Pagliaro, Danilo - Mai avere paura (Vita di un legionario mai pentito)

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Oscillando tra l’autobiografia e il saggio, Danilo Pagliaro racconta la sua vita dedicata al dovere verso lo Stato e la Patria: prima fa la naja in Marina; poi prova in Polizia ma viene scartato causa vene varicose (ovvero: non aveva la raccomandazione); grazie ad una raccomandazione però, può entrare in Guardia di Finanza, ma la rifiuta; perciò finisce per fare l’agente di enciclopedie e libri.
Dopo anni di frustrazioni e di conseguente malessere, decide di cambiare vita e andare nella Legione Straniera, dove invece non gli trovano alcuna vena varicosa e lo prendono.
Purtroppo, causa motivi personali, il malessere tocca il fondo, ma grazie alla Legione, rinasce.
Rinasce perché la Legione Straniera non è quell'accozzaglia di canaglie di cui si favoleggia, ma una specie di ordine monacale estremo che ti purifica completamente, ovviamente per renderti un soldato e mandarti in guerra a uccidere o morire, non per pregare.
Ne consegue una preparazione brutale, ma non una brutalità fine a se stessa, bensì finalizzata alla selezione e alla tempra di coloro da mandare in battaglia.
Ma la vita del legionario non è solo brutalità, anzi: è soprattutto pulizia, ordine (deve aver imparato a stirare la divisa alla perfezione!), disciplina, rispetto, onore, sacrificio, soddisfazioni, commozioni, pianti di gioia e di dolore che lo accompagnano nell’ex-Jugoslavia, in Nigeria, nel Pacifico, in Sud America, tra guerre, azioni speciali, addestramenti.

Dall'esperienza personale nascono una serie di riflessioni e confronti, per esempio tra gli aspiranti legionari di un tempo, che aspiravano appunto a scomparire dal mondo, e quelli di adesso che aspirano a farsi un selfie e mandarlo su Facebook; tra quelli che scappavano dalla moglie e quelli che non vedono l’ora di sposarsi in divisa (magari all'estero!); tra quelli che scappavano da tutto e quelli che cercano un albergo carino per quando mi verrà a trovare la mamma.
Ma il confronto è anche con altri eserciti (in particolare quello italiano), fatti di raccomandati, che vogliono uno stipendio garantito, tanti diritti e poi ingrassare alla mensa: ma come fanno a marciare? A fare i percorsi di guerra? Ad andarci in guerra! Ma che militari sono? Sono dei mangiapane!
Oppure la discussione intorno ai disertori: un tempo venivano fucilati, oggi invece coccolati dall'opinione pubblica. Non importa che fossero volontari e consci di cosa facevano arruolandosi, l’importante è il vittimismo a tutti i costi.
Tra le tante discussioni c’è poi quella relativa all'islamizzazione della nostra società e della Legione Straniera stessa. Un tempo nella Legione Straniera vigeva l’uguaglianza basata sul fatto che nessuno aveva il benché minimo diritto. A un certo punto, tutto d’un tratto, sono sorti i diritti dei musulmani (niente maiale, ramadan, diritto a non combattere contro altri musulmani…), alla faccia dei diritti altrui che nessuno, mai, si era sognato di chiedere. Questo per lui è un cruccio terribile, perché se non ha l’appoggio in patria, difficilmente potrà vincere le guerre all’estero, e allora, che ci stanno a fare lui e la Legione? E non è una domanda retorica, visto che prima o poi in guerra ci si va, e siccome la guerra non sono le olimpiadi, l’importante è vincerle, non partecipare (almeno per i militari impegnati in missione).

Questo libro piacerà di sicuro a tutti coloro che sono curiosi di conoscere un modo diverso di vivere dentro alla nostra società, e di ascoltare un'opinione diversa.
Piacerà anche agli amanti dell'antropologia, perchè racconta la vita di un gruppo di uomini che sembrano una strana tribù multietnica, dentro alla nostra stessa società.
Piacerà anche a chi aveva apprezzato Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta (che però era una pizza di libro), perchè c'è una ricerca di se stesso in bilico sul filo della follia, ricerca che culmina grazie a una disciplina: in un caso la Legione, in un altro l'uso della chiave dinamometrica.

Personalmente sono lontano mille miglia da Danilo Pagliaro e dal suo mondo, ma riconosco e apprezzo molto la sua coerenza in un mondo di quaquaraquà relativisti da forum.
Visto che ho dato il 4 ad alcune opere di Dostoevskij, faccio fatica a dare il 4 anche a questo libro, però un 3 equivalente ad Accettabile, non sarebbe giusto, perciò gli do 4.
Non è tra i miei 3 libri favoriti, ma tra i 50 e comunque tra gli indimenticabili, sì.
 
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