Adichie, Chimamanda - Dovremmo essere tutti femministi

Jessamine

Well-known member
QUARTA DI COPERTINA
In questo saggio molto personale, scritto con grande eloquenza - frutto dell'adattamento di una conferenza TEDx dal medesimo titolo di straordinario successo - Chimamanda Ngozi Adichie offre ai lettori una definizione originale del femminismo per il XXI secolo. Attingendo in grande misura dalle proprie esperienze e riflessioni sull'attualità, Adichie presenta qui un'eccezionale indagine d'autore su ciò che significa essere una donna oggi, un appello di grande attualità sulle ragioni per cui dovremmo essere tutti femministi. In un contesto in cui il femminismo era considerato un ingombrante retaggio del secolo scorso, la posizione di Adichie ha cambiato i termini della questione. Alcuni brani della sua conferenza sono stati campionati da Beyoncé nel brano Flawless e hanno fatto il giro del mondo. La scritta FEMINIST a caratteri cubitali come sfondo della performance dell'artista agli Mtv Video Music Awards e il famoso discorso dell'attrice Emma Watson alle Nazioni Unite in cui si dichiara femminista sono segni evidenti del fatto che c'è un prima e un dopo*Dovremmo essere tutti femministi.



COMMENTO
"Non è facile parlare di genere. È un argomento che crea disagio, a volte persino irritazione. Tanto gli uomini quanto le donne sono restii a discuterne, o si affrettano a liquidare il problema, perché pensare di cambiare lo status quo è sempre una scocciatura. C'è chi chiede: "Perché la parola "femminista"? Perché non dici semplicemente che credi nei diritti umani, o giù di lì? ". Perché non sarebbe onesto. Il femminismo ovviamente è legato al tema dei diritti umani, ma scegliere di usare un'espressione vaga come "diritti umani" vuol dire negare la specificità del problema del genere. Vorrebbe dire tacere che le donne sono state escluse per secoli. Vorrebbe dire negare che il problema del genere riguarda le donne, la condizione dell'essere umano donna, e non dell'essere umano in generale. Per centinaia di anni il mondo ha diviso gli esseri umani in due categorie, per poi escludere o opprimere uno dei due gruppi. È giusto che la soluzione al problema riconosca questo fatto. Alcuni uomini si sentono minacciati dall'idea del femminismo."

Quante volte quando una persona si trova ad evidenziare timidamente un trattamento impari fra uomo o donna, o una discriminazione, o un atteggiamento svilente nei confronti di una donna, sentiamo in abbondanza frasi come: "Non sono femminista, eh, però..." come se il femminismo fosse una cosa sbagliata. Come se fosse pericoloso essere etichettati come "femministi". Come se esprimere un concetto di parità fra uomo e donna fosse altro dal femminismo. Ecco, per carità, ognuno ha e deve avere il sacrosanto diritto di esprimere le proprie opinioni ed eventualmente distaccarsi da un movimento o una ideologia che non sente propria, però mi fa molto riflettere quando persone giovani, mie coetanee, pur esprimendo concetti femministi si distaccano da questa parola. Possibile che davvero la femminista, nella mente di persone giovani ed istruite, sia quell'essere senza reggiseno, che non usa il deodorante e non si rade, che è sempre arrabbiata e odia gli uomini, tutti gli uomini, che fa sesso solo per poter restare incinta ed abortire con una sorta di autocompiacimento, che si masturba in pubblico? Possibile che persone giovani e istruite, che hanno a portata di mano documenti storici, riflessioni critiche, mezzi d'informazione, non sappiano studiare la storia, comprendere un movimento, un'ideologia, e l'evoluzione che questo ha avuto?

Questo brevissimo saggio è l'approfondimento della conferenza che nel 2012 Chimamanda Ngozi Adichie ha tenuto alla TEDx, una conferenza che ha avuto uno straordinario successo, e che ha portato - o ha cominciato a portare - ad una sorta di riappropriazione del termine femminismo:" dovrebbe esserci più gente a rivendicare questa parola. Il miglior sostenitore del femminismo che conosco è mio fratello Kene, che è anche un ragazzo buono, bello e molto virile. La mia definizione di "femminista" è questa: un uomo o una donna che dice sì, esiste un problema con il genere così com'è concepito oggi e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio. Tutti noi, donne e uomini, dobbiamo fare meglio". Quello che mi ha stupito di più, leggendo queste poche pagine (davvero, il testo è reperibile nelle biblioteche, non vi porterà via più di mezz'ora del vostro preziosissimo tempo, non ci sono scuse per non leggerlo) è l'estrema semplicità e, passatemi il termine, la banalità dei concetti espressi. Non Chimamanda non dice nulla, ma proprio nulla di assurdo, nulla che una persona con un minimo - veramente un minimo - di apertura verso il mondo che la circonda non possa aver già notato, non ci sono ragionamenti difficili o rivoluzionari, niente di tutto questo. Con estrema semplicità e uno stile piuttosto brillante Chimamanda mostra che esiste un problema che riguarda il genere (certo, alcuni suoi esempi riguardano in particolare la Nigeria, dove le cose, effettivamente, sono un po' più difficili per una donna, ma non mancano nemmeno gli esempi tratti dai civilissimi Stati Uniti): marito e moglie con lo stesso identico grado di formazione universitaria e il medesimo lavoro, retribuzioni diverse; capo uomo intransigente sugli orari lavorativi apprezzato per questa caratteristica, donna tacciata di essere autoritaria e "poco femminile"; abbondanza di "prescrizioni" per insegnare alle donne come piacere agli uomini, ma nulla che faccia pensare anche solo per un attimo ad un uomo che anche lui possa piacere o meno alle donne, e potrei continuare. Sono esempi molto banali e difficilmente confutabili, ma adatti per far capire quello che Chimamanda vuole dire. C'è un problema che riguarda il genere, ed è necessario riconoscerlo per poter, uomini e donne, impegnarsi per risolverlo. Questo breve saggio si conclude qui, ed è estremamente importante pensare a quanto successo abbia fatto questa semplicissima riflessione. E forse, mi viene da pensare, ho vissuto sotto una campana di vetro. Quello che a me è sempre sembrato ovvio, assodato, scontato (c'è un problema con il genere, e questo problema va risolto) non è così noto e chiaro a chiunque. Se fa così tanto successo un libretto che "riassegna" al femminismo il suo significato più semplice e "puro", se fa scapore una giovane Emma Watson che si batte per la pari dignità di uomo e donna, se fa scalpore Beyoncé che (e sia, sarà pure spettacolo, ma tant'è) esegue la sua esibizione su un palco dove campeggia la scitta "femminismo", allora la strada da fare è ancora tanta. E ben venga un breve saggio dove i concetti sono banali ed espressi in maniera semplicissima, se serve a far capire che esistono differenze biologiche e ormonali fra uomo e donna, ma non esiste alcun gene della cucina (perché altrimenti non ci si spiegherebbero tutti gli chef stellati uomini - e non sia mai che ci si metta a riflettere sul perché, guarda caso, questi ruoli di prestigio siano ricoperti per la maggior parte da uomini. Ben venga un breve saggio banale e semplice, se serve a far capire che quando c'è disparità fra due categorie, è l'intera società ad essere svantaggiata, perché si preclude a metà della popolazione la possibilità di essere parte attiva nello sviluppo e nel miglioramento di una situazione. Ben venga un saggio banale, se serve a far capire che quando si carica un genere biologico di sovrastrutture e inclinazioni che sono puramente individuali, non c'è da stupirsi né indignarsi se in caso di divorzio è molto più probabile che un bimbo venga affidato alla madre, perché del resto la donna è materna, la donna è dolce, la donna sa prendersi dura dei bambini, mentre l'uomo è solo forte e virile.

Questo saggio è solo uno spunto, ma un ottimo spunto di riflessione, un punto da cui partire per sviscerare questioni infinitamente più complesse e profonde. Eppure c'è tanta superficialità, c'è così poca voglia di approfondire certi temi, che anche solo un breve, semplice, brillante spunto di riflessione può essere di grandissima importanza.
 
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