camillamancata
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Il peso delle parole. Sembra quasi una frase fatta ma adesso più che mai mi accorgo di quanto questa frase parli di me!
Era bella la mia infanzia. Vivere tutti insieme in campagna, tanti fratelli, tanti cugini. Era divertente sedersi sulle loro gambe a 4 anni, lo era meno quando ne avevo dieci..
Zitta lo hai inventato. Vergognati a pensare queste cose. Sei un diavolo, vuoi rovinare la nostra famiglia. Che vergogna. Zitta, zitta, zitta.
Mio padre era buono, dolce, non mi ha mai dato uno schiaffo, mi diceva solo: non deludermi.
Ed io provavo a non deluderlo. Sorridevo quando avrei voluto piangere, studiavo ed ero la prima della classe. Ero dritta in piedi ad aspettarlo quando i lividi alle gambe mi facevano male, ma sorridevo e stavo zitta!
Quando per la prima volta ho capito che quello non era affetto ed io non ero la piccola cugina ero grandicella. Avrò avuto 9 anni e mi feci la pipì addosso. Corsi via in bagno per cambiarmi ma mia madre mi vide e volle entrare. Cosa è successo? Poi guardò i pantaloni e capì. Mi diede uno schiaffo così forte che mi fischiarono le orecchie e la mia testa andò a sbattere contro il mobile che usavo per chiudere la porta. Sì, perché a me non bastavano le chiavi quando ero in bagno, spostavo anche un mobile davanti alla porta. Provai a dirgli che avevo avuto paura. Mi era saltato addosso all’improvviso e provava ad abbassarmi i pantaloni, ed era stato all’ora che mi ero fatta la pipì addosso. Li si era spostato perché non capiva cosa stesse succedendo ed io ero corsa via. Sento ancora le sue risate dietro di me mentre scappo. Zitta, Zitta.. vergognati, parlare così di tuo cugino che ti vuole tanto bene, che gioca sempre con te. Io mi vergogno di te e delle cose che dici. Se lo sente tuo padre morirà di vergogna per te! Il peso delle parole!
Ho dodici anni e mi sono convinta di essere io il male. Non esco più scappo se incontro qualcuno. Sono il male. Sono le tenebre e devo stare zitta. Nessuno saprà delle violenze, delle offese del dolore che provo. Sto zitta e studio.
A scuola l’insegnante di lettere mi chiede se va tutto bene ed io fingo sorrido e dico: ho una vita perfetta.
Ti odio mamma con tutta me stessa. Ti odio perché mi hai costretta a pensare che io fossi cattiva, ti odio perché non mi hai lasciato la possibilità di farmi difendere da mio padre. Ti odio perché mi hai convinta che ero una poco di buono… e questo sono stata per tutta l’adolescenza!
Non valevo niente e come tale mi consideravo.
Oggi so che sei tu quella che non vale niente. E la parola zitta non mi farà più male
Era bella la mia infanzia. Vivere tutti insieme in campagna, tanti fratelli, tanti cugini. Era divertente sedersi sulle loro gambe a 4 anni, lo era meno quando ne avevo dieci..
Zitta lo hai inventato. Vergognati a pensare queste cose. Sei un diavolo, vuoi rovinare la nostra famiglia. Che vergogna. Zitta, zitta, zitta.
Mio padre era buono, dolce, non mi ha mai dato uno schiaffo, mi diceva solo: non deludermi.
Ed io provavo a non deluderlo. Sorridevo quando avrei voluto piangere, studiavo ed ero la prima della classe. Ero dritta in piedi ad aspettarlo quando i lividi alle gambe mi facevano male, ma sorridevo e stavo zitta!
Quando per la prima volta ho capito che quello non era affetto ed io non ero la piccola cugina ero grandicella. Avrò avuto 9 anni e mi feci la pipì addosso. Corsi via in bagno per cambiarmi ma mia madre mi vide e volle entrare. Cosa è successo? Poi guardò i pantaloni e capì. Mi diede uno schiaffo così forte che mi fischiarono le orecchie e la mia testa andò a sbattere contro il mobile che usavo per chiudere la porta. Sì, perché a me non bastavano le chiavi quando ero in bagno, spostavo anche un mobile davanti alla porta. Provai a dirgli che avevo avuto paura. Mi era saltato addosso all’improvviso e provava ad abbassarmi i pantaloni, ed era stato all’ora che mi ero fatta la pipì addosso. Li si era spostato perché non capiva cosa stesse succedendo ed io ero corsa via. Sento ancora le sue risate dietro di me mentre scappo. Zitta, Zitta.. vergognati, parlare così di tuo cugino che ti vuole tanto bene, che gioca sempre con te. Io mi vergogno di te e delle cose che dici. Se lo sente tuo padre morirà di vergogna per te! Il peso delle parole!
Ho dodici anni e mi sono convinta di essere io il male. Non esco più scappo se incontro qualcuno. Sono il male. Sono le tenebre e devo stare zitta. Nessuno saprà delle violenze, delle offese del dolore che provo. Sto zitta e studio.
A scuola l’insegnante di lettere mi chiede se va tutto bene ed io fingo sorrido e dico: ho una vita perfetta.
Ti odio mamma con tutta me stessa. Ti odio perché mi hai costretta a pensare che io fossi cattiva, ti odio perché non mi hai lasciato la possibilità di farmi difendere da mio padre. Ti odio perché mi hai convinta che ero una poco di buono… e questo sono stata per tutta l’adolescenza!
Non valevo niente e come tale mi consideravo.
Oggi so che sei tu quella che non vale niente. E la parola zitta non mi farà più male