Doerr, Anthony - Tutta la luce che non vediamo

c0c0timb0

Pensatore silenzioso 😂
CITAZIONE
"Non ci sarebbe stato possibile prendere il potere, né usarlo come l'abbiamo usato, senza la radio."
Joseph Goebbels

TRAMA
Nell'Agosto del 1944 gli alleati cercano di liberare la città di Saint-Malo, ancora in mano ai tedeschi che oppongono strenua e disperata resistenza.
Marie Laure è una ragazzina francese di 15 anni, Werner ne ha qualcuno in più ed è tedesco. Un giorno di quell'estate le loro vite si intrecceranno brevemente.
Il romanzo parla d'amore e di terrore, di gente che ha paura e di legami indissolubili. La luce che non vediamo ce la racconta Anthony Doerr in un libro sulla speranza, sull'angoscia, ma principalmente, come dicevo, sull'amore. L'amore per il prossimo, per i propri cari, per le cose e per la vita. La guerra enfatizza tutto questo ma rimane, secondo me, in disparte.
"Tutta la luce che non vediamo" ha vinto il Premio Pulitzer 2015.

CONSIDERAZIONI (SPOILER)
Vorrei dire subito che lo stile non mi ha impressionato granché. La trama è ottima, sebbene alcuni elementi li ho trovati ridondanti. Ho letto alcuni commenti e molti lettori sembra si siano lamentati per la mancanza di un "...e tutti vissero felici e contenti". I personaggi di gran lunga meglio definiti e più cari ai lettori non fanno una bella fine.
Ma il romanzo racconta una storia e la storia doveva andare così. La letteratura a volte ha anche bisogno di tristezza e risentimento. Anzi credo che l'incontro fra Marie-Laurie e Werner, che il lettore ha atteso per centinaia di pagine, sia stato sì troppo breve, ma comunque realistico. O meglio è avvenuto come doveva ormai avvenire, visto lo svolgersi del (troppo?) lungo racconto.
Poi, il diamante che fine ha fatto? Possiamo solo indovinarlo in quanto non è ben spiegato, a mio parere. E il padre di Marie-Laurie? Peccato perdere un personaggio del genere.

La prosa ha uno stile troppo sdolcinato per i miei gusti. Quasi a voler cercare di piacere per forza. Odiosi i passi in cui Doerr ci dice quanti respiri fa Marie-Laurie prima di compiere questa o quell'azione, i battiti del suo cuore... spesso leggiamo "dieci, venti, trenta"... oppure "uno, due, tre, quattro"... Dopo un po' stufa.
Un'altra critica la muoverei all'ossatura della storia: la spina dorsale è debole a mio avviso. Di libri sui pericoli della deportazione, sulla guerra, rivestiti di vicende stucchevoli, io, personalmente, posso farne benissimo a meno. Questo è un romanzo intimo, con la ragazzina non vedente che tutti sperano non le capiti nulla e un ragazzino che ci rimette la pelle; tutto ciò mi sembra quasi un espediente per nascondere la mancanza delle fondamenta di un'opera che mi ha un po' deluso. Soprattutto dopo che ce l'hanno venduta come vincitrice di un premio così importante. Corti capitoli, brevi descrizioni. Prosa minimale. Di certo, per il sottoscritto, non da Pulitzer. Dopo aver conosciuto i due protagonisti, avevo investito su di loro tutte le mie speranze per un proseguo migliore, ma ha tardato troppo ad arrivare. Così, quando il romanzo stava diventando bello, è finito.

Voto 3/5 solo per il timore di essermi imbattuto in un romanzo che non faceva per me e di non averne ben analizzato caratteristiche e aspetti peculiari. Sennò avrei tolto un altro mezzo punto.
 
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Spilla

Well-known member
Copio il mio commento dal MG:

Semplice, scorrevole, come avere tra le mani un libro per ragazzi. Un libro scritto in modo curato, ma eccessivamente lineare, prevedibile, scontato.
Leggo con lo stesso piacere, e con la fastidiosa sensazione che tutta la mia giornata ruoti attorno a queste pagine, quando ritrovo un vecchio libro della mia infanzia o mi imbatto in una storia che ha le caratteristiche di quelle che un tempo mi affascinavano:
Un orfanello (due? meglio)
Un ragazzo cieco
Una vita sfortunata
La capacità tenere lo sguardo dritto, il pensiero innocente
La forza di proseguire nonostante tutto.

Ecco perché ho divorato il libro (non potevo farne a meno). E perché non l'ho apprezzato, fino alle ultime venti pagine. Troppi ingredienti scontati, fatti apposta per commuovere per tenere il lettore all'amo. I buoni troppo buoni, i cattivi addirittura terrificanti.
Insomma, un po' come divertirsi, magari commuoversi, durante la lettura di un Harmony e chiuderlo poi pensando”Che sciocchezza”.

Poi ci sono le ultime pagine, meno scontate di quanto si poteva prevedere. Che forse salvano il libro, di sicuro redimono il racconto. Forse vogliono dire che tutto è collegato, tutti siamo uno, e se non possiamo imparare dagli errori potremmo almeno riconoscere che non siamo nemici, nemmeno se abbiamo combattuto in passato gli uni contro gli altri.
Che siamo tutti legati, ed è un filo di casualità a metterci dall'una o dall'altra parte. Che occorre un atto di volontà per riconoscerci gli uni negli altri.
O forse vuol dire altre cose, ma non le ho ancora messe a fuoco.

Mi pare che il Pulitzer assegnato a questo libro sia eccessivo. Ma sento che ne consiglierei la lettura, perché comunque qualche riflessione non può che evocarla.
 

unkadunka

New member
Concordo coi miei compagni di lettura,il Pulitzer è eccessivo,andavano sfrondate molte pagine,troppo "piacione",ma probabilmente è quello che passa la letteratura odierna,tranne rare eccezioni...
 

c0c0timb0

Pensatore silenzioso 😂
Concordo con entrambi i vostri commenti. Temevo di essere stato troppo negativo :boh:.

Le ultime pagine, prima dell'epilogo dei personaggi, mi sono piaciute. Ma non è bastato. Infatti sono tornato a Erskine Caldwell (già finito) e ora a Pearl S. Buck. La letteratura e la narrativa moderna mi piacciono meno. Molto meno.
 

Spilla

Well-known member
D'altra parte mi pare di capire che questo è ciò che la gente legge. O, almeno, è questo che la gente compra :boh:
 

Valuzza Baguette

New member
Non mi ha schifata ne nemmeno conquistata,l'ho trovato leggibile ma in alcuni punti anche molto debole a livello di trama.
Mi ha delusa nel finale,che ho trovato un po "buttato li"
Bellino,ma mi aspettavo molto di più da un romanzo che ha vinto un Pulitzer..
 

bouvard

Well-known member
Non avevo mai sentito nominare A. Doerr fin quando un amico per il mio compleanno non mi ha regalato questo libro. La mia prima reazione è stata “Oddio un contemporaneo, che Dio me la mandi buona!”. Poi sotto il titolo ho letto “Premio Pulitzer per la Letteratura 2015” allora un po’ mi sono tranquillizzata, forse c’erano davvero buone possibilità che Dio me la mandasse buona. E invece la fregatura del libro è proprio quella scritta! Insomma “Tutta la luce che non vediamo” non è un brutto libro, ma da un Premio Pulitzer e che cavolo ti aspetti qualcosa in più! La storia in sé non sarebbe neppure troppo brutta, se non fosse per i troppi cliché, i tedeschi sono cattivi e quelli che non lo sono ovviamente fanno una brutta fine, gli altri sono tutti buoni. Il libro non è neppure corto e francamente da 574 pagine ti aspetteresti un’analisi psicologica dei personaggi un po’ (per non dire molto più) approfondita, ti aspetteresti dei capitoli un po’ più “densi”, anche visto l’argomento, e non delle pagine stile temi di scuola elementare. Insomma il libro si legge facilmente e velocemente, ma il problema è proprio questo, leggerlo è come bersi un bicchiere d’acqua, lì per lì ti disseta, ma poi non ti lascia in bocca alcun sapore (come dire che non ti lascia nel cuore e nella mente niente su cui riflettere e ripeto, visto l’argomento, non è una pecca da poco). Se non avesse vinto il Pulitzer avrei detto che in fondo è un libro bello, leggibile, ma da un Pulitzer…
 
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