L'Infinito spiegato da Stanislaw Lem

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Pensatore silenzioso 😂
(Ho fatto copia e incolla di un articolo curioso trovato in rete)

Il satollo e snob Chesterton: adorabile creatura. Un personaggio.
I poeti non impazziscono, ma i giocatori di scacchi sì. Impazziscono i matematici, e anche i cassieri; ma agli artisti creativi accade assai di rado. Non voglio, come si vedrà, attaccare in alcun senso la logica; dico soltanto che questo pericolo è insito nella logica, e non nell’immaginazione.

Questa citazione fu usata da David Foster Wallace nel primo capitolo della sua opera Tutto, e di più. Storia compatta dell’infinito (grazie, Codice Editore!) e “corretta” come segue:

La logica è solo un metodo e i metodi non possono sconvolgere la mente delle persone. Ciò di cui in realtà Chesterton vuole parlare è una delle caratteristiche principali della logica (e della matematica). L’astrazione.

Detto ciò il buon Wallace parte a definire ben bene il concetto di astrazione, io, per tagliarla corto, (dal momento che questa, sfortuna per voi, è solo una premessa al post) mi limito a chiarire sommariamente il concetto con una citazione di Carl B. Boyer “Ma in fondo cosa sono i numeri? Tutti pensano di sapere cos’è il numero tre… almeno finché non provano a definirlo o a spiegarlo”.

Tutto ciò per introdurvi al racconto preso oggi in esame e inserito nel faldone #RaccontiReserved è L’hotel straordinario, o il millesimo viaggio di Ion il Tranquillo di Stanislaw Lem, scrittore di fantascienza e autore del celeberrimo romanzo Solaris (1961, in Italia dal 1973) da cui fu tratto l’ancor più celebre film di Andrej Tarkovskij.

Parlare di tale racconto potrebbe nuocere gravemente i neuroni di qualcuno dal momento che richiede una buona dose di pazienza e sangue freddo per digerire l’astrazione che viene imbastita. Credo che tra tutti i racconti scritti sulla matematica, questo sia quello più curioso e “matematico” in senso stretto, infatti non fa altro che costruire un debole scheletro narrativo intorno al paradosso di Hilbert.

Il problema di David Hilbert, ripreso pedissequamente da Lem, ha l’ambizione di spiegare al lettore niente-popò-di-meno-che uno dei concetti più problematici ed ostici in campo matematico: il concetto di infinito ( quanto a che tipo fu Hilbert, nel caso voi non lo aveste mai sentito nominare, rimando alla nutrita sezione di aneddoti in wikipedia ).

Bando alle ciance, mettiamoci all’opera e vediamo il racconto.

Ion, un costruttore di pianeti, viene chiamato con urgenza: degli astronomi hanno scoperto una strana linea nera che unisce due galassie e occorre capire cosa sia. Il simpatico Ion, allora, si prepara a partire: il giorno seguente ritira dal carrozziere il suo vecchio razzo fotonico e ci installa un bell’accelleratore temporale(che adorabile fantascienza vintage!). Quindi si prende anche il robot che conosce tutte le lingue del cosmo e le storie sul viaggio interstellare e parte.

Viaggio lunghissimo, manco a parlarne, quand’ecco delinearsi lui, la linea nera misteriosa: l’hotel Cosmos.

Al di là dei comfort dell’hotel (plasma caldo/freddo in ogni stanza, possibilità di esser smembrati in molecole la notte e ricomposti l’indomani) la peculiarità di questo albergo, tale da renderlo straordinario, è che ha infinite stanze. Fu fondato da esuli che lo costruirono con il chiaro intento di voler cancellare definitivamente la spiacevole frasetta che più volte si erano sentiti rifilare nei loro vagabondaggi: “non c’è più posto”.

Ora immaginate un hotel in cui c’e sempre posto!

Entrato nella hall lo sguardo di Ion è catturato da un cartello: “I delegati del congresso di zoologia cosmica sono pregati di registrarsi al 127esimo piano”. Dato che vi è uno zoologo cosmico per ogni galassia e che le galassie sono infinite, allora vi alloggeranno un numero infinito di zoologi.

Ricapitoliamo:
1) Ion è arrivato e vuole alloggiare in una camera.
2) L’hotel ha infinite camere.
3) Vi sono un numero infinito di zoologi che hanno prenotato.

Problema: se le infinite camere sono occupate da un numero infinito di zoologi, il direttore dell’hotel dove farà alloggiare il povero Ion?
Pensateci. Vi ricordo che c’è sempre posto perché abbiamo detto che le stanze sono infinite.
3, 2, 1.
Il direttore, che è uno dritto, trova allora la soluzione e ordina al concierge di fare uno spostamento: mettere Ion nella camera 1 e spostare lo zoologo della 1 nella 2, quello della 2 nella 3 e così via: tanto ci sono infinite camere!

Dunque l’ospite della camera n (dove n sta per qualsiasi numero) dovrà spostarsi nella camera n+1. Se ci fosse stato un numero finito di stanze, l’ospite dell’ultima si sarebbe dovuto trasferire nello spazio interstellare. Il secondo giorno Ion non si stupisce di esser spostato nella camera 1.000.000 dato che erano appena arrivati 999.999 zoologi ritardatari.
Soluzione trovata, ma cosa accadrebbe se arrivasse un numero infinito di ospiti? L’hotel Cosmos si trovò ad accogliere anche il congresso interstellare dei filatelici. Se l’hotel ha infinite stanze TUTTI dovrebbero starci, ma per ora sono ospitati Ion e il numero infinito di zoologi. Finché era un numero finito di nuovi ospiti potevo usare il trucchetto dello spostamento di camera, ma ora che sono infiniti (maledetti filatelici nerd) come fo?

Questa volta la soluzione risulta meno intuitiva.

Dopo essersi scervellato ben bene il direttore ordinò di mettere ogni ospite zoologo n nella camera 2n. Cosa si otteneva?

Che il numero infinito di zoologi andava ad occupare le stanze pari (e tutti noi sappiamo che i numeri pari sono infiniti). In questo modo i filatelici potevano occupare le stanze dispari (e tutti noi sappiamo che i numeri dispari sono infiniti).

In questo modo nell’hotel stavano sia gli zoologi (in numero infinito) che i filatelici (in numero infinito). Se mi avete seguito fin qui allora anche voi avrete esclamato: “Wow, forte!”.
La cosa diventa più complessa e sale ad un livello di astrazione maggiore quando ci troviamo a dover pensare a cosa accadrebbe se dovessimo gestire non 1 infinito, non 2 infiniti ma un numero infinito di infiniti. Cosa accadrebbe cioè se si costruissero infiniti hotel con stanze infinite e, per rimetter ordine nel cosmo sì turbato, si ordinasse di chiuder tutti gli infiniti hotel eccetto uno deputato a raccogliere gli infiniti clienti provenienti dagli infiniti hotel?

Cervello in fiamme? Capito o non capito, se non altro ora vi saranno più chiare le parole di Chesterton e di Wallace. Ovviamente anche a questo “enigma” c’è soluzione, anche se la soluzione espressa in termini matematici non risulterà chiara al lettore a digiuno di matematica, mentre quella grafica, se non altro, sarà sicuramente intuibile.

Come avrete potuto notare, in questo racconto di letteratura ce n’è ben poca, di matematica tanta, malgrado ciò ho scelto proprio questo come racconto da suggerire sotto la voce “infinito”.
Perché, direte? De gustibus. L’infinito ha da sempre affascinato tutti, scrittori e matematici. E’ vero, Questo racconto di Stanislaw Lem non è “letterariamente” bello come Il libro di sabbia di Borges, ma è anche vero che quello di Borges non rende giustizia al fascino e alla complessità dell’infinito come quello di Lem.

La letteratura, per come la intendo io, deve avvicinare al mondo e restituircelo arricchito, più problematico e affascinante, pena l’autoreferenzialità della stessa e Lem, pur non scrivendo un capolavoro, riesce a suo modo nell’impresa.

Per gli interessati:

Stanislaw Lem, L’hotel straordinario, o il millesimo viaggio di Ion il Tranquillo

in AAVV, Racconti matematici (a cura di Claudio Bartocci), Einaudi, Torino, 2014.
In cartaceo: c’è.
In ebook: pure.
 
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