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Citazione dal articolo "Metafore del trauma nell’iconografia di Peter Weiss" di Anna Cappellotto
"WEISS: Si: […] nel ’33 ho anche iniziato a dipingere i primi quadri, immagini nere, scure, un po’ rozze e goffe. Questa fase durò fino al 1934, fu uno stato di transizione, e nel 1934, l’anno dell’emigrazione, arrivò l’esperienza cruciale per me…
ROOS:…l’emigrazione!
WEISS: No! Il rivolgimento decisivo nella mia vita non fu l’emigrazione, ma la morte di mia sorella. […] La sua morte innescò in me l’intero processo di produttività, questa esperienza di morte! (Spielmann 1982: 18-19) (sorella Margit, morta investita da un’automobile nel 1934)
Non è l’emigrazione a segnare profondamente la vita di Weiss, poiché il continuo spostamento rappresenta per lui soltanto la conferma di una non appartenenza, di cui aveva fatto esperienza fin dall’infanzia. Quell’anno è cruciale in primo luogo a causa del lutto familiare e, conseguentemente, perché dà avvio all’attività pittorica (cfr. Weiss 1970a: 57s.): "ci trovavamo nel 1934 nel mezzo della catastrofe della morte di mia sorella e, come reazione, ho dipinto i miei primi quadri, Persone nella vettura di un tram I e II" [Fig. 12 e Fig. 13] (Spielmann 1982: 19).
Il dittico è caratterizzato da un "precoce taglio psicologico" comune a tutte le prime opere dell’autore, tanto che secondo Böttcher e Mittenzwei si può parlare di una vera e propria "autobiografia per immagini" (Beise 2002: 26). La pittura nasce dalla reazione ad un trauma e si fa testimone di una perdita cercando di diventare via di salvezza, medicina, vano tentativo di riprendersi dal dolore: "cercavo di riconoscermi in quei quadri, con quei quadri cercavo di guarirmi, ed essi erano carichi del peso plumbeo del mio isolamento e della vampa esplosiva della mia disperazione repressa. Ma evocare queste visioni non servì a darmi la liberazione […]" (Weiss 1970a: 97). Margit rimane per molti anni il soggetto prediletto di Weiss, che la ritrae spesso nei panni di una creatura angelica idealizzata.
Ho pianto la morte di mia sorella se non per tutto il periodo dell’emigrazione, diciamo almeno per un decennio. Fu un trauma. Un trauma che ho superato scrivendo e dipingendo. L’immagine dell’amore e queste figure simili a madonne sono tutte idealizzazioni di mia sorella, ovunque si trova l’immagine di mia sorella.Sono naturalmente processi inconsci. Era la necessità e la possibilità di occuparsi di questo e in qualche modo di liberarsene. (Spielmann 1982: 21)
Il processo di idealizzazione che Weiss opera si serve di un preciso vocabolario metaforico, che pertiene di nuovo all’ambito dell’iconografia religiosa. Margit assume la forma, nei quadri, di "madonnenhafte Figuren" ovvero di “immagini simili a madonne” (cfr. Meyer zu Eissen 1983): si prenda in considerazione ad esempio Menschen in der Straßenbahn I e II (Persone in tram I e II) [Fig. 12 e Fig. 13]. Le due opere ritraggono in maniera frontale rispettivamente quattro persone all’interno di un tram. Nel secondo dipinto [Fig. 13], l’individuo all’estrema sinistra è un ragazzo, nel quale si può riconoscere l’autore; di seguito un uomo con un bastone, una fanciulla, e per finire un anziano signore. Ciò che colpisce di questo dipinto, che dal titolo sembra proporre un soggetto realista, è che solo il giovane ha lo sguardo rivolto verso l’esterno: gli occhi del primo uomo sono infatti dietro un paio di occhiali che, insieme al bastone, fanno pensare sia cieco; il secondo uomo ha il volto in parte oscurato da un cappello e gli occhi chiusi mentre la ragazza, con il capo lievemente chino, tiene lo sguardo basso. Quest’ultima porta un vestito giallo e un cappello a larghe tese dello stesso colore, ma a ben guardare sembra trattarsi, anche grazie al giallo che lo rimanda così esplicitamente, dell’aureola che circonda il capo dei santi secondo l’iconografia tradizionale. Per giunta, lo sfondo quasi completamente azzurro ricorda l’aldilà più che l’interno di un luogo tipicamente metropolitano. È questa la prima idealizzazione di Margit, cui ne seguiranno molte altre dello stesso genere (Beise 2002: 25): figure angeliche, volti reclinati nella maniera in cui è rappresentata la Vergine nelle effigi sacre…"