c0c0timb0
Pensatore silenzioso 😂
Chi è Vladimir Nabokov? O, per gli amici, Vladi, Boko; scrittore russo anomalo, che smette di scrivere nella sua lingua e inizia con un'altra che ha imparato a vent'anni suonati; e lo fa con lo stesso stile, con la stessa padronanza maniacale?
Un fissato delle farfalle? Lepidotteri anzi! Scusa Boko. Ma prima erano stati gli scoiattoli, poi i pescispada e dopo ancora i pony pezzati. "Le farfalle perché sono metafore" disse una volta. "Metamorfosi. Metá fior, forma, mai ferma".
Lepidotteri. Leper: lebbra. Sono degli esiliati. Come lui.
Ha sempre giocato con le parole, Nabokov. Coi dettagli. Non sempre mi è piaciuto, ma sono gusti.
In una lezione all'Università di Cornell, nel 1955, spiegava che se, al centro di una storia drammatica, improvvisamente vedi una foglia cadere dal ramo di un faggio, perché l'autore te la descrive con la stessa intensità con cui ha appena descritto un'agnizione tra padre e figlio, dimenticheresti non solo le banali psicologie ma anche i volti stessi dei personaggi. Perché così deve accadere. Lo scopo dello scrittore, alla fine, è sviare il senso comune e mandarlo in frantumi con qualche particolare sinistro imbarazzante, portentoso e splendido, qualche neo o sciarada che non c'entra per niente con il senso della storia ma traccia, nell'aria di quelle parole, una scia che non si consuma, che non si decifra. Il Flaubert di "Madame Bovary" sarebbe stato d'accordo. Io un po' meno, ma io conto poco.
La scrittura come uno sgradevole cimitero di idee condivise. Di descrizioni perversamente uguali, di stati d'animo che si assomigliano... Insomma una lezione universitaria che io non avrei proprio capito, figuriamoci condividere.
Forse perché nel nostro subconscio vogliamo che le storie che leggiamo vadano a finire come preferiremmo sempre a seconda del nostro stato d'animo?
Ma la scrittura per Nabokov è ben altro. Passa nella schiena dritta e rapida, come un brivido. Ci deve colpire lì, non al cervello, ma in tutta la colonna vertebrale, come un soffio primigenio della paura (troppo Nabokoviano?).
Se non sentiamo quel gelo fra le scapole, allora bisognerebbe gettar tutto e ricominciare dal punto dove ci si è fermati. E quel punto per Nabokov è l'abominevole prevedibilità di una frase, di un aggettivo, di un significato.
Io ho scoperto di avere un amore/odio per Nabokov. Difficilmente condivido le sue idee sulla scrittura ma mi piace quello che scrive.
Lui afferma che quello che non ci aspettiamo è il lavoro di base, la minuziosa ricerca, ad esempio, di come l'aria di campagna, quel giorno di luglio, è apparsa agli occhi di David Copperfield (andatevi a vedere lo sceneggiato che ho postato nella discussione "Lo sceneggiato"), anche se lui non ha voluto parlarne; o di quale animale ha taciuto Utterson, mentre ci descriveva l'apparizione di Mr. Hyde, gatto randagio o cane bastardo che lo seguiva nelle sue peregrinazioni notturne e guaiva ogni volta che quel disgraziato malmenava un passante col bastone; o i pensieri taciuti da Kafka, su come fosse stato sereno, addirittura felice, mentre scriveva le ultime parole della "Metamorfosi".
Per Nabokov (a suo dire: non sono pensieri miei questi; l'affermazione, come altro, arriva dai miei appunti, ritagli di giornali, vecchie interviste che ritaglio e inserisco dentro le pagine dei miei libri) la forza di un romanzo non sta nella solidità della sua trama ma nell'apparente robustezza del filo che lo tesse, un filo così teso e forte da non far sospettare che, lì sotto, il tarlo della parola è già al lavoro e compie il suo diabolico lavoro di distruzione della tela, una distruzione lenta, vigile, minuziosa, controllata...
Nel 1956, Nabokov, nella cui opera i critici avevano trovato influenze di Cervantes, Kafka, Dostoevskij e molti altri ancora, rispondeva che l'unica influenza che egli riconosceva era quella dello scrittore francese Pierre Delalande. Scrittore inesistente, inventato da Nabokov.
Affermava inoltre (tutto questo credo nel suo saggio "A proposito di un romanzo intitolato Lolita") che coloro che non avevano letto i suoi primi romanzi, di cui i migliori mai tradotti dal russo, non erano autorizzati ad esprimere alcun giudizio su di lui. Asseriva, tra l'altro, di non avere alcun messaggio né altro da comunicare e che scriveva proponendosi una cosa sola, quella di "liberarsi del libro medesimo", di espellerlo cioè dal proprio organismo.
A me personalmente da l'impressione che Nabokov, a volte o spesso non lo so, non ho letto molto di lui per aver constatato meglio la cosa, voglia o preferisca tenere il lettore a debita distanza. Di farlo rimanere al suo posto. Sembra quasi che cerchi sempre un pretesto per "allontanare" il critico, il lettore qualunque, l'appassionato, almeno un pochino quando questi si avvicina (pericolosamente?) alla "verità". Quando davvero coglie nel segno, quando lo sorprende coi pantaloni alle ginocchia. Mi scuso per l'abbondare delle virgolette e delle parentesi, ma esprimermi meglio, per far comprendere quello che alberga nella mia mente, esternare le mie sensazioni, ahimè non ne sono capace.
Cercando di approfondire su Nabokov per scrivere tutta questa roba sono approdato, ad un certo punto, a delle considerazioni di Stetano Bartezzaghi che mi hanno rallegrato perché, in qualche modo, confermano le mie sensazioni. Bartezzaghi (scrittore e figlio del grande enigmista) sostiene che in Lolita la costruzione del romanzo e il suo tessuto narrativo si frappongono fra il lettore e il testo come una distanza di sicurezza. Qualsiasi frase lascia la sensazione che ci sia un messaggio cifrato.
Un'altra cosa che volevo far notare prima che mi dimentichi è - ne abbiamo già parlato nel minigruppo - l'assenza di termini volgari o comunque poco piacevoli; frasi, paragrafi le cui descrizioni infastidiscono. Ebbene io ne ho trovato uno. È un passo che allude ad uno degli autori preferiti di Nabokov, quindi la sua presenza quasi lo discolpa: "...una piega del vestito che era rimasta infilata nella fessura di pesca... - per citare Robert Browning". Se ben ricordo successe mentre Lolita scendeva dall'automobile. Ecco, questo, con le capacità linguistiche in suo possesso, poteva scriverlo diversamente, a mio parere. Mi ha fatto storcere un po'... tutta la faccia. :boh:
Quindi come catalogare Nabokov? Che dire di lui?
Il critico come il buffone dell'intellettuale accademico. Un temerario che decide di esporre le proprie opinioni circa la sua opera. Nabokov, tra l'altro, non ha mai nascosto il suo disprezzo per la categoria. Io credo che questo lo abbia fatto, possibilmente, rimanere nell'ombra più di quanto forse meritasse. A parte Lolita, per quale altra opera conoscete Vladimir Nabokov? Ma, ehi, cazzi suoi no?
In Lolita, Humbert, mi sembra, non è che non abbia gli stessi desideri di qualsiasi uomo, ma ha anche altro. Cerca, anela alla bellezza irraggiungibile, a ciò che è bello proprio perché irraggiungibile. E anche qui torna il fatto della distanza, la sensazione che dicevo prima di non lasciare avvicinare il lettore più di tanto. E oltre a ciò, ci sono dei piccoli giochi di parole che, sebbene io abbia cercato di decifrare, non ho capito.
Allora, io ho anche la versione in inglese in pdf e ci sono degli scambi di lettere che in inglese cambiano le parole, ma in italiano non so che senso possano avere. Per esempio (in maiuscolo le lettere invertite):
"what the Katter with the Misses; show Wight Ray" che vengono tradotte con:
"perché Bon mi Naci?" e "fammi vedere Fome si Ca". Le avrete notate anche voi che avete letto Lolita con me in occasione del minigruppo.
Ci sono parole nascoste. In una frase in francese: "ne manque pas de dire à ton amant, Chimène, comme le lac est beau car il faut qu'ilt'y mène" c'è Quilty! :?
Ora smetto. Sarebbe ora! Direte voi
.
Non so cosa voglia dire tutto questo. Non so se Nabokov esagerava, se si era montato la testa. Penso però che NON abbia scelto, per Lolita, un argomento così scottante perché sapeva che avrebbe suscitato scandalo e avuto successo. Ricordiamoci in che anni eravamo. Non credo l'abbia fatto apposta. Secondo me ha beccato in pieno qualcosa che in quel momento, in quei tempi, ha colpito l'opinione pubblica e il mondo della letteratura con tal forza che tutti si sono voltati a guardare. Capita eh!
Un fissato delle farfalle? Lepidotteri anzi! Scusa Boko. Ma prima erano stati gli scoiattoli, poi i pescispada e dopo ancora i pony pezzati. "Le farfalle perché sono metafore" disse una volta. "Metamorfosi. Metá fior, forma, mai ferma".
Lepidotteri. Leper: lebbra. Sono degli esiliati. Come lui.
Ha sempre giocato con le parole, Nabokov. Coi dettagli. Non sempre mi è piaciuto, ma sono gusti.
In una lezione all'Università di Cornell, nel 1955, spiegava che se, al centro di una storia drammatica, improvvisamente vedi una foglia cadere dal ramo di un faggio, perché l'autore te la descrive con la stessa intensità con cui ha appena descritto un'agnizione tra padre e figlio, dimenticheresti non solo le banali psicologie ma anche i volti stessi dei personaggi. Perché così deve accadere. Lo scopo dello scrittore, alla fine, è sviare il senso comune e mandarlo in frantumi con qualche particolare sinistro imbarazzante, portentoso e splendido, qualche neo o sciarada che non c'entra per niente con il senso della storia ma traccia, nell'aria di quelle parole, una scia che non si consuma, che non si decifra. Il Flaubert di "Madame Bovary" sarebbe stato d'accordo. Io un po' meno, ma io conto poco.
La scrittura come uno sgradevole cimitero di idee condivise. Di descrizioni perversamente uguali, di stati d'animo che si assomigliano... Insomma una lezione universitaria che io non avrei proprio capito, figuriamoci condividere.
Forse perché nel nostro subconscio vogliamo che le storie che leggiamo vadano a finire come preferiremmo sempre a seconda del nostro stato d'animo?
Ma la scrittura per Nabokov è ben altro. Passa nella schiena dritta e rapida, come un brivido. Ci deve colpire lì, non al cervello, ma in tutta la colonna vertebrale, come un soffio primigenio della paura (troppo Nabokoviano?).
Se non sentiamo quel gelo fra le scapole, allora bisognerebbe gettar tutto e ricominciare dal punto dove ci si è fermati. E quel punto per Nabokov è l'abominevole prevedibilità di una frase, di un aggettivo, di un significato.
Io ho scoperto di avere un amore/odio per Nabokov. Difficilmente condivido le sue idee sulla scrittura ma mi piace quello che scrive.
Lui afferma che quello che non ci aspettiamo è il lavoro di base, la minuziosa ricerca, ad esempio, di come l'aria di campagna, quel giorno di luglio, è apparsa agli occhi di David Copperfield (andatevi a vedere lo sceneggiato che ho postato nella discussione "Lo sceneggiato"), anche se lui non ha voluto parlarne; o di quale animale ha taciuto Utterson, mentre ci descriveva l'apparizione di Mr. Hyde, gatto randagio o cane bastardo che lo seguiva nelle sue peregrinazioni notturne e guaiva ogni volta che quel disgraziato malmenava un passante col bastone; o i pensieri taciuti da Kafka, su come fosse stato sereno, addirittura felice, mentre scriveva le ultime parole della "Metamorfosi".
Per Nabokov (a suo dire: non sono pensieri miei questi; l'affermazione, come altro, arriva dai miei appunti, ritagli di giornali, vecchie interviste che ritaglio e inserisco dentro le pagine dei miei libri) la forza di un romanzo non sta nella solidità della sua trama ma nell'apparente robustezza del filo che lo tesse, un filo così teso e forte da non far sospettare che, lì sotto, il tarlo della parola è già al lavoro e compie il suo diabolico lavoro di distruzione della tela, una distruzione lenta, vigile, minuziosa, controllata...
Nel 1956, Nabokov, nella cui opera i critici avevano trovato influenze di Cervantes, Kafka, Dostoevskij e molti altri ancora, rispondeva che l'unica influenza che egli riconosceva era quella dello scrittore francese Pierre Delalande. Scrittore inesistente, inventato da Nabokov.

A me personalmente da l'impressione che Nabokov, a volte o spesso non lo so, non ho letto molto di lui per aver constatato meglio la cosa, voglia o preferisca tenere il lettore a debita distanza. Di farlo rimanere al suo posto. Sembra quasi che cerchi sempre un pretesto per "allontanare" il critico, il lettore qualunque, l'appassionato, almeno un pochino quando questi si avvicina (pericolosamente?) alla "verità". Quando davvero coglie nel segno, quando lo sorprende coi pantaloni alle ginocchia. Mi scuso per l'abbondare delle virgolette e delle parentesi, ma esprimermi meglio, per far comprendere quello che alberga nella mia mente, esternare le mie sensazioni, ahimè non ne sono capace.
Cercando di approfondire su Nabokov per scrivere tutta questa roba sono approdato, ad un certo punto, a delle considerazioni di Stetano Bartezzaghi che mi hanno rallegrato perché, in qualche modo, confermano le mie sensazioni. Bartezzaghi (scrittore e figlio del grande enigmista) sostiene che in Lolita la costruzione del romanzo e il suo tessuto narrativo si frappongono fra il lettore e il testo come una distanza di sicurezza. Qualsiasi frase lascia la sensazione che ci sia un messaggio cifrato.
Un'altra cosa che volevo far notare prima che mi dimentichi è - ne abbiamo già parlato nel minigruppo - l'assenza di termini volgari o comunque poco piacevoli; frasi, paragrafi le cui descrizioni infastidiscono. Ebbene io ne ho trovato uno. È un passo che allude ad uno degli autori preferiti di Nabokov, quindi la sua presenza quasi lo discolpa: "...una piega del vestito che era rimasta infilata nella fessura di pesca... - per citare Robert Browning". Se ben ricordo successe mentre Lolita scendeva dall'automobile. Ecco, questo, con le capacità linguistiche in suo possesso, poteva scriverlo diversamente, a mio parere. Mi ha fatto storcere un po'... tutta la faccia. :boh:
Quindi come catalogare Nabokov? Che dire di lui?
Il critico come il buffone dell'intellettuale accademico. Un temerario che decide di esporre le proprie opinioni circa la sua opera. Nabokov, tra l'altro, non ha mai nascosto il suo disprezzo per la categoria. Io credo che questo lo abbia fatto, possibilmente, rimanere nell'ombra più di quanto forse meritasse. A parte Lolita, per quale altra opera conoscete Vladimir Nabokov? Ma, ehi, cazzi suoi no?
In Lolita, Humbert, mi sembra, non è che non abbia gli stessi desideri di qualsiasi uomo, ma ha anche altro. Cerca, anela alla bellezza irraggiungibile, a ciò che è bello proprio perché irraggiungibile. E anche qui torna il fatto della distanza, la sensazione che dicevo prima di non lasciare avvicinare il lettore più di tanto. E oltre a ciò, ci sono dei piccoli giochi di parole che, sebbene io abbia cercato di decifrare, non ho capito.
Allora, io ho anche la versione in inglese in pdf e ci sono degli scambi di lettere che in inglese cambiano le parole, ma in italiano non so che senso possano avere. Per esempio (in maiuscolo le lettere invertite):
"what the Katter with the Misses; show Wight Ray" che vengono tradotte con:
"perché Bon mi Naci?" e "fammi vedere Fome si Ca". Le avrete notate anche voi che avete letto Lolita con me in occasione del minigruppo.
Ci sono parole nascoste. In una frase in francese: "ne manque pas de dire à ton amant, Chimène, comme le lac est beau car il faut qu'ilt'y mène" c'è Quilty! :?
Ora smetto. Sarebbe ora! Direte voi

Non so cosa voglia dire tutto questo. Non so se Nabokov esagerava, se si era montato la testa. Penso però che NON abbia scelto, per Lolita, un argomento così scottante perché sapeva che avrebbe suscitato scandalo e avuto successo. Ricordiamoci in che anni eravamo. Non credo l'abbia fatto apposta. Secondo me ha beccato in pieno qualcosa che in quel momento, in quei tempi, ha colpito l'opinione pubblica e il mondo della letteratura con tal forza che tutti si sono voltati a guardare. Capita eh!