Faulkner, William - La paga del soldato

bouvard

Well-known member
COMMENTO CON SPOILER


Decidendo di leggere La paga del soldato, uno dei primi libri di Faulkner, pensavo di trovarmi di fronte un’opera minore, ancora acerba. Per fortuna non è stato così, infatti già in questo primo libro sono presenti alcune delle caratteristiche stilistiche proprie delle sue opere successive. Innanzitutto la figura del protagonista “non-protagonista”, proprio come succederà poi con la Cassy di L’urlo e il furore e con la madre morente di Mentre morivo, anche Donald Mahon, il “protagonista” di questo libro, pur condizionando tutte le azioni e i pensieri degli altri personaggi agisce e parla poco in prima persona. Sicuramente se il protagonista del libro fosse stato il Donald Mahon che viveva ad Atlanta, marinava la scuola e passava intere giornate nei boschi, avremmo avuto un protagonista più “convenzionale”, ma il libro non parla di questo Donald - se non attraverso i ricordi di uno degli altri personaggi - parla invece del Donald reduce della Prima Guerra mondiale che torna inaspettatamente a casa dopo esser stato da tutti pianto per morto. E Faulkner non è proprio autore da far parlare tanto un simile protagonista, sfigurato nell’aspetto, ma ancor più morto nell’animo. D’altronde per rappresentare tutti gli orrori della guerra, e soprattutto tutte le sue irreparabili conseguenze Faulkner ha scelto proprio il modo più semplice, eppure più impressionante: lasciare Donald vivo senza che lo sia davvero, così poco consapevole com'è di quanto succede intorno a lui. Si potrebbe quasi dire che il libro sia un lento accompagnamento, da parte degli altri personaggi, alla sua morte.
Altra caratteristica già presente in questo libro sono i salti temporali, e la presenza contemporanea di ciò che un personaggio dice e di ciò che pensa. Solo che a differenza di quanto capiterà con le opere successive qui è facile distinguere le due parti, perché ciò che un personaggio pensa viene riportato tra parentesi, e ciò che dice fuori dalle parentesi, e questo facilita non di poco la lettura, che risulta alla fine scorrevole.
Tra tanti personaggi presenti nel libro sono tre donne ad avere i ruoli principali. Innanzitutto Cecily – la fidanzata – a rappresentare la perfetta ragazza del Sud: bella, viziata, superficiale, capricciosa, abituata a vedersi ronzare intorno tutti i giovanotti e pronta a mille moine e smorfie per tenerseli attaccati alle gonnelle. Il suo comportamento non è diverso da quello di tutte le altre ragazze di buona famiglia del Sud, educate a sfruttare la loro bellezza per arrivare ad una “sistemazione conveniente” tramite un buon matrimonio. Io l’ho trovato un personaggio decisamente fastidioso per la sua falsità, meschinità e per la sua incapacità di guardare oltre il volto sfregiato di Donald. La seconda donna è Emmy – la domestica – espressione dell’amore romantico, ingenuo e dolce, un amore durato lo spazio di una notte, ma tenuto in vita ed alimentato continuamente dal ricordo di quella notte. Mentre Cecily si sente male vedendo il volto deturpato di Donald, Emmy si sente male rendendosi conto che lui non la riconosce. Decisamente non potrebbe esserci una differenza di sensibilità maggiore tra le due ragazze. Infine Margareth, che ha conosciuto solo il Donald sfigurato e apatico, ma in lui rivede il suo Dick, l’uomo che ha sposato quasi senza conoscerlo e con cui ha vissuto solo tre giorni prima che lui partisse per la guerra. Il suo amore per Donald nasce dalla pietà e dalla compassione, e nasconde soprattutto la sua voglia di espiare i sensi di colpa verso Dick.
Libro malinconico, triste ma dolcissimo. Decisamente consigliato.
 
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c0c0timb0

Pensatore silenzioso 😂
Bellissima recensione per un bellissimo romanzo. Io l'ho adorato quanto te e come te ho "odiato" Cecily (e il ciccione assatanato :mrgreen: che mi faceva ridere però: ma a quello bastava che respirassero eh?). Ho parteggiato per l'amore silenzioso, sofferto di Emmy e mi sono piaciuti molto i personaggi maschili. Tutti così diversi fra loro.
Divertente l'inseguimento al bavoso ciccione da parte dell'altro reduce (non ricordo più il nome ormai). Mica è riuscito a prenderlo! Sembrava più agile di quanto si credesse :mrgreen:. O forse l'aveva preso e poi gli è sfuggito? :?
Concludendo, raramente Faulkner delude. A volte è difficilotto o forse solo ostico per certi versi, ma lascia sempre grandi opere.
 

ayuthaya

Moderator
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Al quinto romanzo di questo autore straordinario, non sono più in grado di dire cosa sia a farmelo amare tanto. È indubbio che i suoi romanzi più celebri debbano tanto della loro fama anche alla complessità stilistica, dietro la quale si cela (come una perla che sia faticoso procacciarsi) una rara sensibilità. Ma se la complessità è un quid che può esserci o non esserci, e che da solo non fa il capolavoro, la sensibilità sorge direttamente dall’animo di chi scrive e, quando è autentica, è il sicuro segno di riconoscimento di un Autore con la A maiuscola. Bene, se una cosa sola l’ho imparata, è che questo è il caso di Faulkner.

La paga del soldato è tanto più interessante, in quanto è il romanzo di esordio di quello che probabilmente allora non era che un giovane promettente e non ancora l’Autore con la A maiuscola di cui abbiamo appena parlato. Come è stato già scritto, gli elementi precursori dello stile “faulkneriano” (ammesso che ne esista uno) sono essenzialmente due: la presenza di un protagonista-non protagonista, Donald Mohan, e la parziale commistione di pensieri e parole espressi dai vari personaggi. Vorrei soffermarmi sul primo, essendo Donald il perno attorno a cui ruota l’intero libro. Fin dalle primissime pagine, Faulkner si diverte a giocare con il lettore, mettendogli sotto gli occhi una serie di personaggi che in realtà non rivestono un ruolo particolarmente rilevante nella vicenda (a eccezione del solo Gilligan): ammetto di aver creduto per un po’ che il famoso “soldato” del titolo fosse il giovane sognatore Julian. Non è così, il treno dei reduci prosegue la propria corsa e altri personaggi entrano in scena: sono i veri “protagonisti”, primo fra tutti Donald Mahon, rispettato, invidiato, amato, compatito, rifiutato. Donald non è più niente per se stesso, la guerra lo ha annientato nel corpo e nello spirito, ma ciò non impedisce che gli altri personaggi gli attribuiscano desideri, speranze, persino nuove identità (non a caso uso il plurale). Faulkner sembra dirci che laddove una coscienza, che è identità dell’uomo, è stata annullata dalla guerra, sono altri ad arrogarsi il diritto di riplasmarla a proprio piacimento. È forse questa la “paga” del soldato di ritorno dalla guerra? Non la propria vita indietro, bensì il deformarsi e moltiplicarsi di questa a uso e consumo delle vite altrui, da cui consegue l’assurdo “potere” di condizionare a sua volta queste stesse vite? Il rettore, Cecily, Gilligan, Margaret... e indirettamente Jones e George Farr: tutti sembrano in qualche modo dover rendere conto a Mahon delle proprie azioni (in questo, sarò la solita dostoevskijana di parte, ma mi ricorda il caro Myskin). Donald Mahon è la “ferita” da cui sgorga tutta la sofferenza che la guerra ha portato con sé, è il “prezzo” della guerra da far pagare a chi non si è arruolato.

Altra figura sublime – la cui eccessiva “perfezione”, che altrimenti sfiorerebbe l’inverosimiglianza, è giustificata dal rappresentare quasi un “contraltare” di Mohan – è Margaret Powers. Anche lei giunge a non significare più nulla per se stessa, ad annullarsi, con la differenza che nel suo caso è una scelta, sofferta, ma comunque una scelta. Ed anche Margaret, che è protagonista “alla luce del sole” così come Mohan lo è in modo “sotterraneo” , riesce – con la sua bellezza, la sua austerità, l’autorevolezza che naturalmente emana dalla sua persona – se non proprio a determinare il corso degli eventi, quanto meno a lasciare la sua impronta, ad essere – come Mohan – rispettata, invidiata, amata, e alla fine (per certi versi) persino compatita e rifiutata.

Un’ultima osservazione, che vuole essere semplicemente la trascrizione di una mia personale“percezione”. Non so chi di voi abbia letto Le onde di Virginia Woolf... chi mi conosce sa che è un romanzo che ho amato come pochi... Comunque sia, leggendo La paga del soldato ho avuto la netta impressione di assistere allo stesso modo di “rappresentare” l’identità e l’individualità dei personaggi: una sorta di “teatralità”, o di “lirismo”, non so spiegarlo bene neanch’io... È come se all’entrare in scena di un determinato personaggio, fossero associati degli elementi ben riconoscibili: un odore particolare, una precisa frase musicale, un “timbro” che sia solo suo. Ecco, in alcuni punti mi è sembrato davvero di provare la stessa sensazione, come se le parole del romanzo si piegassero sotto il peso dei singoli personaggi, prendessero la “forma” da loro impressa.
Inutile dire romanzo consigliatissimo... come qualsiasi Faulkner.
 
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Grantenca

Well-known member
E’ il primo libro che leggo di questo scrittore. A dir la verità dopo le prime 10-15 pagine ho avuto la tentazione di mollare, ma forse quel poco che mi è rimasto di una certa naturale tenacia mi ha convinto a continuare e, devo dire, con esito abbastanza favorevole. Da una serie di incontri apparentemente casuali è scaturita una trama che mi ha molto incuriosito e che mi ha indotto ad ultimare la lettura. La prosa è ricca, originale, molto impegnativa. La parola convenzionale non fa parte del vocabolario di questo scrittore che tende sempre a stupire, magari facendo anche sfoggio di una notevole cultura non sempre esibita a proposito o che forse non ho del tutto compreso. Le figure però sono ben delineate, in qualche caso scolpite e qualcuna addirittura in modo mirabile ( a mio avviso Cecily Sanders) ma tutte a un buon livello.
Pur non essendo il tipo di scrittura da me più amato (preferisco grandi autori più popolari che non necessitino, nella lettura, di grandissima concentrazione) devo riconoscere che questo e un autore “di Spessore”.
Tenuto conto poi che questa è la sua “opera prima” posso presumere che abbia scritto anche testi migliori che varrebbe la pena di conoscere. Ma non so se lo farò; ultimamente tendo più a “rileggere” che a “leggere”. Vedremo….
 

malafi

Well-known member
Questo romanzo non mi è piaciuto. Ho faticato a leggerlo.
Primo romanzo di Faulkner per me: penso gli darò un'altra chanche, chissà ...

Non mi piace proprio il suo modo di scrivere. O meglio: trovo fastidioso che evidenti capacità letterarie, dimostrate in vari passaggi in cui la sua prosa è lirica e forte allo stesso tempo, siano messe al servizio di una tecnica narrativa che proprio non mi aggrada.

Uno stile confusionario, dove il filo logico e temporale degli eventi non sempre è ben delineato e vi sono dei salti di 'scena' e di umori che non comprendo e mi infastidiscono.
Ho fatto molta fatica a stare concentrato sulle pagine, non tanto per i contenuti, quanto proprio per lo stile narrativo che non mi ha preso.
 

Wilkinson

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Sempre un plauso a chi legge Faulkner. Certo sono letture non facilissime, ma è uno scrittore di cui andrebbe letto tutto almeno fino al 1942..
 
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