così, non appena mi si è presentata l'occasione, l'ho acquistato e subito letto.
Solitamente faccio fatica ad apprezzare i racconti brevi, è molto più facile che mi innamori di un romanzo in cui possa apprezzare la costruzione delle vicende, la complessità emotiva di un personaggio, la sua evoluzione. Insomma, sono proprio pochi i racconti che mi piacciono in sé e per sé, di solito è più facile che li apprezzi solo come spunto per conoscere un autore. Qualcuno una volta mi aveva detto che preferisco i romanzi perché mi tengono compagnia più a lungo, ed è straordinario notare come invece una delle poche raccolte di racconti che mi abbiano completamente rapita sia proprio una raccolta di solitudini.
Yates ha una prosa bellissima, me ne sono resa conto solo "a freddo", dopo aver terminato la lettura, perché questo libro credo d'averlo "letto" poco. Più che altro l'ho vissuto. E' uno di quei libri che sono riuscita a vivere solamente come esperienza del tutto personale, emotiva, che prescinde dall'ambito letterario. E mi è dunque difficile parlarne, perché alla carta stampata ho aggiunto così tanto di mio, durante la lettura, che probabilmente ho finito per leggere con un filtro davanti agli occhi, in maniera forse egoista nei confronti di quello che poteva essere il significato a cui l'autore avrebbe voluto fermarsi.
Questi undici racconti non sono null'altro che spaccati di vita quotidiana, personaggi comuni, esistenze normali. E forse tutta la loro forza sta prorpio qui. Perché la solitudine, protagonista indiscussa di tutto il libro, emerge lentamente, prende forma piano, senza fare rumore, da momenti, situazioni e luoghi che ci sono perfettamente familiari. Se è difficile non immedesimarsi in almeno uno dei personaggi di Yates, è impossibile pensade di non aver almeno conosciuto (per strada, a scuola, sul lavoro) qualcuno che potrebbe benissimo ritagliarsi un posticino in uno di wuesti racconti. Yates infatti parla di un dolore strisciante, che prende spazio a poco a poco, silenziosamente. Non ci sono enormi tragedie in questi racconti, ai personaggi non accade nulla di tremendo, conducono vite magari non perfette, ma del tutto normali, eppure questa sofferenza sorda è tangibile e straziante. I personaggi di Yates, tutti, si trovano ad essere incapaci di condividede qualsiasi emozione. Sono circondati da mura immense, e, pur essendo le loro solitudini contigue, non riescono ad abbattere queste mura, a soffrire insieme, a consolarsi. Certo, c'è una nota di indolenza che percorre tutti questi undici racconti, perché i personaggi, inconsciamente o meno, sono porprio loro stessi la causa dei propri mali: sembrano non fare nulla per uscire dal limbo in cui si trovano, gettano al vento le occasioni che si presentano loro, sembrano non volersi aiutare. Ma, mi viene da chiedere, fino a che punto queste persone sono coscienti della propria sofferenza, della propria solitudine, e fino a che punto si rendono conto che basterebbero pochi gesti per provare almeno ad aiutarsi? Non lo so.
Non so nemmeno quanto ci sia di "giusto" nell'apprezzare racconti che sotto un certo punto di vista sembrano indulgere su atteggiamenti di compiaciuto vittimismo, mancanza di iniziativa, autodemolizione.
Ma so che questi racconti mi hanno fatto male, molto male, e so anche che, qualche volta, è necessario provare dolore per potersi liberare.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Grazie a questa bellissima recensione l'ho inserito in wishlist, voglio farmi del male anch'io :mrgreen:
 

Grantenca

Well-known member
Premetto che non amo molto le raccolte di racconti, preferisco i libri a tema unico. Tuttavia ho letto Gente di Dublino di Joyce (con un ultimo racconto che valorizza tutto il libro) i 49 racconti di Hemingway (alcuni veramente molto belli), diario d’Irlanda di Boell (un inno alla terra d’origine della sua famiglia) ed ho appena terminato questo di Yates. Ho letto i primi due racconti uno dopo l’altro, e mi sono accorto che, mentre leggevo il secondo pensavo ancora al finale del primo. Così ho continuato a leggerli uno ad uno, staccando tra un racconto e l’altro, quasi per metabolizzare, piano piano, la lettura, quasi come bere lentamente, centellinandolo, un buon bicchiere, con un retrogusto forse un po’ troppo amaro. Il titolo è appropriato e Yates ci mette di fronte a problemi esistenziali pesantissimi, derivati da situazioni qualche volta anche difficili , ma anche da problematiche all’apparenza abbastanza futili. E’ un’infelicità pesante quella che attanaglia molti protagonisti, il senso di sentirsi in totale a-sintonia con il mondo e le persone che ti circondano, con un senso di impotenza profondo dove nulla e nessuno ti può aiutare. Come uno che ti metta di fronte continuamente alle tue problematiche più segrete che tu cerchi continuamente di ignorare per vivere meglio. Non segnalo nessuno dei racconti per non influenzare chi vorrà dedicarsi a questa lettura, certamente sconsigliata a chi cerca in questa attività un momento di svago e serenità. Perché allora leggere questo libro? Perché Yates è un grande artista, e la sua scrittura di alta qualità. Dopo aver letto questo libro ho apprezzato ancora di più i due suoi romanzi che ho letto (revolutionary road ed easter parade) che comunque già mi erano piaciuti moltissimo.
P.S. Tenete presente che i miei elogi allo scrittore sono di natura strettamente personale e non didattica!!
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Entrambi i vostri commenti mi hanno definitivamente convinto a inserire questo libro (e l'autore in generale, che non ho mai letto) nella mia wishlist, nonostante sia riapro che neanch'io amo i racconti... Grazie! :wink:
 

velmez

Active member
una serie di racconti, improntati sulla vita quotidiana dei personaggi, alcuni raccontano brevi vicende, altri si dilungano un pochino di più e ci svelano anche alcuni retroscena della loro vita... tutti comunque magistralmente raccontati con sensibilità e delicatezza. Un bel libro di racconti, lo consiglio!
 
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