166° MG - Inferno (Divina Commedia) di Dante Alighieri

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Credo che la parola "capolavoro" sia tra le più utilizzate.

Io penso che i capolavori che portiamo nel cuore debbamo essere pochi, pochissimi, diversamente si svuota di significato la portata assoluta del termine e tutto si riconduce ad una media poco equilibrata.

Detto questo, non ho difficoltà a dire che per me l'Inferno è un capolavoro tra i più alti prodotti dall'intera umanità.

Io e Momi ci addentriamo nella selva e chissà che alla fine di questo viaggio non si veda la luce.

ps: ben venga chiunque si voglia aggiungere ovviamente!
 

wolverine

New member
Ho letto l'inferno con più volentieri del paradiso, ma non ho mai capito una parte, magari voi riuscirete a illuminarmi come Virgilio. ..Dante scrive : amor che nulla amato amar perdona.....spiegazioni, please!
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Ho letto l'inferno con più volentieri del paradiso, ma non ho mai capito una parte, magari voi riuscirete a illuminarmi come Virgilio. ..Dante scrive : amor che nulla amato amar perdona.....spiegazioni, please!

Come per la maggiorparte delle terzine dell'Inferno, troverai in giro diverse interpretazioni.

Io mi attengo a quella che, nel mio piccolo, mi sembra la più corretta: premesso che per amore, qui, si intende quello tra uomo e donna, la terzina significherebbe che nessuna persona amata, veramente e nel profondo, non può non ricambiare il sentimento. Il verbo "perdonare" è da leggersi al pari del nostro "risparmiare". Quindi nessun amore (vero) "risparmierà" all'altro di amare a sua volta.

Ripeto che certamente troverai altre interpretazioni, che a volte si spingono fino a negare quelle tradizionali.

Bellissimo il canto V, il più bello per me, ci arriveremo.

Perchè non ti aggiungi al mini gruppo?
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Dante ha quasi 40 anni quando inizia a scrivere l’opera che lo terrà impegnato per due decenni.

Nelle terzine della Commedia mai niente viene lasciato al caso e alcune tra le interpretazioni che si sono fatte sono tra le più svariate. Io, che non sono un esperto, rimango vincolato per lo più a quelle più tradizionali.

Devo dire, però, che alcuni passaggi hanno fatto riflettere anche me, nel senso che mi sono trovato a pensare che forse Dante voleva dirci altro, o più probabilmente più cose insieme. Non ho mai creduto, però, che i suoi messaggi nascondessero chissà quali profezie o segreti. Dietro alle ingegnose figure retoriche della Commedia c'è semplicemente la volontà di nascondere alcune stoccate rivolte ai grandi della storia, alcuni tra loro vivi nel momento in cui Dante scriveva.

Se oggi tutti possono parlare male di Renzi e Berlusconi a viso scoperto, non così facile era per Dante criticare i suoi antagonisti, ghibellini, ma non solo.

E non dimentichiamoci che sono passati 700 anni, ragion per cui il suo linguaggio oggi ci appare difficile.

Avremo modo di parlare di tutto questo.

Spero vivamente che molti parteciperanno al gruppo, perché se è vero che la Divina Commedia può spaventare evocando gli allori nella testa di Dante, assicuro tutti quelli che non l’hanno mai affrontata che l’opera è quanto meno meritevole. E non è per niente difficile, basta solo affidarsi a buone parafrasi, poi via via farsi una propria opinione in merito a ciò che Dante voleva dirci.

Il suo, per l’epoca, non era un linguaggio oscuro, ma solo leggermente velato, in alcuni punti, da piccoli giochi e metafore. Dante Alighieri era un intellettuale fortemente inserito nella vita politica sociale del suo tempo. E, tra l’altro, era un bel bischero, antipatico e non proprio socievolissimo.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la via diritta era smarrita.”

La prima terzina, che ormai recitiamo come una sorta di spot pubblicitario, è splendida. Non mi colpisce tanto il fatto che Dante attraversi una sorta di “crisi di mezza età” e di conseguenza si perda in una selva di pensieri apparentemente inestricabile, cosa che di per sé è piuttosto comune. Quello che mi ha sempre fatto riflettere è che dica che lui si è perso, ma il cammin è di tutti. Non scrive di essersi perso a metà della sua vita, ma a metà della nostra, come se lui fosse una sorta di novello Gesù Cristo e si facesse carico di portarci fuori, tutti quanti, dal buio.

Ma prima di uscirci, dal buio, bisogna entrarci.
 
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momi

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I Canto

Inizia il viaggio, Dante si cala nella duplice parte di personaggio-autore e in questo primo canto introduce il piano della sua opera: il cammino suo (e di tutti noi: la nostra vita) dal peccato alla salvezza eterna.
Ma io credo che Dante sia veramente convinto di avere un messaggio più ampio e una morale da trasmettere ai suoi contemporanei (e forse, nella sua umiltà, anche ai posteri), e che non si sia tolto qualche sassolino dalle scarpe, anche se non è proprio stato gentile con alcuni suoi conoscenti. :mrgreen:

Del primo canto mi colpisce sempre la descrizione della lupa famelica, e nella mia mente me la vedo sempre anche con le mammelle cadenti delle cagne magre e affamate, anche se questo nel canto non c'è!
"ed una lupa,che di tutte brame
sembiava carca nella sua magrezza,
e molte genti fè già viver grame
...................
e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo 'l pasto ha più fame che pria."

:ad:
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Inizia il viaggio, Dante si cala nella duplice parte di personaggio-autore e in questo primo canto introduce il piano della sua opera: il cammino suo (e di tutti noi: la nostra vita) dal peccato alla salvezza eterna.
Ma io credo che Dante sia veramente convinto di avere un messaggio più ampio e una morale da trasmettere ai suoi contemporanei (e forse, nella sua umiltà, anche ai posteri), e che non si sia tolto qualche sassolino dalle scarpe, anche se non è proprio stato gentile con alcuni suoi conoscenti. :mrgreen:

Del primo canto mi colpisce sempre la descrizione della lupa famelica, e nella mia mente me la vedo sempre anche con le mammelle cadenti delle cagne magre e affamate, anche se questo nel canto non c'è!
"ed una lupa,che di tutte brame
sembiava carca nella sua magrezza,
e molte genti fè già viver grame
...................
e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo 'l pasto ha più fame che pria."

:ad:

una lupa che fa vivere le propre genti con "gramezza" e che, insaziabile, quando ha finito di cibarsi ha più fame di prima
 

momi

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Canto I Parafrasi

A metà del cammino della vita umana
mi ritrovai in una buia boscaglia
perché avevo smarrito il giusto percorso.
Ahimé, non è affatto facile descrivere
questo bosco inospitale, impervio e difficile,
del quale il solo pensiero mi fa tornare la paura!
[la selva] È tanto angosciante quasi quanto la morte;
ma per dire ciò che di buono lì incontrai,
parlerò [prima] delle altre cose che lì ho viste.
Io non so descrivere il modo in cui vi entrai
dato che il mio torpore era tale in quel momento
che mi ero allontanato dalla via vera.
Ma dopo che arrivai alle pendici d'un colle,
la dove finiva quel bosco
che mi aveva riempito il cuore di paura,
alzai gli occhi e vidi le sue pendici
già illuminati dai raggi di quel pianeta [il Sole]
che guida ciascuno sulla giusta via.
Allora si calmò un poco quella paura
che mi era rimasta nel profondo del cuore
durante la notte trascorsa nel dolore.
E come colui che con respiro affaticato,
scampato dal mare e arrivato alla spiaggia, si rigira
verso lo specchio d'acqua pericoloso e [lo] guarda;
Allo stesso modo il mio animo, che ancora fuggiva,
si girò indietro a guardare il tragitto [la selva],
che non lasciò uscire mai nessun vivo.
Dopo che riposai per un po' il corpo stanco,
ripresi il cammino lungo il pendio deserto [del colle],
scalando la salita.
E d'improvviso, quasi all'inizio del pendio,
[arrivò] una lince (o leopardo) agile e molto veloce,
dal pelo maculato;
che non si scansava da davanti a me,
e bloccava il mio cammino a tal punto
che più volte mi voltai per tornare indietro.
Era il principio del mattino,
e il sole saliva in quella [stessa] costellazione
in cui si trovava, quando Dio
cominciò a muovere i corpi celesti;
per cui mi dava ragione di non temere
quella belva dalla pelle maculata
l'ora in cui [essa] comparve e la bella stagione;
finché non mi spaventò
la presenza improvvisa di un leone.
Questo sembrava procedere contro di me
superbo e affamato,
al punto che sembrava far tremare l'aria.
Ed una lupa, che di tutti i desideri
sembrava carica nella sua magrezza,
e già fece vivere molti popoli in miseria,
questa vista mi trasmise tanta angoscia
per la paura che mi diede la sua comparsa,
che persi la speranza di arrivare in cima.
E come [avviene a] colui che volentieri accumula denaro,
arriva il momento che lo fa perdere,
al punto che nell'animo si rattrista e piange;
così mi ridusse la belva che non ha pace,
la quale, venendomi incontro, pian piano
mi respingeva là dove non arriva il sole.
Mentre ero ricacciato a forza in basso
mi si offrì alla vista colui che
per un lungo silenzio era rimasto sfuocato.
Quando lo vidi nella grande spiaggia vuota
“Pietà di me”, gli gridai,
“chiunque tu sia, fantasma o uomo vero!”
Mi rispose: “Non sono un uomo, uomo lo fui già,
e i miei genitori furono lombardi,
entrambi di Mantova.
Nacqui sotto Giulio Cesare, ma troppo tardi,
e vissi a Roma durante il regno del buon Augusto,
all'epoca degli dei finti e impostori.
Fui un poeta, e scrissi di quell'uomo giusto
figlio di Anchise che arrivò da Troia,
dopo che la superba Ilio venne bruciata.
E tu, perché ridiscendi a tanta pena? (questa sembra un’incongruenza, Virgilio sa che Dante non può salire il colle; è stato mandato apposta da Beatrice per fargli da quida!)
Perché non scali il felice colle
che è principio e causa di tutte le gioie?”
“Sei tu dunque quel Virgilio e quella fonte
che spande un fiume così ricco di parole?”
Gli risposi con volto umile.
“Oh, gloria e luce per gli altri poeti,
mi serva l'assiduo studio e il forte amore
per il quale ho cercato le tue opere.
Tu sei il mio maestro e il mio autore [di riferimento],
da te solo ho tratto
lo stile eletto per cui sono conosciuto.
Guarda la belva per cui mi voltai indietro
salvami da lei, celebrato poeta,
poiché questa mi fa tremare le vene e i polsi.”
“Ti conviene intraprendere un itinerario diverso”
rispose, dopo che mi vide piangere,
“se vuoi uscire da questo luogo selvaggio:
Poiché questa belva, a causa della quale tu gridi,
impedisce a tutti di attraversare la sua via,
e blocca chiunque fino a ucciderlo;
e ha una natura così perversa e colpevole,
che non riempie mai il suo desiderio ansioso,
e dopo essersi cibata ha più fame di prima.
Sono molti gli uomini a cui si lega,
e ce ne saranno ancor di più, finché arriverà il Veltro,
che la farà morire con dolore.
Costui non tratterà né terra, né denaro,
ma sapienza, carità e virtù,
e nascerà tra feltro e feltro.
Sarà la salvezza di quella umile Italia
per la quale morì la vergine Camilla,
Eurialo, Turno e Niso per le ferite.
Costui la caccerà di città in città
finché non l'avrà ricacciata nell'Inferno,
da dove la prima l'invidia la fece uscire.
Per cui, riguardo te, penso e comprendo sia meglio
che tu mi segua e io ti sia guida,
portandoti da qui nell'oltretomba,
dove sentirai le urla senza speranza,
osserverai i vecchi spiriti sofferenti,
che gridano per la morte dell'anima;
e vedrai coloro che appaiono contenti
nel dolore, perché hanno la speranza
di accedere nel tempo al regno dei beati.
A cui poi se tu vorrai accedere,
ti porterà un'anima più degna di me:
quando me ne andrò ti lascerò a lei;
poiché quell'Imperatore che regna lassù,
per via del fatto che fui ribelle alla sua dottrina,
mi vieta di entrare nel suo Regno.
[Dio] regna in ogni luogo e qui dimora;
questa è la sua città e il suo trono:
felice è colui che viene chiamato nel suo Regno!”.
Ed io gli dissi: “Poeta, io ti chiedo per quel Dio
che tu non avesti modo di conoscere
affinché io mi allontani da questo male e dalla dannazione,
che tu mi conduca là dove dicesti,
affinché io veda le porte del Paradiso
e coloro i quali tu descrivi tanto tristi”.
[Virgilio] allora si mise in cammino, ed io lo seguii.
 

Tanny

Well-known member
Sarà un capolavoro e su questo non ci piove, ma con questa opera a scuola mi hanno torchiato non poco, mi vengono i brividi solo a pensarci :paura:
 

momi

Member
la scuola ha fatto dei danni enormi, ma con un poco d'impegno il trauma va elaborato e superato :D
unisciti al gruppo!
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Dante ci tiene a farci sapere, e da subito, che la condizione in cui si trova è terrificante e che il cammino che lo aspetta non sarà da meno.

Immediatamente dopo, però, ci dice una cosa del tutto inattesa: dice che troverà del "bene" durante il suo cammino, nonostante sarà costretto a vedere gente martoriata per l’eternità dalle peggiori torture.

A me pare di capire che Dante ci dica che questo bene arriverà anche “dentro l’inferno” stesso e non solo, come preventivabile, alla fine del tunnel.

La morale è semplice; la vita può essere fatta di momenti tragici, che, però, se affrontati a dovere possono tramutarsi in opportunità di crescita e, addirittura, di gioia.

Quanto sono più belle le stelle riviste dopo un tunnel, proprio quelle stesse stelle che prima di entrarci, nel tunnel, magari non vedevamo!

La Commedia è un racconto per allegorie, vale forse la pena ripetere la simbologia nascosta dietro i tre animali. La lonza, sinuosa e accattivante, rappresenta la lussuria che, assieme al leone (la superbia) sono i due vizi capitali secondo l’autore peggiori, quelli che possono portare l’uomo alla rovina, spirituale e materiale.

Addirittura peggio è la lupa, animale terrificante che viene presentata con toni esasperati, una bestia immonda che fa quasi desistere Dante dal proseguire il suo viaggio.

La lupa rappresenta l’avarizia, un animale che non cessa mai di cibarsi e che nasconde il vizio capitale di quella Chiesa contro la quale Dante si scaglierà con veemenza anche nel proseguo della sua opera.

Sappiamo quanto Dante fosse inserito nei giochi politici del suo tempo e quanto fosse contrario alle ingerenze della Chiesa negli affari dell’Impero. Credo che il motto di Dante, se fosse vissuto qualche secolo più tardi, sarebbe stato “libera Chiesa in libero Stato”.

Se alla maggior parte delle terzine dantesche sono date interpretazioni su basi storiche, quella del veltro (una sorta di cane da caccia) non ha mai avuto riscontri univoci. Anche perché si tratta di una vera e propria profezia, cosa che, credo (ma potrei sbagliare) è caso unico nella Divina Commedia.

ps Momi, quando vuoi posto il canto 2.
 
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momi

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vorrei solo aggiungere una cosa: la divina commedia ha molti piani di lettura ed è anche un poema molto complesso dal punto di vista teologico e filosofico, ma non vorrei dimenticare che è anche un poema molto bello, e in alcune terzine la poetica raggiunge quasi la perfezione;
io proporrei di riportare anche la nostra terzina favorita (o le terzine) per ogni canto; io ho già indicato la parte della lupa come la mia.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
ottima proposta!

La mia terzina del primo canto è quella della speranza.

Tant' è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte
.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Parafrasi canto 2


Il giorno se ne andava e mentre il tramonto
toglieva gli animali dalle loro fatiche
io solo mi preparavo ad affrontare
il cammino angoscioso che la mia mente
vi racconterà senza mentire.

Muse e ingegno aiutatemi;
mente mia, nel descrivere i fatti
capiremo se veramente sei nobile.

Dissi a Virgilio: “Poeta che mi guidi,
valuta se io sia così virtuoso da poter
condurre questo viaggio
Tu dici che Enea, ancora in vita,
fece questo stesso viaggio
Dio fu cortese nei suoi confronti
perché sapeva cosa sarebbe diventato in futuro
e infatti fu tra i fondatori di Roma e del suo impero
che poi fu sede della Chiesa e
stabilita come luogo santo
dove siede il successore di Pietro
durante questo viaggio di cui tu mi parli
egli (Enea) capì cose che furono poi la sua ragione
di vittoria e ragione della nascita della Chiesa
andò nell’aldilà anche il prescelto (San Paolo),
per confortare quella fede
indispensabile alla salvezza
Ma per quale motivo io dovrei fare lo stesso viaggio?
Chi me lo concede?
Non sono né Enea né San Paolo
e nessuno mi crede tanto degno
Qualora dovessi decidermi al viaggio,
potrebbe essere una follia.
Sei saggio; capiscimi, adesso che fatico a ragionare.”

E come colui che non vuole più ciò che voleva
e per nuovi pensieri cambia idea
così io posi fine al voler cominciare il viaggio
perché pensando alla selva oscura
così a lungo era come se l’avessi già attraversata.

Virgilio disse “Se ho capito bene”, rispose
il magnanimo nell’ombra,
“la tua anima è offesa da quel sentimento di viltà
che troppo spesso opprime l’uomo facendolo desistere dalle onorevoli imprese
proprio come se una bestia vedesse un’ombra.
Affinché tu possa liberare te stesso da questi dubbi
ti spiegherò perchè sono venuto qui
e per quale motivo per prima cosa ho provato dolore per te.
Io ero tra coloro che son sospesi (limbo)
quando mi chiamò una donna così bella e beata
che le chiesi subito di comandarmi.
I suoi occhi erano più lucenti delle stelle
e cominciò a parlarmi dolcemente
e con una voce che sembrava quella di un angelo.
“O nobile anima mantovana
la cui fama ancora nel mondo dura
e durerà quanto il mondo stesso,
il mio amico che mi amò tanto profondamente (Dante)
è fermo presso la selva deserta e
si è voltato indietro per la paura.
Temo che si sia smarrito così tanto
che il mio soccorso potrebbe essere tardivo
per quel che mi è stato riferito di lui in cielo.
Ora va', con la tua parola ornata
e con tutto ciò che possa essergli d’aiuto
così che io possa essere tranquilla.
Io ,che ti chiedo di andare, mi chiamo Beatrice
vengo da dove desidero tornare (paradiso)
e l’amore mi ha mosso e fatto parlare.
Quando sarò davanti a Dio
loderò spesso il tuo nome”.
Poi tacque e io le risposi:
“O donna virtuosa, l’unica per cui
la specie umana si fa contenta oltre misura
le tue richieste mi aggradano così tanto che
anche qualora avessi già ubbidito sarebbe comunque tardi.
Non devi far altro che dirmi ciò che vuoi,
spiegami il motivo per cui non hai paura
di scendere qui all’inferno
dall’ampio luogo nel quale desideri tornare”.
“Visto che tanto vuoi sapere
ti dirò brevemente”, mi rispose
“perché non temo di venire qui:
si devono temere solo quelle cose
che hanno il potere di farci del male,
ma le altre no, non devono far paura.
Io sono stata concepita da Dio
in modo che la vostra miseria non mi tocchi
e in modo che le fiamme di quest’incendio non mi assalgano.
Nel cielo c’è una donna nobile (Maria) che compiange
l’impedimento che io ti chiedo di risolvere.
Maria chiese di parlare a Lucia
e le disse “Ora il tuo fedele
ha bisogno di te e a te io lo raccomando,
Lucia, nemica di ogni crudele”.
Si mosse e venne nel luogo in cui ero
seduta a fianco dell’antica Rachele.
Mi disse “Beatrice, lodata da Dio,
perché non soccorri colui che così tanto ti amò
e per te uscì dalla volgare schiera?
Non senti l’angoscia del suo pianto?
Non vedi la morte che egli combatte
in quella fiumana dove nemmeno il mare avrebbe la meglio?”.
Al mondo non ci furono persone tanto rapide
a conseguire il proprio vantaggio fuggendo il loro danno
quanto me dopo aver udito quelle parole.
Scesi dal mio beato scranno
fidandomi delle tue parole oneste
le quali onorano te e chi ti ha udito”.
Dopo che ebbe detto questo
girò gli occhi piangenti
la qual cosa mi decise a fare presto
e venni da te, così come ella volle.
Ti levai dalla lupa
che ti impediva di salire al bel monte.
Dunque: perché decisi di restare al tuo fianco?
Perché hai nel cuore tanta viltà?
Perché non hai ardire e determinazione?
Considerando che hai tre donne benedette
che si curano di te nella corte del cielo
e che le mie parole così tanto ti promettono?”

Così come dopo il gelo notturno i fiorellini
piegati e chiusi, ai primi raggi del sole
Si drizzano aperti sul loro stelo,
così feci io con la mia vecchia virtù
e sentii un fuoco dentro al cuore.
Iniziai a dire, da persona rinvigorita che ero:
“Oh pietosa colei che mi ha soccorso!
E tu così gentile che le hai prontamente ubbidito!
E come sono vere le sue parole!
Tu hai ben disposto il mio cuore
con le tue parole
tanto da farmi tornare al mio primo proposito.
Ora va, che entrambi vogliamo la stessa cosa:
tu, guida, tu, signore, tu maestro”.

Così gli dissi e dopo che si fu mosso
cominciai il cammino periglioso.
 

momi

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commento Canto II

Dante in questo secondo canto, completa il prologo con la giustificazione religiosa del suo viaggio. Dante come Enea (figura mitica e pagana) e come San Paolo (apostolo e martire), scende agli inferi e il suo viaggio è voluto da tre donne benedette che si contrappongono alle tre fiere del primo canto. Dante a parte l’affermazione di falsa modestia “Io non Enea, io non Paulo sono: me degno a ciò né io né altri crede”, in realtà ci sta dicendo che proprio lui è destinato dalla provvidenza a compiere il viaggio e a vestire i panni di un nuovo profeta “l’annunciatore del Veltro”.
Chissà se poi Dante ci credesse davvero a questa sua missione, o se sia solo una finzione letteraria!
Detto per inciso, mi fa sempre sorridere pensare alle tre benedette donne del paradiso che si comportano come delle comari di paese: Maria che chiede a Lucia di aiutare Dante e questa va da Beatrice, che sta chiacchierando con Rachele, dicendogli che il suo antico ammiratore si trova nei guai e di far qualcosa per soccorrerlo
 

momi

Member
Canto II

solo un secondo breve commento:

In questo canto è interessante notare l’introduzione di un tema che sarà presente in tutto l’inferno: l’ uso di figure leggendarie e mitologiche e di personaggi storici (e spesso conosciuti personalmente da Dante), entrambi con lo stesso valore e spessore; come se Dante voglia sottolineare l’importanza del fatto, o del peccato, descritto e non tanto il personaggio usato come esempio.
Certo alcuni personaggi storici vengono ritratti in maniera molto negativa, ma di cero l’intento di Dante è qualcosa di più che fare “gogna mediatica” di quelli che non gli piacevano!

E dato che sono qui riporto anche la mia terzina/e preferita, non tanto per la sua bellezza, ma perché descrive uno stato d'animo che ho provato più volte e che Dante descrive alla perfezione:

"E qual è quei che disvuol ciò che volle
e per novi persier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle,
tal mi fec' io in quella oscura costa,
perché, pensando, consumai la 'mpresa
che fu nel cominciar cotanto tosta."
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Potremmo dire che sia la Fede la protagonista di questo secondo canto, una Fede indispensabile all’uomo che voglia essere salvato.

Una Fede non immediata e non semplice, visto che il “lasciapassare” divino passa attraverso tre santità, non a caso tutte femminili. Maria, Lucia e in ultimo Beatrice. Tre donne che legavano l’autore al principio della Fede. Sappiamo che Dante aveva problemi agli occhi, per cui era devoto di Santa Lucia. Beatrice rappresenta evidentemente l’amore, mentre Maria non può che essere Colei che ha fatto partire “i primi soccorsi”.

Dante ha di nuovo dei dubbi, ma questa volta sono dubbi ragionati e non frutto di un brutto incontro.

Virgilio, che rappresenta la Ragione, lo fa appunto ragionare e lo fa parlandogli di Fede, cosa assai strana per i tempi nostri.

Fede e Ragione, questi sono i pilastri di Dante Alighieri.

Concordo sulla “falsa modestia” dell'autore che ci tiene a farci sapere che gli unici due suoi predecessori, furono niente meno che Enea e San Paolo. Dante era conscio della propria intelligenza e convinto di avere una missione da compiere.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Questa la mia terzina:

Poscia che m'ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto.


Beatrice ha appena terminato di spiegare a Virgilio i motivi della sua discesa dal Paradiso, quindi comincia a piangere distogliendo con grazia lo sguardo da quello di Virgilio. Pensare a Dante in quella situazione di estremo disagio la fa commuovere
Questa bellissima scena d'amore fa sì che Virgilio capisca l'urgenza del suo compito.
 

momi

Member
Questa la mia terzina:

Poscia che m'ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto.


Beatrice ha appena terminato di spiegare a Virgilio i motivi della sua discesa dal Paradiso, quindi comincia a piangere distogliendo con grazia lo sguardo da quello di Virgilio. Pensare a Dante in quella situazione di estremo disagio la fa commuovere
Questa bellissima scena d'amore fa sì che Virgilio capisca l'urgenza del suo compito.

era la mia seconda scelta, molto stilnovistica!
cercherò di postare il terzo il prima possibile.
 
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