Marìas, Javier - Un cuore così bianco

Simenon

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UN CUORE COSI' BIANCO - Javier Marìas

Trama. Nel corso di un pomeriggio ozioso ed accaldato in una camera d'albergo a Cuba, mentre la moglie dorme per un lieve malore, il protagonista Juan si trova a riflettere su frasi isolate ascoltate nell'infanzia, su particolari insignificanti che riemergono dal limbo della memoria, e a ricomporre un quadro.
Juan è un interprete, come la sua compagna. E' figlio della seconda moglie di suo padre. La prima, sua zia, morì suicida, giovanissima, appena tornata dalla luna di miele. Juan racconta questo sua triste storia familiare alla donna, dimenticando che confidare un segreto è come aprire una porta che, dopo, non potrà più essere richiusa, per quanto follemente lo si desideri. I due tornano a Madrid e alle loro vite. Il presente continua a scorrere, il futuro a divenire presente, e il passato a tornare, rievocato dagli eventi. Il confronto con il padre, Ranz, vero eroe tragico della storia, avverrà svelando un segreto sigillato per decenni nel cuore di un uomo reso cauto dalla crudezza di un'esperienza lacerante.


Commento. Ognuno di noi ha segreti che appartengono solo a lui. Una relazione può sopravvivere alla rivelazione di un segreto? E cosa tiene unite due persone? Chi ha costretto per primo l'altro ad amarlo?
Un gioco di sottili ricostruzioni, di indagini psicologiche sui ricordi, sull'opportunità o meno di tacere, sul desiderio di conoscenza, sul lacerante tarlo del sospetto, sull'ostinazione di sapere a tutti i costi quando invece, forse, sarebbe meglio continuare a ignorare,.
«Ascoltare è davvero pericoloso, significa sapere»; sapendo, non si è più innocenti, come Lady Macbeth, a cui appartiene la definizione che dà il titolo al romanzo.
So che di Javier Marias, celebre scrittore spagnolo, molti preferiscono "Domani nella battaglia pensa a me"�. Eppure "Un cuore così bianco"� è una storia che ti entra nelle ossa, con dei personaggi fantastici, di cui vorresti sapere di più (uno su tutti Berta, l'amica newyorkese del protagonista). Si viene ipnotizzati e ci si ritrova in una Madrid stranamente piovosa in compagnia di una coppia che sta tarando la propria intimità, e allo stesso tempo tenta di risolvere un penoso mistero familiare.
Malgrado i temi principali del romanzo siano il segreto e la colpa, il libro è anche molto divertente, piacevole da leggere e per nulla palloso. Ciò è dovuto soprattutto al ritmo incalzante del racconto, all'abilità di Marias nel sedurre il lettore con una prosa a spirale, vorticosa, elegantissima senza per questo essere ostica.
Del resto è un romanzo, come molti di Marias, dove la parola è fondamentale (non per niente il protagonista, come sua moglie, lavorano come interpreti simultanei) ed è il linguaggio, più che la trama o la linearità della trama, a inchiodare il lettore alle pagine del libro.
Come lui stesso ha scritto "Esiste una zona d'ombra in cui solo la letteratura, e la lingua della letteratura, possono entrare. Non per illuminarla, ma per percepirne la complessità e l'immensità. Per ricordarci che c'è."
 
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francy

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Difficile scegliere tra Un cuore così bianco a Domani nella battaglia. Certo questi due libri sono quelli che per me sono i più riusciti di Marias. Uno scrittore che per me è fantastico. In questi due libri è riuscito a tenere insieme in maniera perfetta la trama con il filo dei pensieri e delle parole dove le cose degli uomini e delle donne continuamente devono trovare il modo di affrontare il mistero del Tempo. Grande libro davvero.
 

Simenon

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E meno male che avevate trovato il sistema per tramutare le vocali accentate, gli apostrofi e tutta la chincaglieria in caratteri comprensibili al cervello umano.
E meno male che c'era chi asseriva che sì...in fondo...si capisce benissimo...e certo...con la Stele di Rosetta, forse.

Ma poi cos'è quell'orrore della copertina nana, schiacciata....nella scheda libro? Che poi quale scheda? C'è solo la copertina.....dico io, non stava meglio dove l'avevo messa? E cioè all'inizio del post di presentazione del libro?
Oh povero me...cosa devono vedere questi occhi......:cry::cry::cry:
 

elena

aunt member
E meno male che avevate trovato il sistema per tramutare le vocali accentate, gli apostrofi e tutta la chincaglieria in caratteri comprensibili al cervello umano.
E meno male che c'era chi asseriva che sì...in fondo...si capisce benissimo...e certo...con la Stele di Rosetta, forse.

Ma poi cos'è quell'orrore della copertina nana, schiacciata....nella scheda libro? Che poi quale scheda? C'è solo la copertina.....dico io, non stava meglio dove l'avevo messa? E cioè all'inizio del post di presentazione del libro?
Oh povero me...cosa devono vedere questi occhi......:cry::cry::cry:

:?:?:?:?

Non riesco a decifrare questo commento........

In ogni caso, il libro a me è piaciuto molto. E' il primo libro che leggo di questo autore e devo dire che mi ha affascinato la sua capacità di giocare con le parole inserendole in un fiume di pensieri.
Mi sono pienamente ritrovata in questo perenne divagare della mente che analizza con molto realismo la vita che ci circonda, non disdegnado di mostrare anche le zone più oscure.
Sicuramente un autore da approfondire.
 

Wilkinson

Member
:?:?:?:?

Non riesco a decifrare questo commento........

In ogni caso, il libro a me è piaciuto molto. E' il primo libro che leggo di questo autore e devo dire che mi ha affascinato la sua capacità di giocare con le parole inserendole in un fiume di pensieri.
Mi sono pienamente ritrovata in questo perenne divagare della mente che analizza con molto realismo la vita che ci circonda, non disdegnado di mostrare anche le zone più oscure.
Sicuramente un autore da approfondire.

anche a me è piaciuto questo libro.... se posso consigliare Tutte le Anime, per me il suo più riuscito :)
 

ValeG

New member
Per me il primo libro di Marìas, ma ormai è una certezza l'acquisto della Trilogia sentimentale, che oltre a Un cuore così bianco, raccoglie Domani nella battaglia pensa a me e Tutte le anime.

Mi è piaciuto il modo di sviscerare la storia che ha utilizzato l'autore; a mio avviso, esalta ancora più quello che risulta essere il file rouge del romanzo: l'attesa. E' l'attesa che racconta nel continuo movimento di pensieri (davvero incessante) e che si insinua negli eventi narrati. L'attesa che si trovano a vivere, in un modo o nell'altro, tutti i personaggi che ci presenta e che il protagonista stesso vive, anelando il raggiungimento di un futuro che non sa più decifrare dopo quell'importante "Adesso".
 

velmez

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dopo Domani nella battaglia pensa a me (bellissimo) e gli Innamoramenti (un pochino meno) mi sono imbattuta in questo libro che mi è davvero piaciuto. Questo è il libro che vorrei aver scritto io se fossi una scrittrice (cosa che non sono e non voglio essere), ma, mai prima d'ora, mi era capitato di comprendere così bene la struttura di un libro e di immedesimarmi, senza tuttavia intuire gli intrighi prima che venissero svelati dall'autore.
leggerò sicuramente altro di suo!
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
La prima e ultima volta che avevo letto Javier Marìas, fino a questo momento, era stato con Domani nella battaglia pensa a me, che non solo mi era piaciuto, ma che avevo persino definito, se non ricordo male, uno dei più bei libri di letteratura contemporanea che avessi mai letto. Forse è per questo che ho aspettato tanto prima di leggere altro..
temevo che un secondo romanzo non avrebbe retto la “perfezione” del primo. Sì, perchè l’impressione che avevo ricevuto era stata quella di un libro “perfetto”, perfettamente costruito e narrato.
Ho iniziato quindi un po’ dubbiosa Un cuore così bianco, di cui comunque avevo letto recensioni positive. Ancora una volta il titolo si rifà a un’opera di Shakespeare, questa volta dal Macbeth: dopo che il protagonista si è macchiato le mani del sangue di Duncan, sua moglie gli dice “Le mie mani sono del tuo stesso colore, ma mi vergogno di avere un cuore così bianco”.
È l’autore stesso, per bocca del narratore, a spiegare il significato di questa frase: “Lei (ladyMacbeth) sa, lei si rende conto e questa è la sua colpa, ma non ha commesso il crimine per quanto se ne rammarichi o assicuri di rammaricarsene, macchiarsi le mani con il sangue del morto è un gioco, è una finta, un falso connubio con colui che uccide, poichè non si può uccidere due volte (...). Si assimila a lui e fa in modo che lui si assimili a lei, al cuore così bianco: non è tanto che lei condivida con lui la sua colpa in quel momento, quanto che faccia in modo che lui condivida con lei la sua irrimediabile innocenza, o la sua codardia”.

Ma... cosa c’entra Macbeth con questo romanzo che ha per protagonista Juan, un giovane traduttore e interprete, sposato da poco a una donna con cui condivide la professione, e la cui famiglia d’origine nasconde un segreto che lui stesso non desidera scoprire? C’entra perchè l’intero romanzo è plasmato, come materia viva, intorno ai concetti di “colpa”, “silenzio”, “segreto”, “condivisione di un segreto” e quindi “condivisione della colpa”. Essere al corrente di qualcosa, anche contro la nostra volontà, ci rende comunque responsabili? E mettere al corrente qualcuno, quindi, è pericoloso? “Le orecchie sono prive di palpebre che possano chiudersi istintivamente di fronte a ciò che viene pronunciato, non si possono proteggere da ciò che si presume stia per essere ascoltato, è sempre troppo tardi”.

Da questo dilemma ne nascono altri: solo ciò che viene effettivamente compiuto genera colpa? O anche ciò che non è “accaduto” ma è “narrato”? o persino la negazione della narrazione stessa, che è il silenzio, può essere altrettanto pericoloso?
Se così fosse, lady Macbeth sarebbe ugualmente colpevole di omicidio, ma non per aver condiviso l’atto fisico dell’uccisione, bensì per esserne venuta conoscenza e anzi, nel suo caso, averlo addirittura istigato.
La conoscenza di un fatto, e quindi la sua “narrazione”, assurgono alla stessa dignità del fatto stesso. Al contrario, il fatto, dopo essere stato narrato, perde di consistenza, quasi che il suo grado di “realtà” non dipendesse dall'essere accaduto, ma dal suo essere taciuto o raccontato.
Raccontare deforma, raccontare i fatti deforma i fatti e li altera e quasi li nega, tutto ciò che si racconta diventa irreale e approssimativo benché veritiero, la verità non dipende dal fatto che le cose siano o succedano, ma dal fatto che rimangano nascoste e non si conoscano e non si raccontino, appena si raccontano o si manifestano o si mostrano (...) passano a formare parte dell’analogia o del simbolo, e dunque non sono più fatti, ma si trasformano in riconoscimento.
La verità non riluce, come si dice, perché l’unica verità è quella che non si conosce e non si trasmette, quella che non si traduce con parole nè con immagini, quella celata e non controllata, forse per questo si racconta tanto o si racconta tutto, perché niente sia mai accaduto, una volta raccontato.


Insomma, l’interesse di Javier, come aveva già dimostrato nel suo precedente romanzo, è di indagare il rapporto fra storia e metastoria, e fra queste due e il concetto di “responsabilità”. Ecco un altro passaggio molto significativo: “A volte ho la sensazione che ciò che avviene è identico a ciò che non avviene, ciò che scartiamo o ignoriamo identico a ciò che afferriamo, ciò che sperimentiamo identico a ciò che non proviamo, tutta la vita passa e passiamo la vita a scegliere a rifiutare a selezionare, a tracciare una linea che separi quelle cose che sono identiche e faccia della nostra storia una storia unica da ricordare e da raccontare.

Nonostante ho qualche dubbio si sia capito qualcosa di ciò che ho scritto, ho preferito comunque spiegarvi quello che c’è dentro al romanzo, piuttosto che la sua trama. A proposito di quest’ultima, però, ci tengo a sottolineare un aspetto. Il romanzo parte in modo piuttosto avvincente: una donna (che poi si scopre essere la zia del narratore) si uccide con un colpo di pistola pochi giorni dopo essere tornata dal viaggio di nozze, e senza alcuna apparente spiegazione. Si tratta di un flashback, o per meglio dire di un evento che il protagonista ha appreso suo malgrado (“Non ho voluto sapere, ma ho saputo” è lo straordinario incipit).
Il romanzo poi prosegue, o sarebbe meglio dire “ricomincia” ambientato nel presente, ma si tratta di un susseguirsi di scene apparentemente scollegate le une dalle altre. Questo rende gran parte della lettura un po’ difficoltosa, frammentaria, persino noiosa in certi tratti. Non si capisce dove l’autore voglia andare a parare e quale sia la “storia madre” da cui le altre dipendono: l’episodio della ragazza cubana? Il primo incontro fra Juan e la sua attuale moglie? la vicende erotiche-sentimentali di una cara amica di Juan che vive negli Stati Uniti? O piuttosto il mistero che si cela dietro alla morte della famigerata zia, nonchè prima moglie di suo padre?

Solo verso la fine tutto torna perfettamente al suo posto, ed è per questo che ci tenevo a scriverlo, a costo di rendere questo commento un po’ troppo lungo. Marìas ha l’incredibile capacità di costruire una macchina complessa ma dagli ingranaggi perfetti. È come se ogni singola frase e ogni singolo episodio di questo romanzo avessero la loro ragione d’essere, e di essere lì e da nessun’altra parte. Ma gli incastri fra tutte le parti, l’intelligenza che sta dietro a questo affascinante meccanismo narrativo, saranno svelati totalmente solo alla fine, quando la risoluzione del “mistero” darà un senso a tutto ciò che è stato scritto.
Una bella sfida, un gioco di rimandi che rivela tutta la maestria dell’autore e lascia a noi il godimento di una storia magnificamente narrata.
 
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