Ieri ho finito di leggere questo libro, lo commento facendo presente che ciò che scrivo contiene spoiler.
E’ strano come una figura così imponente come quella di Emerenc, che si imprime forte nella mente di chi legge, emerga attraverso una ricostruzione frammentaria e non lineare della storia, il cui baricentro sembra non risiedere né in Emerenc né nella narratrice, ma in un punto oscillante fra i due poli opposti incarnati dalle due donne. Probabilmente è proprio questo scorrere del tempo indefinito e vago, questo ricordare episodi così come affiorano alla mente e questa completa diversità delle due donne che riescono per contrasto a far risplendere in modo ancora più chiaro la figura forte e pura di una donna “anarchicamente buona” come quella di Emerenc.
Ho trovato simbolica la chiusura del romanzo con un capitolo dallo stesso titolo ma soprattutto dalle stesse parole del primo di apertura. In un certo punto del romanzo si dice che “Emerenc non aveva studiato Eraclito, ma conosceva la sua filosofia meglio di me”. Ed è così che quando alla fine ci troviamo a ripercorrere le stesse parole dell’inizio, le leggiamo con una consapevolezza diversa. Questa volta conosciamo l’origine degli incubi e cosa significa quella porta che nel sogno non vuole aprirsi e che è lì a ricordarle ogni notte il tradimento compiuto verso Emerenc. Tornano quindi in mente le parole di Emerenc che nell’istante in cui le aveva consentito di varcare la soglia del suo mondo privato, totalmente oscuro agli occhi di chiunque altro, l’aveva messa in guardia dicendo: “Mi ascolti bene. Se lei mi tradisce, io la maledico, e tutti quelli che ho maledetto hanno fatto una brutta fine.”
La riproposizione finale mostra quindi prepotentemente la maledizione senza fine che Magda deve patire per il tradimento di Emerenc. Perché se da una parte Emerenc era una donna generosa, caritatevole, buona, dall’altra “era come Jahvè: puniva fino alla settima generazione”.
Eppure si può davvero considerare un tradimento quello che Magda compie per salvare Emerenc? Secondo Emerenc bisogna saper uccidere anche per amore, per quanto sia difficile da capire. D’altra parte, però, anche abbandonare Emerenc al suo destino lasciandola morire in casa senza prestarle alcuna cura sarebbe stato ugualmente difficile da accettare, causando rimorsi a cui sarebbe stato impossibile sfuggire. Ed è stata davvero anche sbagliata la decisione di partire per Atene quando Emerenc combatteva fra la vita e la morte? L’assenza della scrittrice ad Atene avrebbe potuto causare delle spiacevoli tensioni nei rapporti fra gli Stati. Questi conflitti interiori che vive la narratrice, tormentata dal senso di colpa, coinvolgono il lettore, rendendolo partecipe dei sentimenti e dei tormenti da lei vissuti.
Ho trovato particolare come il sentimento di amore che Emerenc prova verso Magda, unito al senso di vergogna che le avrebbe suscitato la conoscenza degli eventi successivi all’irruzione in casa sua, offuscano la sua normale abilità nel capire le persone, non riuscendo a intravedere l’ombra della menzogna della versione dei fatti che Magda le racconta in ospedale.
Trovo inoltre che la figura di Magda si possa accostare a quella di Eva, la bambina, ormai donna, salvata da Emerenc.
Proprio come Eva aveva rappresentato una figlia per Emerenc (“la mia piccola Eva”), tale era diventata per lei anche Magda (“mia cara piccola Magda”), come le avevano rivelato le persone del quartiere anni dopo la morte di Emerenc.
Inoltre, così come Eva per motivi di affari non aveva potuto presentarsi da Emerenc dopo aver accettato il suo invito, così Magda per motivi lavorativi non era potuta stare vicino ad Emerenc successivamente all’irruzione in casa e quando era in ospedale nella lotta per la vita. In questi momenti non aveva potuto “tenerle la mano”, gesto tanto caro e significativo per Emerenc, che le aveva confidato quanto fosse importante essere vicino agli altri nell’ora fatale. L’aveva quindi tradita una seconda volta.
E così come Emerenc anche dall’aldilà sembrava non accettare la visita di Eva alla sua tomba, opponendosi quasi miracolosamente alla visita lanciando folate di vento gelide, spegnendo le candele e facendo cadere gocce di pioggia, allo stesso modo sembrava maledire Magda tormentandola con gli incubi notturni.
Magda stessa sembra inconsciamente immedesimarsi in Eva quando afferma che se Eva ed Emerenc fossero riuscite ad incontrarsi, forse Emerenc avrebbe accettato che lei “non voleva affatto maltrattarla né offenderla” quando aveva mancato la sua vita e che cercava solo “di conciliare impegni di lavoro e vita privata” avendo sempre presente la natura dei sentimenti che la legavano ad Emerenc.
E’ così che, finita la lettura, cerco di mettere insieme questi elementi sparsi nel romanzo per convincermi che, come Magda pensa che “da madre” Emerenc avrebbe probabilmente compreso Eva, così la stessa “madre”, proprio per il suo sentimento materno incondizionato verso Magda, avrebbe alla fine compreso e perdonato anche lei. Perché Emerenc credeva nel tempo, e se questo era il periodo in cui il “mugnaio” stava dosando gli eventi scandendo le notti di Magda con il ritmo affannato del senso di colpa, sarebbe venuto anche il tempo del perdono. Sì, perché “Emerenc era generosa, caritatevole, buona e onorava Dio con le sue azioni pur negandone l’esistenza”.
Sono stato piacevolmente colpito dallo stile di scrittura della Szabo’, elegante, accorato e coinvolgente.
Molto bella la figura di Emerenc che emerge dal romanzo e che, al di là del carattere schietto, a volte scorbutico, e della sua particolare mentalità forse un po’ ristretta, mi piace ricordarla con queste belle parole di Magda, che esprimono meravigliosamente tutto ciò che rappresenta:
“Era la regina della neve, la sicurezza, la prima ciliegia dell’estate, il tonfo delle castagne che cadevano dai rami d’autunno, la zucca alla brace d’inverno, la prima gemma nella siepe d’estate: Emerenc era pura, invulnerabile, lei era ciò che tutti noi, i migliori di noi, avremmo voluto essere”.