Gallego,Rubén-Bianco su nero

Valuzza Baguette

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"Mosca, 20 settembre 1968. Nell'esclusiva clinica riservata ai quadri del Cremlino nascono due gemelli: il primo muore quasi subito, il secondo, Rubén, si rivela affetto da paresi cerebrale. Dopo un anno Rubén viene separato dalla madre e rinchiuso negli speciali orfanotrofi, veri e propri Gulag in cui vengono isolati quelli come lui. Quando agli inizi degli anni Novanta riuscirà a fuggire dall'ospizio per anziani in cui era stato rinchiuso in attesa della fine, Rubén incontrerà la madre e comincerà a raccontare la sua storia. Un libro che, se è cronaca di un'infanzia e di un'adolescenza trascorse in un sistema feroce, è anche una voce che trasforma l'orrore in narrazione e uno sguardo che trasfigura quello stesso orrore in immagini."

Non ho letto questo romanzo,non l'ho nemmeno divorato,l'ho letteralmente sbranato,in tre ore,non riuscivo a staccarmene assolutamente.
Forte,crudo,angosciante,ancora più terribile perchè si tratta di una storia vera,un autobiografia,scritta dall'autore che senza l'uso delle braccia ha battuto interamente il testo del romanzo con l'indice della mano sinistra sul computer.
Emozionante e straziante rende appieno l'angoscia e allo stesso tempo la voglia di vivere di questo ragazzino,che si aggrappa alla vita con i denti,fino ad una fuga disperata e alla ricerca di quella madre che gli è sempre stata negata.
Passato di orfanotrofio in orfanotrofio,discriminato anche per via del colore della sua pelle Rubén non molla mai,sopravvive e questa è la sua più grande vittoria;sopravvivere in un sistema creato apposta per dimenticare,distruggere e annientare le persone che come lui venivano considerate meno di un essere umano.
Un romanzo stupendo.
 

IreneElle

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Un libro semplice nello stile, composto da capitoletti brevi seppur troppo slegati tra loro ma il contenuto è una coltellata al cuore, capace di raggelarti. La forza di questo libro sta nel fatto che l'autore non si auto-commisera, non si piange addosso, anzi dimostra una forza d'animo incredibile.

"Sono un eroe. È facile essere un eroe. Se non hai le braccia o le gambe, o sei un eroe o sei morto. Se non hai i genitori, fa' affidamento su braccia e gambe. E sii un eroe. Se non hai né le braccia né le gambe e hai anche pensato bene di restare solo al mondo, è fatta. Sei condannato a essere un eroe sino alla fine dei tuoi giorni. Io sono un eroe, non ho altra scelta."

Rubèn vivrà tutta la sua infanzia e giovinezza negli orfanotrofi della Russia sovietica in condizioni pessime e con il terrore che una volta maggiorenne, sarebbe finito in un ospizio, dove sarebbe morto nel giro di pochi giorni. Gallego ci finisce in ospizio, ma ne esce anche e poi riesce pure a ritorvare la madre, a sposarsi, ad avere figli, a scrivere questo libro. Metterà "nero su bianco" la sua vita e riuscirà a vincere uno dei premi letterari più importanti in Russia.

"Mi auguro sinceramente, desidero con tutte le mie forze che il mio periodo nero continui il più possibile, che non diventi bianco.
Non mi piace il bianco. Il bianco è il colore del l’impotenza e della dannazione, il colore del soffitto d’ospedale e delle sue lenzuola. Cura e tutela garantite, silenzio e quiete: il nulla. Il nulla della vita d’ospedale che scorre all’infinito.
Il nero è il colore della lotta e della speranza. Il colore del cielo notturno, lo sfondo fermo e nitido dei sogni, delle brevi pause fra gli intervalli diurni, bianchi e sterminati, delle infermità fisiche. E il colore del sogno e della fiaba, il colore del mondo dietro le palpebre chiuse. Il colore della libertà, il colore che ho scelto per la mia sedia a rotelle elettrica."
 
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