Spendibilità del titolo di studio: riflessione (Topic arido, altamente NON culturale)

Dallolio

New member
Faccio una premessa: sono orgoglioso della mia laurea e se potessi tornare indietro la rifarei, non sto quindi facendo un discorso di carattere culturale ma esclusivamente economico.


Nella mia sottosezione a scuola eravamo in 11; 9 di questi si sono laureati (tra cui io) e 2 no; per grande fortuna lavoriamo tutti e il paradosso è che abbiamo tutti lo stesso stipendio (forse il capitalista sono io, ma di sole 50 euro al mese in più); è un dato di fatto quindi che le due persone che non hanno seguito la laurea hanno guadagnato per cinque anni in più e hanno cinque anni di contributi in più; tra queste due c'è una differenza, e cioè che una ha seguito un percorso accidentato (cioè non sempre ha lavorato nel settore trasporti), l'altra invece che ha scelto un lavoro ancora meno qualificato (e cioè dipendente impresa di pulizia) ed è stata quella con il percorso più netto, avendo avuto continuità tra il diploma a oggi (dopo 15 anni); si trova anzi nella paradossale situazione di dover rifiutare spesso del lavoro straordinario in uffici e case.

Come interpretate la cosa? Premetto che tutte le lauree che abbiamo svolto erano umanistiche (Scienze della formazione primaria, Scienze religiose, Filosofia) e ribadendo che non è un "pentimento" ma solo uno spunto di discussione.
La laurea economicamente ha valore?
 
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unkadunka

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Caro prof innanzitutto buon anno! Purtroppo in Italia ormai la laurea non dico sia carta straccia,ma si avvicina molto ad esserlo. :boh: Pensare che siamo pure uno dei paesi europei come meno laureati...:MUCCA
Dal tuo interessante intervento con falso sillogismo aristotelico(ma lo sarà davvero falso?),si evince che pulire i cessi dia maggior continuità salariale ed economica di un master in ingegneria astronautica... chiuderò il mio intervento con un asettico no comment per non passare per triviale...
 

Tanny

Well-known member
Una laurea ha un valore, ma dal punto di vista economico, soprattutto negli ultimi anni non fa la differenza.

Secondo me la differenza sta nel tipo di lavoro che si svolge, ci sono lavori di intelletto ed altri fisici, avere una laurea consente di fare un lavoro meno faticoso dal punto di vista fisico, ma non è detto che sia maggiormente retribuito.

Mentre studiavo, nella stagione estiva lavoravo come manovale edile, la sera arrivavo a casa mezzo morto, ma guadagnavo parecchio; quando ho preso il titolo di studio ed ho iniziato a svolgere il mio lavoro, ho iniziato a prendere durante il praticantato 250 euro al mese e negli ultimi tempi, prima di andarmene, ne prendevo al netto delle tasse circa 700-800, certo di sforzi non ne facevo, ma senza aver una minima preparazione e sgobbando come un asino con l'altro lavoro guadagnavo più del doppio.

Per quanto attiene puramente l'aspetto economico, svolgere una mansione "intellettuale", se non si tratta di un lavoro altamente specializzato per cui vi è molta richiesta (e quindi ben retribuito), non conviene.
Io non ho una laurea ma un semplice diploma, ma mi capita molto spesso di vedere colleghi ed altri operatori del settore (ingegneri, architetti, geometri, periti ecc.) che lavorano come dipendenti e vengono pagati veramente male ed anche quelli che se la passano leggermente meglio non vengono retribuiti in funzione del loro reale valore; io ero arrivato a quel punto ed ho dovuto fare una scelta: tentare la sorte da solo prendendomi dei rischi non indifferenti dal punto di vista economico (mutui e compagnia bella), oppure cambiare lavoro e tornare a fare ciò che facevo da giovane, che per me rappresentava una sconfitta incredibile.

Nel mio settore per poter far acquisire un valore al titolo di studio occorre rischiare parecchio, sarò brutale, ma se non si prendono dei rischi o si ha la fortuna di riuscire ad inserirsi in determinati ambienti (gli uffici pubblici per esempio) il titolo di studio è solo carta straccia, ed in alcuni casi suona pure come una beffa, un mio coetaneo che in vita sua ha sempre fatto l'operaio, settimana scorsa si è presentato al bar con una fiammante bmw da 40 mila euro; a me le automobili non interessano (disse la volpe all'uva...), ma sinceramente un auto del genere non me la potrei permettere.
 
Ultima modifica:

Dallolio

New member
Caro prof innanzitutto buon anno! Purtroppo in Italia ormai la laurea non dico sia carta straccia,ma si avvicina molto ad esserlo. :boh: Pensare che siamo pure uno dei paesi europei come meno laureati...:MUCCA
Dal tuo interessante intervento con falso sillogismo aristotelico(ma lo sarà davvero falso?),si evince che pulire i cessi dia maggior continuità salariale ed economica di un master in ingegneria astronautica... chiuderò il mio intervento con un asettico no comment per non passare per triviale...

Il settore ingegneristico non lo conosco, il mio discorso vale per le lauree umanistiche; mi piacerebbe molto sapere se il discorso vale anche per il settore ingegneristico, che ai miei tempi era visto come l'eldorado...
 

Dallolio

New member
Una laurea ha un valore, ma dal punto di vista economico, soprattutto negli ultimi anni non fa la differenza.

Secondo me la differenza sta nel tipo di lavoro che si svolge, ci sono lavori di intelletto ed altri fisici, avere una laurea consente di fare un lavoro meno faticoso dal punto di vista fisico, ma non è detto che sia maggiormente retribuito.

Mentre studiavo, nella stagione estiva lavoravo come manovale edile, la sera arrivavo a casa mezzo morto, ma guadagnavo parecchio; quando ho preso il titolo di studio ed ho iniziato a svolgere il mio lavoro, ho iniziato a prendere durante il praticantato 250 euro al mese e negli ultimi tempi, prima di andarmene, ne prendevo al netto delle tasse circa 700-800, certo di sforzi non ne facevo, ma senza aver una minima preparazione e sgobbando come un asino con l'altro lavoro guadagnavo più del doppio.

Per quanto attiene puramente l'aspetto economico, svolgere una mansione "intellettuale", se non si tratta di un lavoro altamente specializzato per cui vi è molta richiesta (e quindi ben retribuito), non conviene.
Io non ho una laurea ma un semplice diploma, ma mi capita molto spesso di vedere colleghi ed altri operatori del settore (ingegneri, architetti, geometri, periti ecc.) che lavorano come dipendenti e vengono pagati veramente male ed anche quelli che se la passano leggermente meglio non vengono retribuiti in funzione del loro reale valore; io ero arrivato a quel punto ed ho dovuto fare una scelta: tentare la sorte da solo prendendomi dei rischi non indifferenti dal punto di vista economico (mutui e compagnia bella), oppure cambiare lavoro e tornare a fare ciò che facevo da giovane, che per me rappresentava una sconfitta incredibile.

Nel mio settore per poter far acquisire un valore al titolo di studio occorre rischiare parecchio, sarò brutale, ma se non si prendono dei rischi o si ha la fortuna di riuscire ad inserirsi in determinati ambienti (gli uffici pubblici per esempio) il titolo di studio è solo carta straccia, ed in alcuni casi suona pure come una beffa, un mio coetaneo che in vita sua ha sempre fatto l'operaio, settimana scorsa si è presentato al bar con una fiammante bmw da 40 mila euro; a me le automobili non interessano (disse la volpe all'uva...), ma sinceramente un auto del genere non me la potrei permettere.

Mi viene un grandissimo sconforto a leggere il tuo (purtroppo realistico) intervento, per la seguente ragione. In questi anni ho visto molti studenti entusiasti della storia o della filosofia o della letteratura che hanno rinunciato a questi studi per fare ingegneria per costruirsi una solida carriera, a prova di disoccupazione e ben remunerata. A questo punto sarebbe stato meglio se avessero seguito la loro passione, sottopagati per sottopagati...
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Il settore ingegneristico non lo conosco... mi piacerebbe molto sapere se il discorso vale anche per il settore ingegneristico, che ai miei tempi era visto come l'eldorado...

Chimica, Ingegneria Elettronica e Meccanica erano l'eldorado degli anni 80 e 90.
Poi arrivarono individui come gardini, de benedetti, agnelli e agnellini vari, e devastarono tutto.
Non lasciarono una pietra sull'altra.
Gengis-khan e Attila in confronto furono dei fini pensatori.
Nel frattempo crebbero i paesi dell'est e del sud-est asiatico.
Allora eravamo la 7° o 8° potenza industriale mondiale, adesso non contiamo nulla.
Cambiata l'industria, pure il mondo dell'ingegneria italiana è cambiato tantissimo, e solo in peggio.
Se andiamo a vedere come sono conciati i politecnici e atenei vari, viene da piangere.

Nei paesi più progrediti, il fatto di essere ingegneri permette di inserirsi in grandi aziende che vanno da sole, perciò anche se non si è particolarmente brillanti, una collocazione la si trova comunque.
In Italia le cose stanno molto diversamente e per gli ingegneri è un grosso problema.
Infatti, se prendi un operaio e lo metti alla pressa, dopo un'ora è produttivo.
Se invece prendi un ingegnere no, ha bisogno di più tempo, magari anche di corsi... e per una piccola-media azienda non è uno scherzo di questi tempi.

Un ingegnere italiano farebbe bene ad andare all'estero sei mesi, piuttosto fare un lavoro molto umile, ma per imparare la lingua del posto va bene anche quello.
E una volta imparata, presentarsi lì come ingegnere.

Nonostante ciò, è meglio essere ingegnere che non esserlo, perchè bene o male hai studiato materie che possono servire a qualcosa, o quanto meno rassicuri il datore di lavoro sul fatto che dovresti* essere bello inquadrato, e servire a qualcosa e rigare diritti, al momento di ottenere contratto e stipendio, non è un dettaglio da poco.

* dico dovresti perchè a ingegneria c'era una fauna abbastanza sui generis
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Mi viene un grandissimo sconforto a leggere il tuo (purtroppo realistico) intervento, per la seguente ragione. In questi anni ho visto molti studenti entusiasti della storia o della filosofia o della letteratura che hanno rinunciato a questi studi per fare ingegneria per costruirsi una solida carriera, a prova di disoccupazione e ben remunerata. A questo punto sarebbe stato meglio se avessero seguito la loro passione, sottopagati per sottopagati...
Non concordo.
Male che vada, con una laurea d'ingegneria, anche se parti male, puoi sempre cercare nuove opportunità di lavoro che offrano di più.
Con una di storia dell'arte non parti nemmeno.
Il lavoro non è un capriccio che uno fa quello che vuole.
Domandare agli studenti (fino al giorno della maturità) cosa vuoi fare da grande? è penoso, perchè si finisce per infondergli che nella vita possono scegliere come se fossero al ristorante.
Meglio sarebbe spiegare loro cosa il mondo del lavoro richiede, cosa dovrebbero fare e cosa possono fare.
Ma ciò richiederebbe genitori e professori che sappiano qualcosa del mondo del lavoro...
Se uno ha una passione (ben venga!), se la può coltivare anche nel tempo libero, oppure dedicarci anima e corpo e poi perseguirla anche a costo di lasciare l'Italia, dimenticarsi il posto libero e guadagnare quel che arriva.
Ma pensare che siccome uno a 18 anni ha la passione delle farfalle, gli si debba trovare un lavoro che abbia a che fare con le farfalle, sicuro, ben pagato e a meno di 5km da casa, come spesso è preteso oggi, è sbagliato.
 

Dallolio

New member
Dipende... se questa passione è reale secondo me è meglio seguirla per permettere al ragazzo di formarsi integralmente; se dovrà poi fare un lavoro malpagato lo farà, ma intanto non ha dovuto rinunciare al suo sogno; e se un domani dovesse diventare un professore universitario sulla farfalle, nell'unico posto disponibile in Italia, non necessariamente a 5 km da casa?

Meglio un laureato in entomologia (che per 5 anni ha seguito le sue inclinazioni) che si occupa poi di pulizie oppure un ingegnere che mai ha desiderato esserlo e che poi deve occuparsi di qualcosa che comunque gli assicura lo stesso reddito?
Ti faccio un caso concreto, che non fa riferimento a ingegneria. Io conosco 4 (ex) ragazzi che nel 1999 si sono iscritti a giurisprudenza inseguendo chimere (diventare notai e avvocati), eppure ora sono tutte o quasi nell'infruttuosa attesa di un posto come insegnante di diritto (posto che non c'è, perchè la domanda è 10 volte superiore all'offerta)... tutti loro sono stati influenzati dai desiderata familiari; non era molto meglio dedicarsi alle proprie passioni, e cioè nel caso specifico alle materie letterarie e linguistiche?
 

ila78

Well-known member
Bel topic Prof!

Premesso che credo che spingere un ragazzo che ha 10 nelle materie umanistiche e 4 e 3 nelle materie scientifiche a fare ingegneria perché poi troverà lavoro più facilmente sia un'idea pessima; credo anche al giorno d'oggi in Italia la laurea è, appunto, UN PEZZO DI CARTA ma non solo perchè non trovi lavoro ma sopratutto perchè quando arrivi al colloquio di lavoro (ed è già un traguardo!) il selezionatore che hai davanti a te guarderà una frazione di secondo quel bel 110 e lode segnato sul tuo CV ma poi passerà alle "Esperienze lavorative" e in base a quelle deciderà se prenderti in considerazione o meno per il posto; quello che voglio dire è che l'Università per come è concepita non ti prepara a quello che viene dopo, hai tante belle nozioni teoriche ma il lavoro in pratica non lo sai fare e la triste realtà è che in Italia molto pochi sono disposti ad investire per insegnartelo, quindi che fare? Darsi da fare per cercare un impiego nel proprio ambito ma nel frattempo fare quello che arriva per andare a "ingrassare" quella voce Esperienze lavorative il più possibile e se poi mentre ci si da da fare si scopre di riuscire bene in qualcosa che non ha nulla a che vedere con la laurea che si è preso...bhe...anche metterla in un cassetto non è mica reato. :wink:
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Dallolio,

quelli che lavoriamo nel privato (soprattutto nelle piccole aziende o in proprio), siamo pagati solo se sappiamo fare bene qualcosa di utile, ovvero di richiesto.
Perciò, dedicare gli anni migliori della ns vita per studiare qualcosa di non richiesto (quindi professionalmente inutile), significa buttar via quegli anni e ancor di più quelli successivi.
Che nella vita si possa anche sognare è fuori discussione, ma lo si può fare coi piedi per terra o devono essere per forza voli pindarici?

La scuola, in tutto ciò, può dare una mano?
Ad esempio, in base a ciò che è (o sarà) richiesto dal mondo del lavoro, può contribuire a sviluppare nuove passioni negli studenti?
Ogni 10 musei, si potrebbe visitare uno studio di progettazione? Una fabbrica? Un qualsiasi luogo di lavoro?
Perchè non ho mai sentito di una scuola dove i genitori, a turno, vengono a parlare del proprio lavoro?
Magari, uno che viene da una famiglia di panettieri scopre che vuole fare il carabiniere o viceversa.

Forse bisognerebbe chiarire che quelli che non possiamo vivere di rendita, possiamo:
1. farci venire la passione per qualcosa di remunerativo
2. fare qualcosa di remunerativo e poi dedicarci alle nostre passioni
3. dedicarci alle nostre passioni ma poi non lamentarci
almeno avremmo meno colpe nei confronti delle generazioni di delusi che sforniamo.

Dipende... non era molto meglio dedicarsi alle proprie passioni, e cioè nel caso specifico alle materie letterarie e linguistiche?
No.
Il fatto che i più fortunati di questi laureati in lettere, storia, arte, filosofia, lingue antiche... ovvero coloro che da 10 anni almeno sono precari nelle scuole, blocchino gli scrutini perchè in nome della libertà di insegnamento e del diritto allo studio, vogliano a tutti i costi il posto fisso, dimostra che decine di migliaia di giovani hanno fatto la scelta sbagliata.
In altre parole, le potenzialità loro e della ns società sono state sprecate.
E' un dramma, non una libertà, tanto meno un sogno.

Consiglio la lettura di questi tre articoli scritti quest'estate da Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano:
Il conto salato degli studi umanistici - Il Fatto Quotidiano
Università, studiate quello che vi pare, ma poi sono fatti vostri - Il Fatto Quotidiano
Università, gli studi belli ma inutili e l'ascensore sociale bloccato - Il Fatto Quotidiano
Sono considerazioni su dati, non opinioni.
 

Dallolio

New member
Secondo me quello che dice Feltri tutto sommato non è sbagliato, anche se utilizza un tono supponente che non può non suscitare la reazione degli umanisti; in un certo senso posso anche essere d'accordo quando consiglia ai giovani di scegliere responsabilmente con tutte le informazioni... tuttavia ciò che afferma è risaputo negli ambienti di Filosofia ecc... e nessuno parte dal presupposto che troverà facilmente lavoro in questi campi; chi si laurea in questi campi sa già che ciò che lo attende è un grande punto interrogativo.
Però appunto si potrebbe ribaltare il discorso: non è forse più pronto al mondo del lavoro chi ha studiato ciò che gli piaceva pur nella consapevolezza che avrebbe potuto non trovare lavoro rispetto a chi ha studiato, obtorto collo, ciò che gli piaceva poco unicamente per il guadagno?
Benchè condivisibile ciò che rilevo è che lui parla comunque da una posizione di privilegio: se la sua famiglia aveva il reddito per mandarlo alla bocconi era già più tutelato rispetto agli altri ed è per questo che questi suoi articoli hanno suscitato lo sdegno generale: non si accettano volentieri i consigli di chi, non per sua colpa, parte da una condizione di privilegio...
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Però appunto si potrebbe ribaltare il discorso: non è forse più pronto al mondo del lavoro chi ha studiato ciò che gli piaceva pur nella consapevolezza che avrebbe potuto non trovare lavoro rispetto a chi ha studiato, obtorto collo, ciò che gli piaceva poco unicamente per il guadagno?
Prova a metterti nei panni del titolare di una azienda, che essendo colui che paga è anche colui che sceglie: assumeresti più volentieri chi si è incaponito a fare studi inutili* , o colui che ha messo al primo posto la propria professionalità?
* Sia chiaro che - come sopra - per inutili intendo non richiesto dal mondo del lavoro.

Benchè condivisibile ciò che rilevo è che lui parla comunque da una posizione di privilegio: se la sua famiglia aveva il reddito per mandarlo alla bocconi era già più tutelato rispetto agli altri ed è per questo che questi suoi articoli hanno suscitato lo sdegno generale: non si accettano volentieri i consigli di chi, non per sua colpa, parte da una condizione di privilegio...
Feltri, in quanto appartenente a una classe agiata, avrebbe potuto dedicarsi allo studio delle farfalle, e invece ha studiato economia, materia richiesta, che appunto gli ha permesso di dedicarsi alla sua passione: il giornalismo; e con successo.
A me sembra un esempio a seguire.
Che poi il privilegio di Feltri non consiste nel provenire da una famiglia agiata, bensì da una famiglia che ha saputo dargli i giusti consigli.
Chi proviene da una famiglia non agiata e priva della cultura necessaria per dare buoni consigli, dovrebbe ricevere un indirizzo almeno a scuola, ma non è così, e questo è gravissimo, perchè condanna le classi meno agiate a rimanerlo per sempre.
La mia è una famiglia di origini operaie: ne so qualcosa.
 

Dallolio

New member
Bel topic Prof!

Premesso che credo che spingere un ragazzo che ha 10 nelle materie umanistiche e 4 e 3 nelle materie scientifiche a fare ingegneria perché poi troverà lavoro più facilmente sia un'idea pessima; credo anche al giorno d'oggi in Italia la laurea è, appunto, UN PEZZO DI CARTA ma non solo perchè non trovi lavoro ma sopratutto perchè quando arrivi al colloquio di lavoro (ed è già un traguardo!) il selezionatore che hai davanti a te guarderà una frazione di secondo quel bel 110 e lode segnato sul tuo CV ma poi passerà alle "Esperienze lavorative" e in base a quelle deciderà se prenderti in considerazione o meno per il posto; quello che voglio dire è che l'Università per come è concepita non ti prepara a quello che viene dopo, hai tante belle nozioni teoriche ma il lavoro in pratica non lo sai fare e la triste realtà è che in Italia molto pochi sono disposti ad investire per insegnartelo, quindi che fare? Darsi da fare per cercare un impiego nel proprio ambito ma nel frattempo fare quello che arriva per andare a "ingrassare" quella voce Esperienze lavorative il più possibile e se poi mentre ci si da da fare si scopre di riuscire bene in qualcosa che non ha nulla a che vedere con la laurea che si è preso...bhe...anche metterla in un cassetto non è mica reato. :wink:

Eh ma potrebbe essere questa la soluzione: seguire unicamente i propri interessi studiando seguendo le proprie inclinazioni pur tenendo sempre conto che il titolo che ti rilasceranno potrebbe diventare carta straccia da cassetto... in fondo chi ci garantisce che avremo una vita lunga? E che senso ha sprecarla studiando altro? Non è meglio essere felici almeno per cinque anni, quando si è giovani e fisicamente perfetti?
 

Tanny

Well-known member
In merito alla scuola, dal mio punto di vista il diploma viene visto come un pezzo di carta per un fatto abbastanza semplice, agli studenti viene fornita un insegnamento teorico e non pratico, quando poi una persona entra a far parte del mondo del lavoro si trova come un pesce fuor d'acqua, si sente incapace e il datore di lavoro si innervosisce per il fatto di dover insegnare al proprio dipendente il lavoro.
Lo studio dovrebbe essere affiancato dalla pratica, nel mio lavoro mi è capitato spesso di fare da "chioccia" a stagisti e praticanti, nei primi giorni li obbligavo a sedersi di fianco a me con gli schermi dei pc affiancati, insomma esercitavo su di loro un controllo costante; tutti quelli che mi hanno affiancato al termine dello stage che di solito durava 15-20 giorni hanno recitato la solita frase: "ho imparato di più in due settimane qui che in tutti gli anni di scuola"; io non sono certo un fenomeno dell'insegnamento, il problema sta proprio in ciò che gli hanno insegnato.

Relativamente a questa cosa, un mio professore (forse il più bravo che ho mai avuto), mi aveva raccontato di essersi laureato in architettura in uno stato dell'africa di cui ora mi sfugge il nome e che in quel posto l'insegnamento funzionava in un modo totalmente diverso, ed a suo dire era migliore del sistema italiano, mi ha raccontato ad esempio che il primo giorno di università il suo professore aveva commissionato agli studenti il disegno di una sedia da destinarsi ad un ceto sociale medio-basso, il tutto da consegnare entro la giornata.
Il giorno seguente ha portato la classe nei laboratori delle scuole professionali vicine all'università (falegnami, fabbri ecc.), ha distribuito ad ognuno il proprio disegno e gli ha detto: ora costruitela!
Sono certo che in quel caso gli studenti si sono resi conto della differenza fra la teoria e la pratica, e secondo me occorrerebbe applicate questa cosa anche in Italia

Credo che questo sistema l'ha poi fatto suo quando è diventato un insegnante, con quel professore abbiamo tralasciato molte parti del programma scolastico, ma vi assicuro che le poche nozioni scolastiche che mi sono realmente servite nel mondo del lavoro le ho apprese da lui.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Sperando che possa interessare a qualcuno

Io alle superiori avevo diverse passioni, tra cui il giornalismo, la meccanica, viaggiare e leggere.
Fare ingegneria mi faceva paura perchè non ero bravo nè in matematica nè in fisica, perciò pensavo anche a lettere o giornalismo.

Alla fine decisi per ingegneria.
I primi anni andarono male, ma poi studiando Analisi I scoprii che la matematica era bellissima, e una volta che mi piacque, tutto andò meglio (liscio no, ma meglio sì).
Intanto andai a lavorare, soprattutto come cameriere, ma poi trovai nel settore della meccanica (dove imparai a tornire).
Non mi laureai con ottimi voti, ma conoscendo il lavoro in cui mi ero già specializzato sì, tant'è che la settimana dopo la laurea iniziai a tenere seminari all'università (questo è stato il 16° anno consecutivo), e dopo un anno i miei articoli specialistici venivano pubblicati e tradotti.

Passano gli anni, mi specializzo sempre di più fino a scoprire che la specializzazione nella materia che mi appassionava, invece di aprimi porte me le chiudeva e mi stavo infilando (professionalmente) in un vicolo cieco.
Per assurdo, gli operai che lavoravano con me, siccome gli venivano riconosciuti straordinari e trasferte, guadagnavano più di me che in quanto quadro non avevo nessun bonus!
Mi accorgo però che tanta gente professionalmente mediocre, il cui successo professionale a volte dipendeva dal mio lavoro di tecnico, a differenza mia faceva carriera.
Lasciando perdere invidie e discorsi soggettivi del tipo io sono migliore di lui, mi accorsi che avevano una cosa in comune che a me mancava: loro maneggiavano soldi (acquisti, vendite, marketing) mentre io carte, penne e olio, perciò capii che o me ne andavo dall'Italia o dovevo dare una svolta alla mia vita.
Decisi perciò di andare a fare l'ingegnere all'estero o cambiare radicalmente settore iscrivendomi a una laurea breve di economia, e nel frattempo iniziai a cercarmi un altro lavoro in queste due direzioni.
Feci questa scelta con la morte nel cuore: a me piaceva imbattermi in problemi, ideare una soluzione, disegnarla, quotarla, costruirla, testarla, affinarla e vederla andare in produzione. Non l'avrei fatto mai più! :(

Venni assunto in una commerciale dove imparai a fare il marketing dei prodotti che prima progettavo e costruivo.
Lì mi ritrovai che c'erano problemi come aumentare la gamma, perciò dovevo cercare fornitori, confrontare qualità, offerte, servizi, mettere insieme un catalogo, un listino, una scontistica, promuovere il mio prodotto...e alla fine capii che fare marketing voleva dire progettare la vendita di un prodotto, e che era un lavoro tecnico tanto quanto quello precedente, e allora scoprii che anche il marketing mi appassionava. :)
Ovviamente continuavo a fare i seminari e a scrivere su riviste e giornali.

Poi ebbi un'offerta da un'altra azienda per vendere più o meno gli stessi prodotti di prima in giro per l'Europa.
Mi sembrava un salto nel buio perchè esperienza di vendita ne avevo pochissima e proprio non mi ci vedevo ad andare a vendere con una valigetta, i cataloghi, i campioni....
Ma poi scoprii che vendere vuol dire progettare (di nuovo!) una rete di distribuzione, e ciò lo puoi fare se viaggi dove devi andare a vendere, se capisci i mercati e quindi i paesi, proprio quello che piaceva a me. :) :)
Anche qui continuai a scrivere e a insegnare.

Poi, per un paio di casi nella vita, mi sono ritrovato a dover ricominciare da capo, da solo.
Ho avuto paura, anche perchè professionalmente, il fatto di non poter traslocare con moglie, figlio, mamma anziana e nonna cieca con noi convivente, era una bella palla al piede.
Ma insomma, misi insieme l'esperienza di giornalista, di meccanico, di vendite, di marketing e ... adesso che lavoro in proprio facendo un po' di tutto ciò, non tornerei mai indietro! Sotto nessun punto di vista. :):):):)
Anzi: mia moglie ha dato le dimissioni da libraia e lavoriamo insieme. :D

E una cosa l'ho capita e ne sono sicuro: i lavori che possono essere belli, che possono appassionarci, sono tanti.
Non sono solo quelli dei nostri sogni adolescenziali.
La maggior parte di loro però, non li conosciamo perchè non ce ne ha mai parlato nessuno.
Io a mio figlio posso parlare di tante cose, perciò posso indirizzarlo di qua o di là.
Però so che i miei limiti non mi permettono di indirizzarlo anche verso settori come la medicina, le forze dell'ordine, la musica, l'ebanisteria... di cui so poco o niente e che magari sono quello che fanno per lui.

Mi piacerebbe perciò che qualcuno mi venisse in aiuto.
Per esempio che in TV ci fosse un canale che si occupa solo di indirizzamento agli studi o al lavoro... me ne comprerei subito una!
Oppure che se ne occupasse un po' la scuola, ma mi sembra che sia chiedere la luna (eppure qualche attinenza dovrebbe esserci tra i due mondi...)

Purtroppo, in Italia, mamma e papà dobbiamo arrangiarci con ciò che sappiamo, perciò nei nostri limiti, consigliare ai ns figli di studiare qualcosa di appetibile per il mondo del lavoro, mi sembra la cosa più sensata.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Relativamente a questa cosa, un mio professore ... mi ha raccontato ad esempio che il primo giorno di università il suo professore aveva commissionato ... e gli ha detto: ora costruitela!
:ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad::ad:
Rarissimo caso di professore che prima di salire in cattedra a insegnare, ha imparato.
Ce ne fossero: dall'asilo al dottorato di ricerca.
 

Dallolio

New member
E una cosa l'ho capita e ne sono sicuro: i lavori che possono essere belli, che possono appassionarci, sono tanti.
Non sono solo quelli dei nostri sogni adolescenziali.
La maggior parte di loro però, non li conosciamo perchè non ce ne ha mai parlato nessuno.
Io a mio figlio posso parlare di tante cose, perciò posso indirizzarlo di qua o di là.
Però so che i miei limiti non mi permettono di indirizzarlo anche verso settori come la medicina, le forze dell'ordine, la musica, l'ebanisteria... di cui so poco o niente e che magari sono quello che fanno per lui.

Mi piacerebbe perciò che qualcuno mi venisse in aiuto.
Per esempio che in TV ci fosse un canale che si occupa solo di indirizzamento agli studi o al lavoro... me ne comprerei subito una!
Oppure che se ne occupasse un po' la scuola, ma mi sembra che sia chiedere la luna (eppure qualche attinenza dovrebbe esserci tra i due mondi...)

Purtroppo, in Italia, mamma e papà dobbiamo arrangiarci con ciò che sappiamo, perciò nei nostri limiti, consigliare ai ns figli di studiare qualcosa di appetibile per il mondo del lavoro, mi sembra la cosa più sensata.

Concordo completamente: reinventarsi e riprogettarsi è sicuramente una possibilità e i tempi di oggi sono fatti proprio per chi ha una mentalità flessibile; tuttavia mettiamo che l'ipotetico ragazzo segua in base a ciò che lo appassiona e prenda una triennale in antropologia; nessuno gli vieta a questo punto di intraprendere un'altra strada, quello che ha imparato, essendo supportato da passione, è un valore aggiunto.
Sulla scuola faccio alcune riflessioni:
1) Il mancato collegamento con il mondo del lavoro si verifica solo nei licei; nei tecnici e nei professionali questo contatto è costante, sia con collaborazioni con aziende sia ponendosi come azienda vera e propria, sia con l'orientamento; nei licei questo effettivamente non avviene, con la lege 107 l'attuale maggioranza ha provato a creare questo collegamento, ma è presto per sapere cosa accadrà.
2) Il vero difetto del sistema di Istruzione in Italia è l'estrema rigidità: percorsi troppo lunghi (5 anni anzichè 4), totale scollegamento tra i centri professionali regionali biennali e la scuola statale e la totale "perseità" dell'università, almeno di quelle umanistiche; un sistema fluido (che peraltro è stato ipotizzato più volte) risolverebbe molti problemi.
3) Ciò detto, nonostante le criticità la nostra scuola è una delle migliori in quanto contempla l'integrazione dei ragazzi certificati, strutturando per loro percorsi lavorativi che spesso sono più efficaci rispetto a quelli dei non certificati.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
mettiamo che l'ipotetico ragazzo segua in base a ciò che lo appassiona e prenda una triennale in antropologia; nessuno gli vieta a questo punto di intraprendere un'altra strada, quello che ha imparato, essendo supportato da passione, è un valore aggiunto.
Concordo anch'io.

Per favore, mi potresti fornire maggiori dettagli a proposito del terzo punto?
3) Ciò detto, nonostante le criticità la nostra scuola è una delle migliori in quanto contempla l'integrazione dei ragazzi certificati, strutturando per loro percorsi lavorativi che spesso sono più efficaci rispetto a quelli dei non certificati.
Cosa vuol dire integrare ragazzi certificati?
Grazie
 

Dallolio

New member
Sono gli studenti con certificazione 104/92, portatori di handicap con sostegno; seguono un programma differenziato e vengono inseriti in strutture lavorative protette... il sistema è perfettibile, però su questo specifico tema il nostro sistema d'istruzione ha investito molto...
 

Fabio

Altro
Membro dello Staff
Ragionando nel contesto di 30-40 anni fa il valore DIRETTO di una laurea è maggiore di zero ma personalmente direi zero se non negativo. Decenni fa
laurea in X = lavoro in X. Che noia. Se mi laureo in ingegneria ma voglio disegnare vestiti? Ero spacciato.
Oggi dal mio punto di vista fortunatamente non è così!
Il percorso accademico, almeno quelli buoni, ti insegnano una cosa molto importante ovvero, ti insegnano ad imparare. E in un mercato del lavoro liquido, flessibile, piatto e malleabile come l'attuale questo apre infinite possibiltà a chi vuole mettersi in gioco. Paralllelamente elimina tutte le possiblità a chi pensa "laurea = lavoro".

Quindi tornando alla domanda direi: il valore DIRETTO è negativo (hai oggettivamente più spese che vantaggi) ma il valore POTENZIALE e INDIRETTO è infinito e l'unico limite è la tua fantasia, voglia di fare e fortuna.
 
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