Ho visto questo film solo in virtù dei giudizi favorevoli che avevo letto, nonostante l’attore protagonista non mi sia affatto simpatico, e anzi ancora sono convinto farebbe bene a farsi doppiare per risparmiare di dover ascoltare la sua voce, così fastidiosa per me.
Ma a parte questo, devo dire che l’ho trovato effettivamente un gran film. Credo siano due i temi che il regista porta avanti per tutta la durata della pellicola: l’importanza di chiamare le cose col proprio nome e l’importanza della memoria.
Il primo aspetto è portato avanti soprattutto dal giovane attore che interpreta lui ragazzino, con grande ironia, e questo tema della “verità” viene svolto su due piani: quello personale in cui mostra il kafkiano corteggiamento della bella compagna di classe, e quello sociale, in cui lui si affaccia al mondo “dei grandi” nel tentativo di comprendere le dinamiche e le ragioni, della mafia, ma soprattutto di quel mondo d’ombra che alla mafia gravita attorno, lo sfiora, si mescola e si distacca senza mai separarsi realmente.
La sua ingenuità è spiazzante nei confronti dei “presunti adulti” che si scoprono così incapaci di parlar d’amore così come di onestà, imbarazzati nel riconoscere la bellezza e reticenti dall’ammettere le proprie omissioni.
Il film poi è un autentico tributo a tutti i giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e magistrati, onesti, che raggiunge il climax nel magnifico e commovente finale in cui una volta per tutte vengono ricordati i sacrifici, gli atti eroici e i martiri di individui straordinariamente normali che semplicemente non hanno mai rinunciato a essere uomini veri, anche a costo della loro vita. In questo altro aspetto, quello del “rito”, quello della memoria, dell’importanza di tramandare la storia, che suona umile, eppure echeggia non meno epico del “ricorda chi siamo!” di re Leonida davanti alle armate persiane, si chiude il cerchio dentro il quale si svolge fedelmente, senza fronzoli o inutili estetismi tutto il film. Magnifico.
Voto: 9/10
Ma a parte questo, devo dire che l’ho trovato effettivamente un gran film. Credo siano due i temi che il regista porta avanti per tutta la durata della pellicola: l’importanza di chiamare le cose col proprio nome e l’importanza della memoria.
Il primo aspetto è portato avanti soprattutto dal giovane attore che interpreta lui ragazzino, con grande ironia, e questo tema della “verità” viene svolto su due piani: quello personale in cui mostra il kafkiano corteggiamento della bella compagna di classe, e quello sociale, in cui lui si affaccia al mondo “dei grandi” nel tentativo di comprendere le dinamiche e le ragioni, della mafia, ma soprattutto di quel mondo d’ombra che alla mafia gravita attorno, lo sfiora, si mescola e si distacca senza mai separarsi realmente.
La sua ingenuità è spiazzante nei confronti dei “presunti adulti” che si scoprono così incapaci di parlar d’amore così come di onestà, imbarazzati nel riconoscere la bellezza e reticenti dall’ammettere le proprie omissioni.
Il film poi è un autentico tributo a tutti i giornalisti, uomini delle forze dell’ordine e magistrati, onesti, che raggiunge il climax nel magnifico e commovente finale in cui una volta per tutte vengono ricordati i sacrifici, gli atti eroici e i martiri di individui straordinariamente normali che semplicemente non hanno mai rinunciato a essere uomini veri, anche a costo della loro vita. In questo altro aspetto, quello del “rito”, quello della memoria, dell’importanza di tramandare la storia, che suona umile, eppure echeggia non meno epico del “ricorda chi siamo!” di re Leonida davanti alle armate persiane, si chiude il cerchio dentro il quale si svolge fedelmente, senza fronzoli o inutili estetismi tutto il film. Magnifico.
Voto: 9/10
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