Szabó, Magda - L'altra Eszter

Denni

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In uno straziante monologo, Eszter, famosa attrice teatrale, si rivolge all’uomo che ama per ricapitolare le ragioni del loro rapporto e passare in rassegna la propria esistenza. Il ritratto di una donna dilaniata fra l’odio e l’amore.

E’ un lungo sfogo crudele e astioso, quello con cui Eszter, fra le più affermate attrici teatrali nell’Ungheria del secondo dopoguerra, si rivolge a Lòrinc, il grande amore della sua vita. Astio che ha motivazioni antiche perché Eszter è figlia di due persone legate da una passione profonda, ma proprio per questo esclusiva; perche pur di origini aristocratiche, la famiglia è poverissima e lei subisce tutte le frustrazioni legate a queste condizioni; perché, infine, la sua compagna di scuola è Angela Graff, incarnazione di tutto ciò che lei non è - bella, e amabile - di tutto ciò che non può avere: una famiglia ricca e armoniosa, un fratello eroe, vestiti decenti. E’ su Angela che si concentrano l’odio e la gelosia di Eszter: sentimenti tanto radicati da indurla a compiere azioni moralmente inaccettabili.

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Sono bastate poche pagine per avere la sensazione di essere davanti ad un bel libro. Apprezzo particolarmente la scrittura della Szabò ; i periodi sono brevi, le parole semplici e secche. La scrittrice sembra farsi trasportare dal flusso dei ricordi, non c’è costruzione, non c’è storia. I pensieri di Eszter, i suoi ricordi, i suoi racconti si succedono saltando tra passato e futuro. I fatti non si susseguono in modo ordinato; sono i ricordi, le sensazioni, a decidere l’andamento. Le immagini richiamano altre immagini. La scrittrice sembra aver impresso la sua nudità su di una forma di cera, ogni più sottile sentimento è rimasto impresso. Eszter è vera, sincera in modo spietato, non si nasconde dietro ad un velo di falsa e comoda bontà, decide di svelarsi in tutte le sue sfaccettature, anche quelle più scomode, maligne, sgradevoli. Mi sono affezionata a lei come ci si affeziona agli amici veri, quelli con cui hai costruito una tale familiarità da poterli anche sinceramente odiare. Eszter non è la protagonista, è ciò che succede attorno ai protagonisti, ciò che di importante accade ai lati. Ma tutto questo solo nella carta, perché fuori dalla carta eszter è attrice, cela la sua realtà sotto le maschere, dietro ai copioni, è trattenuta, arginata. In questo suo monologo sembriamo trovarci davanti al suo sfogo, al suo urlo lacerante di liberazione. Il libro mi è piaciuto talmente che a metà della lettura sono corsa in libreria a comprare un altro romanzo della scrittrice.
Consiglio vivamente questo romanzo.
 

ayuthaya

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Due ottime e invitanti recensioni sulla stessa autrice a distanza di pochi giorni... Decisamente da mettere in wishlist!
Grazie!
 

bouvard

Well-known member
Commentare L’altra Ester mi viene difficile. Ho finito già da qualche giorno di leggerlo eppure continua ad essere difficile dare un ordine al groviglio di sentimenti che questo libro mi ha suscitato. Leggerlo è come sgranare un rosario, ogni grano è un ricordo che si tira dietro un altro ricordo, a volte solo per associazione di odori o di sensazioni. Difficile parlarne perché difficile è spiegare i miei “sentimenti” verso Ester. In molte parti del libro l’ho semplicemente odiata, trovata insopportabile, egoista, e di una cattiveria senza giustificazioni, non ho capito e continuo a non capire il suo odio verso Angela. Solo perché era più bella di lei, più ricca, più amata? Se ognuno di noi dovesse odiare quelli che hanno una vita migliore della nostra di sicuro avremmo tutti qualcuno da odiare. Avrei capito un sentimento di invidia o di gelosia, ma i sentimenti di Ester vanno ben oltre la semplice invidia e gelosia. Eppure in altre parti del libro ho capito perfettamente la sua ansia, la sua paura. L’odio che provavo nei suoi confronti si tramutava allora in compassione. D’altronde è la stessa Ester a non mediare i suoi pensieri, le sue azioni, a non cercare attenuanti, giustificazioni al suo comportamento. Se verso Angela è spietata, verso se stessa forse lo è anche di più.
Consigliato
 

Jessamine

Well-known member
Magda Szabò è un'autrice straordinaria, di cui si parla troppo, veramente troppo poco.
È entrata nella mia vita di lettrice quasi per caso: una bella recensione de "La porta", un ordine dal Libraccio che necessitava di un'aggiunta per raggiungere la soglia di spesa per avere la spedizione gratuita, e mi sono ritrovata fra le mani il suo romanzo più famoso, solo un paio di mesi fa. Ed ecco, leggerla ha significato raggiungere una nuova consapevolezza, aggiungere una pietra fondamentale alla mia strada di lettrice, stabilire nuovi punti fermi e nuove necessità. E non parlo a caso di pietre: le parole della Szabò, pur mantenendo sempre un perfetto equilibrio, pur non perdendo mai di ampiezza e respiro, si abbattono dure e pesanti come macigni sul lettore: leggere Magda Szabò fa male, perché Magda Szabò non fa sconti si suoi personaggi, non li addolcisce, non li giustifica mai. E ne "L'altra Eszter" questo accace in maniera ancora più evidente. Non c'è niente di bello in Eszter, non c'è niente di buono: solo un infinito groviglio di invidia e odio, risentimento, egoismo, ossessione. E tutte le giustificazioni, la comprensione che nelle prime pagine potrebbe sorgere, vedendo una ragazzina vivere nella miseria più nera, costretta a lavorare come una matta, privata di ogni forma di affetto e accettazione da due genitori troppo presi ad amarsi fra di loro per accorgersi dell'inquietudine della figlia, svaniscono col trascorrere delle pagine.
"L'altra Eszter" è un enorme flusso di coscienza dalla forma estremamente razionale e rigorosa ma dai contenuti del tutto irrazionali: Eszter si rivolge ad un tu che noi non conosciamo, vi si rivolge in maniera del tutto aperta e diretta, senza mediazioni, senza pietà per il lettore, gettandosi in una vera e propria spirale di ricordi e rimandi che alludono a personaggi e situazioni che il lettore non può conoscere, lasciandolo del tutto smarrito e spiazzato. Ma è impossibile smettere di leggere, impensabile posare il libro, perché questo continuo discendere nell'infanzia e nel presente di Eszter è ipnotico, delirante forse, perturbante, e lentamente la confusione trova un suo ordine, i nomi trovano dei volti, gli episodi narrati in maniera apparentemente casuale diventano improvvisamente chiari e compare il filo temporale e concettuale che li tiene uniti.
Ad emergere è allora una figura terribile, una donna estremamente affascinante, ma senza volto, una creatura camaleontica incapace di amare, che si alimenta solo di un odio e un rancore ingiustificato, ossessivo, eppure terribilmente lucido e razionale. Tutta la sua figura potrebbe essere emblematicamente racchiusa nella risata che le esce di gola guardando la sua casa distrutta dalle bombe. Eszter ride, ed è una risata che raggela il sangue proprio per la sua sincerità. Eszter è cinica, è amara, Eszter odia come sembra impossibile poter fare.
E allora cosa c'è di così bello, in questo romanzo, verrebbe da chiedersi? L'umanità, risponderei. Una umanità negativa, dolorosa, forse non facile da accettare, ma pur nelle sue assurdità, pur nelle sue inverosimiglianze, nelle sue esasperazioni, Eszter (così come Emerenc ne "La porta") è terribilmente umana. I personaggi di Magda Szabò non sanno amare, eppure i suoi libri parlano d'amore più e meglio di tutte le altre cose che io abbia mai letto. L'amore, nei romanzi della Szabò, è qualcosa di terribilmente complesso, ingestibile, distruttivo. Di umano. E i suoi personaggi sono così reali, così distrutte, così complesse da riempire in maniera assolutizzante la mente del lettore, lasciandolo spaesato, sperduto. Ho avuto paura di Eszter, ad un certo momento. Perché tutto quel groviglio inscindibile di sentimenti negativi che la pervadono mi sono sembrati vicinissimi, semplici, del tutto comprensibili.
Quando un libro arriva a turbarti tanto, a mostrarti tanto dell'animo umano, e lo fa senza giudicare, senza emettere sentenze, senza l'intento di insegnare niente a nessuno, allora vuole dire che ci si trova di fronte ad una penna importantissima.
 

alessandra

Lunatic Mod
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Attenzione spoiler

Un bellissimo, spietato monologo. La protagonista, rivolgendosi alla persona amata, racconta la sua vita in prima persona con un flusso interminabile di ricordi d'infanzia misti a quelli della Eszter adulta; la vita dell'altra Eszter. Quella vera, quella che lei stessa, essendo una brava attrice di professione, ha tenuto nascosta a tutti, quella la cui vita è legata, ad insaputa di quest'ultima, con un filo a quella di Angela: se Angela è felice, lei si dispera; se Angela è triste, lei è felice. L'odio per Angela è il fulcro della vita di Eszter: chi non conosce quest'aspetto della sua vita non conosce lei, compreso il suo amante, che crede che le sue reazioni siano causate da semplice gelosia. Angela è una persona buona: sin da piccola è generosa, estremamente partecipe delle disgrazie altrui, affettuosa. Forse è più facile essere buone quando si è belle, ricche e amate? Eszter vive con due genitori che, pur volendole bene ed essendo affettuosi con lei, la amano in maniera meno intensa di quanto si amino tra di loro; il padre è un avvocato che non lavora perché, oltre che poco sano, troppo onesto e, piuttosto che accettare compromessi, fa vivere tutta la famiglia in miseria. La madre deve preservare le sue mani per le lezioni di pianoforte, unica fonte di reddito, perciò è Eszter che, oltre a studiare, deve mandare avanti ogni incombenza legata alla casa. Nonostante tutto, i genitori sono personaggi buoni, positivi. Eszter li ama, ma non tollera il modo in cui è costretta a vivere, non tollera che ci siano persone che non hanno niente e persone che hanno tutto e non devono preoccuparsi di niente. E' da qui che parte la sua ossessione per il denaro, comprensibile, lei unica persona della famiglia dotata di senso pratico; ma da qui soprattutto il suo odio smisurato, irrazionale, esagerato: nasce da un'invidia tutto sommato comprensibile che sfocia in un sentimento malato e ossessivo Ciò che ha sconvolto me in particolare è proprio la predominanza di quest'odio, nella vita della protagonista, rispetto a qualsiasi altra cosa; e il modo in cui scava dentro se stessa spietatamente, senza sensi di colpa e senza autogiudicarsi o condannarsi, ma senza edulcorare nemmeno per un attimo ciò che prova, il suo dare il giusto nome ai sentimenti peggiori. Come dicevo nel GdL, forse è impossibile parteggiare davvero per lei, capace di commettere azioni di una cattiveria inenarrabile; ma l'autrice è talmente brava a sondare nel suo animo e a creare empatia che sono riuscita a volere bene a Eszter, forse perché, se può essere difficile concepire un odio così profondo perché immotivato, non lo è altrettanto percepire e immedesimarsi nella sua straziante sofferenza. Un personaggio che si mostra in tutta la sua umanità, così incredibile e allo stesso tempo così vero e che non ha niente a che vedere con nessun altro personaggio letterario che io abbia incontrato finora. Romanzo profondo e scomodo, promosso a pieni voti, bravissima scrittrice di cui leggerò altro.
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
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Finito. Attenzione spoiler presenti

L’altra Eszter è uno di quei libri che lasciano uno strascico emotivo e psicologico nel lettore anche giorni dopo averlo finito. A me ha lasciato un magone, una sensazione alla bocca dello stomaco che ho faticato a superare.
Nella sua lettera aperta all’uomo che ama, Eszter si mette a nudo, senza inibizioni né filtri, e non si fa scrupolo di ammettere senza mezzi termini che Angéla, per il semplice fatto di essere nata in una famiglia benestante, per il semplice fatto di essere lei, le ha rovinato l’infanzia e la vita, perché incarnava l’emblema dell’opulenza mentre Eszter davanti agli occhi aveva solo povertà, privazioni, anche aridità di affetti e sentimenti, visto che sua madre e suo padre erano troppo occupati a riversare il loro amore l’una sull’altro per pensare alla figlia.
Eppure, trovo che incolpare qualcun altro della miseria e delle difficoltà in cui ci troviamo a vivere, crogiolandosi nell’eterno “a chi tanto e a chi niente” oppure “perché a lei sì e a me no?”, ecco, trovo che sia il comportamento più vigliacco, debole, codardo di cui una persona si possa macchiare. Odiare è troppo facile. È una strada troppo comoda.
Non lo so, è un libro che ti lascia per giorni a riflettere su quanto possa essere malato, contorto, marcio l’animo umano, e su quanto l’ambiente nel quale siamo cresciuti, dove magari ci è mancato non solo l’affetto e la protezione, ma anche la sicurezza economica e la serenità in generale, possa influire sul nostro carattere, sulla nostra anima, sulla nostra stessa crescita.
È la prima volta in vita mia che non parteggio per il protagonista di un romanzo, non sono riuscito a provare empatia né solidarietà né compassione per Eszter, nemmeno in una circostanza. Nonostante capisca benissimo da dove traggano linfa il livore e l’odio che prova, non solo verso Angéla, ma verso la vita tutta e l’ingiustizia a essa connaturata, non riesco, da lettore, ad avallare nessuna sua scelta, nessuna sua affermazione, nessun suo comportamento. Più volte, tra un salto temporale e l’altro, mi si è gelato il sangue al leggere come augurasse la morte ad Angéla, come traesse godimento dal semplice pensiero che lei soffrisse o potesse, eventualmente, soffrire. Non solo: mi ha ghiacciato anche quando prova sollievo, paradossalmente, al vedere Lorinc’ in quelle condizioni (non posso spoilerare). Sollievo perché almeno, adesso, non avrebbe più dovuto preoccuparsi per lui. So bene che la Magda non si era prefissa l’obiettivo di far parteggiare il lettore per Eszter o fargliene comprendere scelte e azioni, senza giudicarle dal piedistallo, lei si limita a presentarci una donna priva di maschera, in tutta la sua essenza più vera. Ci fa vedere chi era l’ALTRA Eszter, quella fuori dal palcoscenico del teatro, quando poteva smettere la sua seconda pelle.
Niente da dire sulla prosa, la Szabò aveva una “mano” che scorreva via liscia nonostante periodi lunghi, appesantiti da subordinate o incisi e inframmezzati da virgole come se piovesse; niente da dire sullo stile – l’impostazione della lettera-confessione e della narrazione in prima persona sono funzionali a renderlo accorato, diretto, sentito e a volte spietato; niente da dire sulla caratterizzazione psicologica della protagonista, dubito che in letteratura si possa trovare una migliore rappresentazione del confine labile che c’è tra odio e amore.
Un libro e un’autrice da leggere assolutamente.
 

elisa

Motherator
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E' il romanzo dei grandi contrasti, tutto viene messo in opposizione duale, sentimenti, vite, avvenimenti. Ogni rapporto è conflittuale o di completa fusione, nulla scorre senza scossoni, tutto deve essere vissuto o sentito sopra le righe. Teatro e vita, amore e odio, invidia e generosità, gelosia e fiducia, è la storia di due donne, Estzer e Angela, legate tra di loro dal vissuto sofferto e contraddittorio della prima donna, legate ad un destino diverso ma che inesorabilmente continua ad intrecciarsi, consapevolmente e inconsapevolmente.
Io mi sono identificata nella protagonista per il coraggio che ha l'autrice di parlare di emozioni e sentimenti scomodi, l'invidia e la gelosia, portandoli all'esaperazione per renderli letterari ma facendoci rispecchiare in quello che anche noi, in modo blando e accennato, possiamo aver provato nella vita senza tuttavia riconoscerli come invece fa Estzer, figura indimenticabile di donna, un'antieroina superba, insofferente, complessa e proprio per questo molto vera, molto reale.
Romanzo che difficilmente si dimentica.
 

Trillo

Active member
Un libro molto particolare, un monologo che prende forma attraverso una scrittura contrappuntistica ottenuta concatenando frammenti di linee temporali diverse: passato remoto, passato prossimo e presente si intrecciano in una lunga catena di ricordi apparentemente disorganici e privi di nessi. Si fatica inizialmente a capire chi sono i personaggi e cosa succede, ma presto si riesce ad inquadrare tutto e progressivamente ogni cosa è messa a fuoco.
Tutta la storia è quindi ricostruita attraverso un continuo arpeggiare su e giù sulla tastiera infinita dei ricordi di Eszter, e questo procedere ciclico per salti e modulazioni cromatiche crea un continuo senso di attesa, di sospensione per quei vuoti che rimangono momentaneamente scoperti, prima di essere colmati in un passaggio successivo.

Quella di Eszter è una confessione disperata, debordante e inarrestabile, manifestazione di un tormento interiore che esplode in un lungo sfogo liberatorio, ma triste. Devo ammettere che, arrivato ad un certo punto, mi è sembrato che il tutto andasse un po' troppo per le lunghe, ma, d’altra parte, l’esasperazione di questa situazione è anche il riflesso di tutto il tormento che vive Eszter.

Per quanto l’odio è forse l’emozione più evidente di questo monologo, ho trovato invece tutto il racconto costantemente permeato dalla sua tristezza e sofferenza. Eszter si mette completamente a nudo, non si fa sconti neanche per un attimo, e si sente che mentre si toglie ogni maschera sta male e soffre. Ho sentito queste sensazioni accumularsi e acuirsi durante tutto il monologo, e dominare su tutto il resto, anche sull'odio che, al contrario, non saprei come dire, ma è un po' come se fosse sempre lo stesso. È forse per questo che ne ho percepito in maniera meno intensa le relative manifestazioni, rispetto a chi mi ha preceduto nella lettura e nei commenti. Ma è chiaro che si tratta di una cosa del tutto soggettiva.

È vero, certe sue azioni e certi suoi modi sono spregevoli e patologici, così come certi suoi pensieri e comportamenti verso Angela sono effettivamente troppo esagerati e non del tutto giustificati…ma questo fa anche parte dell'irrazionalità dei sentimenti. Non lo so, comunque mi sono sentito vicino ad Eszter, ho sentito di poterla comprendere, e per varie ragioni su cui non mi dilungo.

Per quanto riguarda invece il rapporto con il suo amato, credo che certi pensieri di odio estremo verso di lui non esprimano ciò che lei desideri davvero…a volte certi pensieri sono assoggettati alle emozioni, sono il riflesso della rabbia e del dolore, ma non rappresentano la verità.

Mi fermo qui, però devo dire che l'ultima parola mi ha spiazzato, e non saprei se attribuirle un significato simbolico tragico (collegandolo anche ad alcune frasi dette prima) o meno...Mi piacerebbe sentire il parere di chi ha letto o di chi leggerà questo libro.
In ogni caso, ho avuto la conferma che nelle scritture della Szabo' non ci si immerge con leggerezza.
 

estersable88

dreamer member
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Ambientato nell'Ungheria del secondo Dopoguerra e pubblicato per la prima volta nel 1959, L'altra Eszter è un libro interessante, che però sente e risente molto degli anni e del luogo in cui è collocato. Si sente forte, nella Szabo, l'impronta di una prosa est-europea che ricorda, sebbene provenienti da tempi diversi, quella di Kundera o Marai. Una prosa intimista, surreale, che rende ancor più potente e terribile il monologo della protagonista, Eszter, una nota attrice teatrale, che, in un'immaginaria lettera all'amante, ripercorre la sua vita, dall'infanzia all'oggi, mettendo a nudo i dolori, le frustrazioni, il suo vero animo. Un animo cinico, astioso, crudele, cattivo, capace di odiare anche per molti anni la stessa persona. È proprio l'odio il sentimento che Eszter prova per Angela, la compagna di scuola poi divenuta "amica" che personifica le aspirazioni irrealizzate di Eszter. Eszter vorrebbe essere come Angela, vorrebbe avere ciò che ha lei, ma ciò non è possibile, perciò Eszter la odia, prova un rancore cieco e una felicità selvaggia quando può danneggiarla o quando all'altra capita qualche imprevisto o disgrazia. Sì, perché Eszter non si limita ad odiare in silenzio, non rosica muta e impassibile… lei fa, agisce, il suo rancore ha conseguenze. Una di queste è proprio il marito di Angela, ossia l'amante a cui lei si rivolge: Eszter si è innamorata, tra tanti uomini, proprio di lui.
L'altra Eszter è un libro che consiglio e che mi è piaciuto, tuttavia mi aspettavo di più: me l'aspettavo meno introverso ed enigmatico e più aperto, accorato, chiaro. Leggerò altro di questa scrittrice che mi incuriosisce e che vorrei conoscere meglio.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Finito ieri, devo riordinare le idee per scrivere meglio il commento che ho già abbozzato. Mi ha coinvolta davvero tanto, il sentimento di odio della protagonista lo sto provando spesso negli ultimi anni (anche se non per gli stessi motivi e rivolto a più persone).
Intanto posto le citazioni segnate:

Ho sempre sospettato delle persone buone. Non ho mai creduto, nemmeno da piccola, che la bontà sia una condizione naturale. Avevo la sensazione che nessun gesto di bontà fosse disinteressato, mi sembrava celasse sempre una sorta di gratifica per qualcosa di già ricevuto o ancora atteso.

Con Angela tutti erano sempre stati gentili, fin dal giorno in cui era venuta al mondo, e sicuramente lo erano anche i moribondi, magari i feriti cercavano di morire con un'emorragia interna per non imbrattarle le mani di sangue.

Ogni giorno sbattono e arieggiano i loro ricordi come fossero cuscini di piume, poi sorseggiano il tè insieme e gareggiano a chi possiede più memorie della buonanima.

So che l'oblio non esiste, che mai nulla si scorda. Nel corso degli anni i ricordi si propagano negli esseri umani come le metastasi di un cancro.
 
Ultima modifica:

Minerva6

Monkey *MOD*
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Poi mi ero dimenticata di postare il mio commento, lo faccio ora così come l'avevo scritto. Durante la mia lettura ho seguito il GdL che era stato fatto anni fa e a cui non avevo partecipato. Credo che per ogni libro ci sia il tempo giusto. E per me è arrivato quest'anno.
Da giovane mi sarei sentita più vicina alla mia omonima, ero ancora totalmente buona e generosa come lei (ma non così bella, purtroppo, anche se carina all'epoca lo ero), oggi invece, pur avendo ancora una parte buona in me che vorrei completamente trasformare per non soffrire, comprendo l'odio della protagonista, anche se il mio ha dei motivi più validi (non voglio giustificarmi, è solo per chiarire... Io odio le persone che per vari motivi mi hanno fatto e/o continuano a farmi del male). Non che i suoi non lo siano, ma credo che Angela in realtà non ne abbia colpa. So quanto si possa detestare una persona, sperare che le succeda qualcosa di brutto e in caso esultare (anche se io non riesco mai a farlo perché i miei pensieri negativi non sono cosí potenti da attuarsi). Ester ha sofferto tanto, ha avuto una vita difficile e faticosa, avrebbe dovuto odiare i genitori per primi che non sono riusciti a prendersi cura di lei, anzi, se ne sono approfittati e non le hanno permesso di vivere meglio l'infanzia e l'adolescenza. Non ho figli, ma ho sempre pensato che se metti al mondo un essere umano devi anche essere capace di provvedere a lui sia economicamente che moralmente. Il rapporto così simbiotico tra i genitori è stato dannoso per lei, l'ha fatta diventare una persona arida e fredda, incapace di amare davvero proprio perché non ha mai ricevuto amore vero.
Nonostante questa differenza tra noi sono riuscita ad entrare in empatia con la protagonista e, come era già successo con La porta, a farmela piacere.
Attenzione Spoiler:
Per rispondere a Trillo, io nel finale ci ho visto la possibilità che Eszter decida di raggiungere subito l'unica persona che forse davvero è riuscita ad amare. Ma non ho capito la faccenda dell'orologio... Se lei aveva spostato di un'ora indietro, perché lui andava di corsa? Se ne era accorto? Altrimenti la colpa non è di Estzer ma di Angela, visto che la doveva accompagnare dal dentista. Stavolta forse ha un motivo davvero valido per odiarla.
Sapevo fin dall'inizio l'identità di Angela, avevo letto la trama, però la morte del marito mi si è svelata solo ad 80 pagine dalla fine quando Estzer dice che aveva pianto in chiesa.
Ora che è rimasta sola non dovrà più angosciarsi per nessuno, capisco bene cosa si prova ad essere sempre preoccupata per chi si ama, anche se può risultare strano pensare questa cosa. Quando lui voleva guidarla in strada come faceva con la moglie lei si alterava perché era vissuta facendo sempre tutto da sola e alla propria indipendenza a volte non si rinuncia neppure per amore. Anche se molto probabilmente adesso sarebbe stata disposta a farlo, perciò ho pensato che per lei sarà dura continuare a vivere da sola...
Una curiosità: la protagonista da giovane mi ha ricordato un po' Lila de L'amica geniale, io ho però ho visto solo la serie tv... qualcuno che ha letto entrambi i romanzi mi saprebbe dare conferma?
 
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