Leggo sempre con molto piacere i lavori di Zerocalcare sul suo blog, e dopo aver affrontato una sua opera più completa, Kobane Calling, ero molto curiosa di recuperare anche altri suoi libri. Ebbene, ho aspettato diversi giorni per decidermi a scrivere questo commento, semplicemente perché non volevo ammettere di essere rimasta un po' delusa. Sia chiaro, “Dimentica il mio nome” mi è piaciuto, e anche tanto, però ci sono delle cose che hanno continuato ad opporre resistenza, e per quanto io avrei voluto davvero apprezzare in maniera incondizionata questo volume, preferisco essere sincera.*
Il punto è che, per quanto non sia esattamente una sua lettrice accanita, a me Zerocalcare sta proprio simpatico. Non lo so, così a pelle, mi piace. Mi piace quello che disegna e come lo disegna, e insomma, le sue strisce sono una di quelle cose che vado a cercare quando voglio qualcosa che mi raddrizzi un pochino la giornata. E insomma, quando ho cominciato a capire che in questo volume non tutto mi stava convincendo nella maniera giusta ci sono rimasta un po' male, ma non tanto principalmente per il fatto che io non stessi leggendo qualcosa di straordinario (del resto, non ci ho né speso soldi - grazie, biblioteche - né ci ho buttato via troppo tempo, dal momento che un fumetto del genere di divora in qualche ora), ma proprio perché mi dispiace non apprezzare del tutto il lavoro di una persona che mi sta simpatica. Un po' come se si trattasse dell'opera di un amico. Il che è un po' assurdo, dal momento che si tratta semplicemente di un fumettista che leggo ogni tanto, non certo un amico né un pilastro del mio mondo letterario (non è certo come se scoprissi che l'ultimo romanzo di Marìas non mi piace, ecco), ma soprattutto non mi ha deluso poi così tanto.
Lo so, questo commento si sta rivelando molto più confuso di quanto avrei voluto, ma del resto in questo periodo sono io ad essere estremamente confusa, su tutto, ma chissà che non riesca a mettere in ordine le cose.
Mettiamola così: quello che mi è sempre piaciuto di Zerocalcare è il suo riuscire a parlare di argomenti molto seri, o anche solo moderatamente importante, in maniera intelligente ma leggera, giocando anche su tutto un immaginario che anche solo dopo poche strisce il lettore arriva a conoscere, e che ritrova piacevolmente, quasi fosse un angolo confortevole. E fin qui tutto bene, è una cosa che mi piace e che l'autore sa dosare molto bene, e che in più è diventato proprio un tratto distintivo. Insomma, se leggessi 300 pagine di Zerocalcare senza mai sentir nominare i Cavalieri dello Zodiaco o l'Uomo Tigre e via dicendo, molto probabilmente sentirei la mancanza di qualcosa. Al tempo stesso, ho apprezzato veramente tantissimo l'impianto molto più impegnativo e narrativo di questo fumetto: l'elaborazione del lutto, lo scavare nella storia della sua famiglia, il modo in cui ha deciso di rappresentare questo passato, davvero, mi è piaciuto molto. E mi ha commossa immensamente, perché piacerebbe anche a me saper raccontare così bene la mia nonna materna, e perché certi passaggi mi hanno riportata alla me sedicenne che per la prima volta provava a fare i conti con il lutto, e lo ha fatto con molta dolcezza e rispetto.*
E in effetti, mentre leggevo e subito dopo aver concluso la lettura pensavco solamente a questo, e mi sembrava che tutto scorresse perfettamente, senza intoppi. E' stato solo a lettura conclusa, ripensandoci meglio, che qualcosa ha cominciato a non girare perfettamente. Il punto è che tutto quell'impianto di armadilli, personaggi di cartoni animati e battute hanno cominciato a diventare un po' una zavorra: va bene sdrammatizzare, va bene usare espedienti esterni per richiamare velocemente alla mente del lettore tutta una serie di scenari e sensazioni, ma ad un certo punto, insomma, bisogna anche imparare a dormire dove è necessario farlo, senza l'Orso Pisolone, ecco. Mi è come sembrato che Zerocalcare ad un certo punto cominciasse a disegnarsi addosso, quasi non avesse il coraggio di gettarsi completamente in una narrazione che invece avrebbe avuto una grandissima potenzialità, come se fosse un po' ingabbiato dal suo solito modo di fare fumetti.
E lo so, l'ho detto proprio io poche righe fa, che probabilmente se leggessi Zerocalcare senza tutti i suoi personaggi sentirei la mancanza di qualche cosa, eppure qui li ho avvertiti come una zavorra. Li ho trovati spesso poco spontanei, forse.
Non lo so, di certo si tratta comunque di una bella lettura, ma al tempo stesso mi rendo conto che proprio quello che di solito apprezzavo maggiormente in Zerocalcare qui mi ha un po' infastidita.
Forse sto semplicemente invecchiando.*