Alcuni pensieri su un passo del barone rampante di Italo Calvino

benilibro

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Ciao tutti,
Per primo mi dispiace in anticipo per il mio italiano che sto ancora imparando (se vedeste errore accetterò correzioni con piacere). Vorrei qua condividere alcuni pensieri che mi sono venuti leggendo il barone rampante di Italo Calvino.

Il passo è il seguente :

" La luna si levò tardi e risplendeva sopra i rami. Nei nidi dormivano le cincie, rannicchiate come lui. Nella notte, all'aperto, il silenzio del parco attraversavano cento fruscii e rumori lontani, e trascorreva il vento. A tratti giungeva un remoto mugghio: il mare. Io dalla finestra tendevo l'orecchio a questo frastagliato respiro e cercavo d'immaginarlo udito senza l'alveo familiare della casa alle spalle, da chi si trovava pochi più in là soltanto, ma tutto affidato ad esso, con solo la notte intorno a sé; unico oggetto amico cui tenersi abbracciato un tronco d'albero dalla scorza ruvida, percorso da minute gallerie senza fine in cui dormivano le larve.

Andai a letto, ma non volli spegnere la candela. Forse quella luce alla finestra della sua stanza poteva tenergli compagnia. Avevamo una camera in comune, con due lettini ancora da ragazzi. Io guardavo il suo, intatto, e il buio fuor dalla finestra in cui egli stava, e mi rivoltavo tra le lenzuola avvertendo forse per la prima volta la gioia dello stare spogliato, a piedi nudi, in un letto caldo e bianco, e come sentendo insieme il disagio di lui legato lassù nella coperta ruvida, le gambe allacciate nelle ghette, senza potersi girare, le ossa rotte. È un sentimento che non m'ha più abbandonato da quella notte, la coscienza di che fortuna sia aver un letto, lenzuola pulite, materasso morbido! In questo sentimento i miei pensieri, per tante ore proiettati sulla persona che era oggetto di tutte le nostre ansie, vennero a richiudersi su di me e così m'addormentai"

Penso che questo brano fa riuscire la maestria di quest'autore a esprimere e trasmettere emozioni al lettore senza essere esplicito, ma piuttosto creando situazioni, usando figure di stile e sottigliezze che fanno capire in sottofondo un stato d'animo mentre quello che è scritto non lo dice esplicitamente. Per me, l'importante in questo brano è il sentimento di mancanza che il narratore prova verso il suo fratello, e proverò di mostrare, in quello che segue, come l'autore l'esprime al lettore.

La prima cosa da notare è il parallelismo nella struttura dei due paragrafi. I due cominciano con il tema del sonno e finiscono con il sonno: "... Nei nidi dormivano le cincie .... in cui dormivano le larve"/ "Andai a letto ... e così m'addormentai". I due sono divisi in due parti, una prima che descrive il luogo ed una seconda che inizia con un "Io" che introduce il narratore in quest’ambiante. Questo parallelismo di forma permette di metterli l’uno di fronte all’altro e di meglio sentirne l’opposizione, la distanza, che si manifesta di molti maniere.
Per primo, il luogo dove si iscrive la prima scena e all’aperto ed è illuminato dalla luna che « risplendeva », mentre l’altro è all’interno ed è illuminato da una candela. Uno immagina Cosimo, l’altro racconta la reazione del narratore suo fratello. Uno è pieno di personaggi che accompagnano Cosimo, ci sono « le cincie » che sono « rannicchiate come lui » , « cento fruscii », « rumori lontani » che « attraversano » il silenzio, « il mare » che ha un « frastagliato respiro », ci sono « anche le larve » e « un tronco » a cui Cosimo si tiene « abbracciato ». Invece nel altro paragrafo, c’è piuttosto la solitudine e la mancanza, c’è il letto « intatto », il « buio » che nasconde il fuori, il narratore è da solo con i suoi « pensieri », con sentimenti che « non l’hanno più abbandonati », « ansie », « disagi », è « spogliato » ed « a piedi nudi ». Cosimo è « affidato ad esso » e si tiene « abbracciato » a un « oggetto amico » mentre il narratore si « rivolta tra le lenzuola » e sente un « disaggio ».
Non è tutto, il primo paragrafo ha le caratteristiche lessicali del immaginazione, del mistero e della favola, si trova le parole « risplendeva » per quanto riguarda il modo con cui la luna illumina la scena, il narratore non ascolta ma « tendevo l’orecchio », cerca di « immaginarlo », il tronco è percorso di « minute gallerie senza fine », i rumori sono viventi, sono un « frastagliato respiro ». L’altro paragrafo invece è il luogo della realtà, della realtà senza fantasia, scomoda e vuota. Il narratore questa volta « guardavo », poi scopre verità « avvertendo forse per la prima volta », si parla di « coscienza » di « disagio » di « ansie », nella stanza tutto che ci trova sono letti che sono « bianchi », « puliti » , « morbidi » (quindi senza fantasia) e ci manca presenza poiché un letto è « intatto ».

Questo passo per me è una pittura del sentimento di mancanza che si trova proprio nella tensione tra un ricordo, un sentimento caro e caldo, e la realtà che adesso è senza sapore. Mettendo queste due immagini l’una di fronte a l’altra, l’autore ci fa capire in sottofondo il stato d’animo del narratore di cui anche lui non sembra consapevole nella sua innocenza.
Per me è un veramente bellissimo brano di letteratura.
 
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