Proust, Marcel - I Guermantes

Valuzza Baguette

New member
Terzo volume di "alla ricerca del tempo perduto",in questo terzo capitolo Proust inizia a frequentare i salotti dell'aristocrazia.
Viene messo in evidenza l'affare Dreyfus,si inizia più a delineare il carattere dell'autore e le contraddizioni molto forti dell' epoca riguardo a lealtà e amicizia.
mi è piaciuto,nonostante la solita lentezza di Proust l'ho trovato molto interessante.
 
Ultima modifica di un moderatore:

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Nessuno scrittore tanto quanto Proust è stato capace di trasformare se stesso e la sua vita nella materia della propria opera, facendone non solo qualcosa di fortemente autobiografico, ma anche di introspettivo e “individualista”.
Il terzo volume della Recherche, La parte dei Guermantes, in tal senso si distingue e declina l’aspetto autobiografico in modo singolarissimo, dispiegando davanti ai nostri occhi una fitta rete di riferimenti reali che senza l’aiuto delle note (e nella mia edizione occupano più di 200 pagine!) sarebbe impossibile decifrare e apprezzare nella loro complessità.

“(...) Ma qui ci troviamo di fronte a uno scrittore che esplicitamente gioca con le sue fonti e i suoi modelli come il gatto col topo, che inserisce nei suoi lunghi periodi scherzosi rovesciamenti di situazioni reali, contemporanee o del passato, che si diverte a manipolare l’esistenza o l’accaduto per farne una specie di romanzo-collage, di romanzo-satura, di romanzo-conglomerato, in una visione del mondo e della letteratura che tende a fare dell’una il grandioso pastiche o il contrappunto dell’altro. (...) Nei Guermantes l’azione tende a zero e la conversazione a infinito. Ma questo atteggiamento “conversante” non ha un suo spessore narrativo che possa prescindere dai riferimenti: i discorsi di Oriane, di Basin, di Charlus (...) sono tutti sostanziati di riferimenti. Questi costituiscono l’oggetto primario del parlare; non si aggiungono al testo per commentarlo, svelarlo o contraddirlo; sono il testo, la sua struttura portante, lo scheletro architettonico che collega e coordina tutto il resto.
(dall’introduzione all’edizione Mondadori)

Insomma, nei Guermantes qualsiasi personaggio, relazione, episodio, aneddoto, finanche il singolo gesto o la singola battuta, trae la sua origine o dalla Storia, così come è stata appresa da Proust, attingendo senza riserve a genealogie e parentele di tutte le più importanti (ma spesso anche secondarie, dimenticate, estinte) famiglie nobili nello spazio dell’intera Europa e nell’arco di oltre due secoli, o dalla sua esperienza personale; spesso da entrambe. A fronte del personaggio “inventato”, quindi, si pongono ben due modelli di realtà intrecciati fra loro: quella “storica”, indiretta, e quella privata, intima (ricordo che in più di un’occasione amici e conoscenti di Proust si sono risentiti e hanno persino “rotto” i rapporti, per essersi riconosciuti in uno dei personaggi del romanzo; così come, al contrario, è successo che Proust stesso si sia “vendicato” di alcuni sgarbi ricevuti, attraverso le pagine della sua opera). Il risultato è qualcosa di unico, a patto che si sia ben consapevoli dell’origine tutt’altro che fittizia di ciò che stiamo leggendo: è come assistere a un grandioso spettacolo, di cui ogni singolo elemento ha tanto più valore in quanto non corrisponde a mera citazione, nè a pura invenzione, ma a una via di mezzo fra queste due.
Per questa ragione, dei volumi letti finora questo è il primo in cui la tendenza introspettiva e centripeta tipicamente proustiana cede il passo a un confronto diretto con la Storia, anche con riferimenti al passato più recente (esempio lampante il rilievo dato all’affare Dreyfus).

Quanto ai contenuti di questo terzo capitolo, ho letto più volte che lo scopo dell’autore sarebbe quello di mostrare tutta la “pochezza” che si cela nei rinomati e altisonanti salotti dell’aristocrazia parigina del tempo (quelli connessi al famigerato faubourg Saint-Germain), la cui presunta inaccessibilità da parte del Narratore li aveva trasformati in qualcosa di mitologico, quasi soprannaturale. In realtà, per quanto l’ironia e l’intento dissacratorio siano innegabili, è anche vero che la descrizione di questi salotti non manca di fascino: queste riunioni, e in particolar modo la possibilità di accedervi o meno, erano regolati da legge molto ferree, non solo quelle dettate dell'etichetta, ma anche (e peggio!) dalle opinioni pubbliche e dalle simpatie/antipatie personali, di modo che un mancato invito (ma persino un invito stesso!) dipendeva spesso da interessi, favori, dispetti, ripicche, vere e proprie "strategie" di mondanità, e la semplice “lista” dei salotti nei quali si era "ammessi" poteva definire la popolarità o meno di un personaggio. Una volta introdotti, poi, le cose non diventavano più semplici, anzi: ogni atteggiamento, espressione, gesto, intenzione e intonazione, era il frutto di scelte attente e calibrate, in un continuo gioco di affettazione e dissimulazione.

Su tutto ciò, domina e brilla la duchessa di Guermantes, incontrastata protagonista di questo volume, l’unica che racchiude in sè il Genio di famiglia – che fa preferire loro l’intelligenza alla nobiltà, l’anticonvenzionale all’etichetta, salvo poi “onorare coi fatti ciò che disprezzano con le parole” – e lo “spirito dei Guermantes”, di fatto il suo carisma personale. Proprio in virtù di questo charme, a Oriane sono permesse cose che a nessun altro, magari di più alto lignaggio, sarebbe concesso; il suo fascino conquista tutti, Narratore compreso (che se ne innamorerà), salvo poi scoprire, una volta varcata la tanto sospirata soglia, che la realtà è ben lontana dai banchetti olimpici e dalle celestiali conversazioni che si era immaginato. Ma questa non è una novità, e io credo che la “colpa” non sia tanto della duchessa e della sua cerchia, ma del Narratore stesso, che fedele a se stesso non smette di costruire castelli intorno alle cose che lo attraggono, creandosi aspettative che, com’è ovvio, non potranno che restare deluse. Lui stesso ammette questa sua “debolezza” (era ora!), per cui l’onestà intellettuale lo spinge a riconoscere comunque le “qualità” dei Guermantes e della duchessa in particolare: un’ ”autentica cortesia aristocratica”, una squisitezza, una nobiltà – non del cuore, ma dei modi – che, seppure private ormai dei propri contenuti, sopravvivono come retaggio che si trasmette persino contro la propria volontà (vedi Saint-Loup e la sua presunta “modernità” anti-aristocratica).

Tutto questo sono I Guermantes... il resto è Proust: lo conosco, lo amo e mi inchino sempre davanti alla sua poesia.
 
Ultima modifica:

isola74

Lonely member
E che potrò mai dire dopo la ottima recensione di Ayu??? :boh::roll:

Per prima cosa confermo che la lettura non è stata per niente difficile come me la aspettavo... che mi stia abituando a Proust o che fossi più "carica" rispetto alle prime due volte non so, ma mi sono piacevolmente sorpresa anche di averci messo meno tempo del previsto:)

Per quanto riguarda l'opera, è vero che quasi tutto ruota intorno all'aristocrazia e al volerla in qualche modo "sminure"- ma forse sarebbe meglio dire "smascherare"- (avete presente I vicerè??) e M. ci riesce benissimo, specie nella seconda parte del romanzo, quando ci fa vivere in prima persona in due dei salotti più "in" della città. E lo schema che usa è quello classico che abbiamo già imparato a conoscere: prima una cosa la osanna e la idealizza e poi la ridimensiona, una volta deluse le sue altissime aspettative.
Certo, molte lungaggini le ho ho trovate pedanti e noiose, ma ormai fa parte del suo stile anche questo, è come un amico a cui vogliamo bene ma troviamo un po' noioso, eppure lo frequentiamo perchè tutto sommato non è una noia fine a se stessa...

Tra le pagine più belle vorrei sottolineare quelle sulla malattia della nonna, con le riflessioni sempre attuali sulla malattia e la morte....
E di non minore importanza, sottolineo che in questo voluime è molto presente la storia e forse ciò a contribuito a una lettura più "concreta".

In definitiva , io non mi sento di consigliarlo - ovvio- se non in una progetto generale di lettura dell'opera di cui fa parte... come stiamo facendo noi, (finora con ottimi risultati) perchè un solo volume non ha senso.
Eppuire per chi volesse cimentarsi ma ha paura, posso dire che la fatica (perchè E' faticoso!") è ricompensata dal fatto che all'improvviso ti imbatti in alcune pagine- con descrizioni e/o i famosi paragoni proustiani davvero notevoli. Come usa le parole lui, pochi sanno fare.
 

isola74

Lonely member
Qualche citazione

non fu senza melanconia ch'io constatai la mia indifferenza a ciò che un tempo avevo preferito addirittura alla mia salute .... .... come cambiamo..........

dormire non è presente il nostro io, perchè il pensiero resta altrove e manda al suo posto l'Abitudine.


E' stato detto che il silenzio è una forza; in un senso affatto diverso lo è , è terribile nelle mani di coloro che amiamo. Il silenzio accresce l'ansia di chi aspetta. Niente ci attira verso una persona come ciò che ci separa da lei, e quale barriera è più insormontabile del silenzio? (...)

"..essendo la medicina un compendio degli errori successivi e contraddittori dei medici, rivolgendoci ai migliori di essi abbiamo molta probabilità di implorare da loro una verità che sarà ric onosciuta falsa pochi aqnni dopo..":D

"..la sofferenza è in gran parte una specie di bisogno dell'organismo di prender coscienza di un nuovo stato che lo inquieta, di rendere la nostra sensiiblità adeguata a quello stato".
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Che dire di questo tomo se non che conferma la grandezza dell'opera, un'opera quasi pop, molto moderna, che unisce momenti sublimi a momenti scarsamente significativi. Come non ammirare la chiusa dell'opera che, dopo decine di pagine dove sembra che Proust faccia melina giusto per raccontarci un po' di vita mondana, ci stupisce con una delle pagine più alte e più vere sulla società del suo tempo, una critica così feroce neanche in un pamphlet dell'epoca poteva essere più efficace, solo descrivendo in punta di penna alcune battute e scambi fra i personaggi. La cosa geniale è che descrivendo quell'attimo, quell'attimo stesso diventa universale e diventa una rappresentazione della vita sociale di tutti i tempi quindi immortale, tanto che leggendolo oggi pare più che attuale, profetico anche per il futuro. Con Proust siamo davanti a uno specchio, noi e quello che ci sta intorno.
 

velvet

Well-known member
Questo volume è il dipinto della grande aristocrazia dell'epoca che Proust conosce bene e frequenta e che ci racconta in modo minuzioso e dettagliato presentandocela sotto due diversi aspetti. Da una parte la nobiltà con tutto il suo fascino e la sua poesia, fatta di nomi, di palazzi e castelli, di alberi genealogici che costituiscono la storia di Francia; dall'altra la società fatta di salotti esclusivi, vuote e futili chiacchiere, ristrettezza di vedute, consuetudini mondane, dove anche coloro che predicano larghezza di vedute come i Guermantes poi nei fatti si adeguano a ciò che è consueto nel loro ambiente.
Al termine il narratore sembra propendere per la visione disillusa di questa aristocrazia pur senza abbandonare completamente il fascino che lo aveva da principio conquistato.
Promosso anche questo volume che continua a dimostrare le incredibili capacità narrative di Proust (nonostante spesso ne abusi) e soprattutto tesse più degli altri quella trama unitaria che fa di questi volumi un'opera unica da leggere nella sua completezza.
 

Spilla

Well-known member
La tagliente, anche se ben dissimulata, ironia dell'autore mette in luce la pochezza morale e umana di una categoria sociale, quella della nobiltà di antico lignaggio, che abuon diritto avrebbe invece dovuto diventare guida culturale e morale di un'epoca smarrita. Il quadro che ne esce è sospeso tra il disprezzo e l'ammirazione (per il gusto, l'eleganza, il radicamento nella Storia). Il giovane protagonista non consente a se stesso di sentirsi deluso, il maturo scrittore quasi certamente sì.

Nonostante la grandezza dell'opera, non posso dire che per me si sia trattato di una facile lettura. La quasi totale assenza di momenti di intimità domestica e famigliare, che avevo amato nei primi due tomi, mi ha fatto sentire questa parte più distante e costruita rispetto alle precedenti.
 
Alto