Miller, Henry - Tropico del Cancro

siasiqueneau

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Una bibbia, assolutamente, per chi ama Parigi, la letteratura americana e gli americani che hanno scritto a Parigi negli anni d'oro cioè quando era un "grande letamaio".
Un capolavoro dei sensi. Tutto molto fluido, lascivo e incredibilmente pieno di ottimismo e noncuranza.
Un nota bene gigante per quanto riguarda le pagine in cui Miller descrive i quadri di Matisse: meglio di qualsiasi manuale di critica d'arte.

Bisous

Silvia
 

elisa

Motherator
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Non ho amato questo libro, che ho trovato senza capo nè coda. Credo che sia una di quelle opere che suscitano pareri molto controversi. Ho fatto molta fatica a leggerlo anche se credo vada letto proprio perchè ti si attacca addosso, in positivo o negativo.
 

Simenon

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Direi sopravvalutato. Ed estremamente datato. Vabbè che Miller...insomma...troppo rumore per nulla.
 

siasiqueneau

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Io adoro Miller come scrittore e come uomo, aveva una grande coltura, nonostante l'apperenza da "flaneur".
Mi piace l'atmosfera culturale della Parigi di quel periodo, quando era il centro del mondo. Retorica, banale, può essere. Però lì c'è stata una svolta, è cambiata l'arte, è cambiato il "movimento".
Tropico del Cancro rispecchia quel periodo, quello tra Picasso e l'Informale, l'ultima gloria di Parigi prima dell'egemonia artistica di New York, dunque fortemente simbolico.
Per me è stato coinvolgente, un flusso che travolge. Più che leggerlo occorrerebbe arginarlo. Mi ha lasciato senza parole, un amour fou e come tale è un fatto personale, e contestabile.

Ciao bellezze, fate i bravi me racumandi!
 
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siasiqueneau

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Sisisi me ne han parlato, credo sia dello stesso regista ce ha trasposto "l'insostenibile leggerezza dell'essere".

Grazie del coniglio.
:D
 

Masetto

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elisa ha scritto:
Non ho amato questo libro, che ho trovato senza capo nè coda. Credo che sia una di quelle opere che suscitano pareri molto controversi. Ho fatto molta fatica a leggerlo

simenon ha scritto:
Direi sopravvalutato. Ed estremamente datato. Vabbè che Miller...insomma...troppo rumore per nulla.

Concordo.

Secondo me contiene delle cose buone (per esempio riconosce che il sesso senza almeno un briciolo d'amore è pura ginnastica), ma sepolte in una marea di sproloqui (anche xenofobi) e scene inutili... :roll:
 
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swann

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Ho scoperto Miller guardando i film di Scorsese, che lo cita ripetutamente. In "Fuori Orario" il protagonista legge proprio "Tropico del Cancro" seduto in un caffè, attirando l'attenzione di Rosanna Arquette, che gli dice di adorare quel libro. In "Cape Fear" DeNiro cita "Sexus" a Juliette Lewis e gliene regala una copia.

Credo che sia difficile giudicare Miller da un unico libro, anche se Tropico del Cancro è la sua opera più famosa. I suoi libri sono una sorta di grande autobiografia romanzata, in cui, come giustamente è stato rilevato, si alternano momenti di illuminata ispirazione a deliri senza senso. Mi viene in mente ad esempio l'episodio del "trolley ovarico" di Tropico del Capricorno.
Tuttavia ho amato molto questo scrittore, anche se è da molto tempo che non rileggo un suo libro. Secondo me dalle sue pagine traspaiono una gran sincerità e un temperamento artistico autentico.

Riporto un passaggio del Tropico che all'epoca mi aveva entusiasmato:

"Mentre mi incamminai verso Montparnasse, decisi di lasciarmi andare alla corrente, di non fare la minima resistenza al destino, in qualsiasi forma si presentasse. Niente che m'era successo finora era bastato a distruggermi; nulla era andato distrutto, se non le mie illusioni.Io ero intatto. Il mondo era intatto. Domani poteva anche esserci la rivoluzione, l'epidemia,il terremoto; domani poteva non restare viva un'anima a cui volgersi per compassione, per aiuto,per fede. A me sembrava che la grande calamità si fosse già manifestata, che io non potevo esser più veramente solo che in quel preciso momento. Decisi che non mi sarei attaccato a nulla, che non avrei atteso nulla, che d'ora in poi avrei vissuto come un animale, una bestia da preda, un pirata, un predone. Bisogna intrufolarsi nella vita per mettere su carne. Il mondo deve diventare carne, l'anima ha sete. Su qualunque crosta mi si fermi l'occhio, io voglio piombarci sopra, e divorare. Se vivere e' il meglio che ci sia, allora voglio vivere, a costo di diventare cannibale. Finora ho cercato di salvare la mia pellaccia preziosa, ho cercato di conservare i pochi pezzi di carne che mi nascondono le ossa. Ne ho abbastanza. Ho raggiunto i limiti della sopportazione. Son con la schiena al muro; non posso ritrarmi più indietro. Ho trovato Dio, ma e' insufficiente: Io sono morto solo spiritualmente. Fisicamente sono vivo. Moralmente sono libero. Il mondo da cui mi sono staccato è un serraglio. Erompe l'alba su di un mondo nuovo, una giungla in cui gli spiriti magri vagano con artigli aguzzi. Se io sono una iena, sono una iena magra ed affamata: vado ad ingrassarmi".
 
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pigreco

Mathematician Member
Credo di andare controcorrente... Ho appena terminato questo libro e devo dire che non condivido i vari commenti in cui si parla di romanzo "sopravvalutato". Credo anzi che Tropico del Cancro sia giustamente compreso nella lista immaginaria dei classici immortali dello scorso secolo.

Ammetto che è stata dura superare le prime 100 pagine, la trama era sconclusionata e lo scorrere delle pagine era lento e talvolta noioso. Poi si è accesa una lampadina, ho cominciato a sentire una certa sintonia nei confronti del protagonista e nello stile narrativo di Miller. Sono cominciate ad essere numerose le pagine di riflessione, una riflessione profonda, ma di una profondità che raramente ho trovato in altri autori, soprattutto americani. Le scene di sesso particolarmente esplicite (e per questo volutamente non eccitanti) non disturbano e si capisce che sono necessarie alla particolare narrazione di Miller.

Alla fine restano le immagini di Parigi, le scorribande del protagonista e una morale paradossalmente positiva. Come dice Orwell nella postfazione, spesso questo testo è stato accostato al libro di Celine "Viaggio al termine della notte" (testo che peraltro ancora non ho avuto modo di leggere). La differenza è che quest'ultimo lascia un senso di amarezza, di impotenza dell'essere umano nei confronti della vita stessa. Miller ci racconta invece che si può vivere felicemente, in modo spensierato, e che la nostra felicità può non dipendere da quanti soldi abbiamo, talvolta nemmeno dalla certezza di due pasti caldi al giorno. E questo, che lo si condivida o no, è un bellissimo messaggio di speranza.
 

Wilkinson

Member
Forse l'unico libro di Miller che valga veramente la pena di leggere, un'opera importante, decisiva, eclettica. Descrive la vita nel suo flusso, nel suo scorrere: provate a leggerne due o tre pagine aprendo il libro a caso e vi accorgerete subito di quanto sia bravo, dell'intensità della sua prosa.
Poi nelle opere successive ha ripetuto il modello ma con molta meno forza, originalità e poeticità.
Ma questo è un libro che vale.
 

Denni

New member
Inizialmente non sono riuscita a portarlo avanti, mi sono fermata alle prime pagine riniziandolo, cercando di trovare chissà quale senso..quale ordine.
Solo ieri mi sono messa a rileggerlo, e non so come ho fatto, ma improvvisamente ho fatto parte anche io del suo flusso...mi ha completamente catturata.
Il pezzo che ha trascritto Swann l'ho trovato spettacolare anche io, e condivido il pensiero di Siasiqueneau riguardo alle pagine dedicate a Matisse, incantevoli!
Continuo a farmi travolgere!
 

Denni

New member
Oggi sono andata a rileggerne alcune parti, e anche se un pò in ritardo ne approfitto per completare il mio commento su questo capolavoro, visto che ero da quest'ultimo troppo catturata per farlo allora.

Questo libro per usare le stesse parole di Miller appunto, mi ha completamente stropicciata.
Non avevo mai letto qualcosa del genere, e credo che sia il libro che mi ha più incantato!
Sono totalmente daccordo con Lawrence Durrel che in una delle lettere della sua corrispondenza con l'autore
( presente alla fine del libro nell'edizione mondadori) parla del Tropico come un "fragoroso risveglio" che gli provocato un terremoto ed ha infranto il suo equilibrio scombussolando i suoi normali parametri di giudizio.
Una rivoluzione, e come tutte le rivoluzioni che si rispettino, è a tratti brutale e impetuoso.
Si scarta piano piano arrivando a cuore e midollo di un angelo, perchè non riesco a chiamare altrimenti un uomo che si mette a nudo così riuscendo a sentire il più leggero fremito nella pelle.
E' la cosa più naturale e sincera che ho letto, non passa dalle mani della menzogna e della corruzione.
Si rende conto di andare in brandelli tra le fauci della società ma riesce ad avere la mente lucida come non mai, una mente caleidoscopica e ardente.
 

Des Esseintes

Balivo di Averoigne
Senza capo ne coda, scorrevole quanto una gomma sulla carta vetrata; non sono riuscito a digerirlo, astruso, fastidioso, a tratti irritante.. L'unico libro in tutta la mia carriera di lettore per cui mi sono avvalso dei comandamenti di Pennac, in particolare quello sulla libertà di non finire un libro; sospeso per "manifesta idiosincrasia" a pagina 169.. :)
 

swann

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Come ho già scritto nel mio post precedente (3 anni fa :) ) credo che Miller vada valutato dopo aver letto tutta la sua opera: in fondo è un unico libro. Tra l'altro Tropico del Cancro, pur essendo stato scritto per primo, andrebbe letto per ultimo, in quanto cronologicamente si colloca dopo l'altro Tropico e la trilogia Sexus, Plexus e Nexus.
C'è poco da fare, o lo si adora o lo si detesta. Lo scrittore diceva che quando la gente lo incontrava, anzichè parlare dei suoi libri gli gettava le braccia al collo. Ecco, se non si avverte quella sintonia umana è meglio lasciar perdere. Per me è stato così e l'ho apprezzato molto.
 

Denni

New member
"Tropico del cancro è il libro di un uomo felice. [...] Nonostante anni di vita lumpenproletaria alle sue spalle, anni di fame, di vagabondaggio, di sozzura, di sconfitte, di notti all'addiaccio, di lotte coi funzionari di frontiera, di interminabili sforzi per avere qualche spicciolo, MIller si accorge di godere la vita. [...] Lungi dal protestare, egli accetta. E' la stessa parola "accettazione" illumina la sua autentica affinità con un altro americano, Walt Whitman. Ma c'è qualcosa di piuttosto curioso nell'essere un Walt Whitman del 1935. Non è certo che se Whitman fosse stato ancora vivo in quel periodo avrebbe scritto qualcosa che lontanamente assomigliasse a Fogli d'erba. Perchè tutto quello ch'egli dice in definitiva è : "Accetto", e c'è una radicale differenza fra un'accettazione di oggi e un'accettazione di allora. Whitman scriveva in un'epoca d'incomparabile prosperità, ma ancor più di questo scriveva in un paese dove la libertà era qualcosa di più di una parola. [...] Fortunatamente per le sue idee, forse, egli morì abbastanza presto per non assistere al crollo della vita americana, provocato dal sorgere della grande industria e dallo sfruttamento della mano d'opra straniera.
La visione di Miller è profondamente affine a quella di Whitman, e quasi tutti quelli che lo hanno letto se ne sono accorti. Tropico del Cancro termina con una chiusa tipicamente alla Whitman, nella quale, dopo varie dissolutezze, sbornie, truffe e scazzottature, egli si siede a guardare scorrere la SEnna in una specie di mistica accettazione delle cose come sono. Ma, poi che cosa accetta? [...]
Dire "accetto" in un'epoca come la nostra, è dire che si accettano cammpi di concentramento, sfollagente, Hitler, Stalin, bombe, aeroplani, cibo in scatola, mitragliatrici, putsch, bagni di sangue, slogan, cinture Bedaux, maschere antigas, sottomarini, spie, agenti provocatori, censura sulla stampa, prigioni segrete, aspirina, film di Hollywood e assassinii politici. [...] E in linea di massima questo è l'atteggiamento di Henry Miller.[...] Ma nel complesso l'atteggiamento è un "mandiamo giù anche questa". [...]
Accettare la civiltà così com'è significa praticamente accettare la decadenza. Ha cessato di esser un atteggiamento intrepido ed è venuto un atteggiamento passivo:anzi "decadente", ammesso che questa parola significhi qualcosa.
Ma appunto perchè è passivo all'esperienza, Miller può avvicinarsi maggiormente all'uomo comune di quanto non siano in grado di fare gli scrittori con più definite intenzioni. Perchè anche l'uomo comune è passivo.
[...] L'uomo comune di MIller non è nè l'operaio di stabilimento nè il piccolo borghese con una casetta di sua proprietà nei sobborghi, ma il derelitto, il declassè, l'avventuriero, l'intellettuale americano senza radici e senza quattrini. [...]
Miller è stato in grado di trarre il massimo profitto dal suo materiale piuttosto limitato perchè ha avuto il coraggio di identificarsi con esso. L'uomo comune, il "sensuale uomo medio", ha avuto il dono della favell, come il somaro Balaam. Si vedrà che ciò è fuori tempo, o per lo meno furoi moda. Il sensuale uomo medio non è più di moda. L'atteggiamento passivo, apolitico è fuori moda. Occuparsi di problemi sessuali, la verità sulla vita più intima sono cose fuori moda. La Parigi degli americani scapigliati non è più di moda. Un libro come Tropico del Cancro, pubblicato in un'epoca simile, deve essere o un tedioso preziosismo o qualcosa d'insolito, e ritengo che la maggioranza di coloro che lo hanno letto convengano che non è il primo del suo genere.

[...]

Nei suoi libri si fugge bruscamente dall' "animale politico" per tornare a un punto di vista non solo individualistico, ma completamente passivo: il punto di vista di un uomo che sa come il processo mondiale sia qualcosa al di là del suo controllo, e che comunque non desidera minimamente averne il controllo.[...] Ovunque vi si nota il senso di cataclisma imminente, e quasi ovunque la sottintesa opinione che la cosa non ha importanza. [...] Egli nè vuole accellerare il processo mondiale nè si sforza di ostacolarlo, ma d'altra parte non lo ingora affatto. Direi ch'egli crede nell'imminente rovina della civiltà occidentale molto più fermamente della maggioranza degli scrittori "rivoluzionari"; solo che non si sente chiamato a intervenire nè punto nè poco. Suona la cetra mentre Roma brucia e , diversamente dall'immensa maggiorazna delle persona che fanno la stessa cosa, suona con la faccia rivolta verso le fiamme.

[...]

Io caldamente raccomando a chiunque non l'abbia ancora fatto di leggere almeno Tropico del Cancro. [...]



da "Il ventre della balena" di George Orwell
 

LowleafClod

e invece no
L'individualismo che scaturisce da questo libro, per alcune pagine, mi ha infuso stranezza, forse anche ostilità all'inizio. La prima metà del libro mi è servita ad abituarmi a questa estraneità, a seguire il filo dei capitoli di cui alcuni erano composti esclusivamente dal torrente di pensieri dello scrittore, un fiume di parole che ha mandato in estasi anche me. Ho adorato quei capitoli.
La descrizione di Matisse, di Mona, di Tania, gli insoliti attacchi di desolazione e dolore, seguiti da una più forte chiarezza delle cose. La ruota che gira all'infinito nel suo meccanismo, il sentirsi lontano da questa macchina, sentirsi disumano. Il vedersi nudo nei propri pensieri.
L'ho preso in mano poche volte per mancanza di tempo, ma ogni volta le pagine scorrevano in un attimo.
 

Meri

Viôt di viodi
No, non mi è piaciuto. Non mi ha coinvolta, non sono riuscita a farmi trascinare dalle sue follie.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Per me è un sì :)
Dire che mi abbia cambiato la prospettiva, no. Non ha una trama avvincente o, forse, non ha una trama: gli episodi si susseguono apparentemente senza nesso e con salti temporali non annunciati, inframezzati da divagazioni che giungono presto al racconto di un altro fatto. Be', una sua logica questo stile ce l'ha, quello di un flusso di pensieri. Fino alla fine ho confuso i vari personaggi tra loro, rendendomi conto che, per me, stavolta ciò non aveva nessuna importanza.
Lo stile è colto, elaborato, tanto che certe pagine, confesso, per me sono state incomprensibili. Altre le ho trovate estremamente poetiche, altre ancora mi hanno fatto ridere di gusto. Alcune (tante) sembrano il frutto dell'allucinazione di una persona estremamente erudita e sottile, dovuta ai fumi dell'alcol o ad una deviazione della mente.
Descrive le sensazioni dando loro consistenza concreta, come avessero forma di oggetti, di fiori, piante, frutti, parti del corpo, persino persone o personaggi della letteratura, o artisti.
Tutto l'insieme spiazza, sia per lo stile sia, forse soprattutto, perché descrive un mondo a cui la maggior parte di noi non è abituato, un mondo così lontano da quello attuale in cui il posto fisso è considerato l'apice del benessere e l'accumulo di denaro sembra l'unico scopo nella vita.
Il protagonista e i suoi amici cercano, sì, denaro, continuamente, ma perché non ne hanno nemmeno per mangiare. E il posto fisso lui lo trova, come insegnante, ma fugge alla prima occasione. Perché non sopporta il grigiore del posto, l'indifferenza delle persone, la mancanza di vitalità. E' un mondo che lo spegne, tanto che non pensa più nemmeno alla "f***", il che per lui è incredibile :mrgreen:
Ogni personaggio, ognuno dei vari amici che il protagonista incontra sulla sua strada pensa, sì, soprattutto a se stesso e alla propria sopravvivenza in tutti i sensi, ma allo stesso tempo tra loro vi è una forma di strana solidarietà che li porta a condividere la casa, il letto, i pochi spiccioli che possiedono, persino le donne; una solidarietà forse data dallo stato di emarginazione in cui vivono rispetto ad un mondo piccolo-borghese - che magari li rifiuta, ma che soprattutto loro rifiutano, forse inconsciamente, pur desiderando lusso e ricchezza -
ma che allo stesso tempo contribuisce a renderli ancora più vitali, ottimisti e incoscienti, impregnando le pagine del libro di queste caratteristiche. Di certo apre uno spazio nella mente, perciò secondo me è da leggere.
 

Smerdjakov

New member
Forse l'unico libro di Miller che valga veramente la pena di leggere, un'opera importante, decisiva, eclettica. Descrive la vita nel suo flusso, nel suo scorrere: provate a leggerne due o tre pagine aprendo il libro a caso e vi accorgerete subito di quanto sia bravo, dell'intensità della sua prosa.
Poi nelle opere successive ha ripetuto il modello ma con molta meno forza, originalità e poeticità.
Ma questo è un libro che vale.

prima di sostenere una cosa del genere bisognerebbe avere letto tutti i suoi libri

io al contrario tuo ritengo che le opere successive al tropico del cancro, ( almeno quelle che ho letto) siano più mature, consapevoli, i deliranti flussi di coscienza che a volte lo ammetto anch'io diventano estenuanti da leggere, si fanno più mirati, esaustivi, non si ha più l'impressione come nei tropici che miller giri intorno a un argomento in modo aleatorio, vago e infarcendolo di virtuosismi dialettici col solo scopo di destare stupore e scalpore, con gli anni la sua prosa ha subito un evoluzione positiva, per esempio in incubo ad aria condizionata si mostra più abile a colpire il centro delle cose, a compenetrarlo e analizzarlo con un acume e una lucidità che prima affogava nell'ebbrezza esaltata del vaniloquio. Se ti capita leggilo, poi mi dirai, io adesso credo che passerò al Colosso di Marussi, non appena ho finito Memorie dalla casa de morti del sommo zar della letteratura
 
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