Muore THE GREATEST: Muhammad Ali!

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Pensatore silenzioso 😂
Se questa sezione è dedicata ad altre arti e altra cultura, come da sottotitolo, vorrei rendere omaggio al più grande pugile che sia mai salito su un ring: Muhammad Ali (ex Cassius Clay). Il primo pugile della storia della boxe a laurearsi campione del mondo per tre volte, dopo essere già stato campione olimpico a Roma nel 1960.

La mia passione per la nobile arte, che seguo fin da bambino, mi suggerisce che il nome di Sugar Ray Robinson dovrebbe stare come minimo alla pari del grande pugile di Louisville, Kentucky. Ma Ali era "the greatest" anche fuori del quadrato.
Una volta disse: "Ero il più grande ancora prima di diventarlo!" Louisville Lips, uno dei tanti suoi soprannomi che gli avevano affibbiato, non stava mai zitto. Indovinava il round in cui avrebbe messo KO l'avversario... Se lo è preso il Signore stanotte che l'avrà accompagnato di certo accanto al suo grande rivale di sempre, Joe Frazier. Storici gli incontri fra i due. Soprattutto il primo "The Fight" e il terzo, "Thrilla in Manila" (oltre che la più grande performance pugilistica e sportiva di tutti i tempi, "Rumble in the Jungle", nella quale Ali sconfisse l'imbattuto George Foreman nel ring di Kinshasa, in Zaire, allora Congo belga).

Ali soffriva della sindrome di Parkinson da 35 anni. Era stato ricoverato in un ospedale di Phoenix, AZ per dei problemi respiratori. La notizia data dai familiari alle 04:45 del mattino circa lascia sgomenti tutti gli appassionati di pugilato, del mondo dello sport e non solo.

Urge quindi consigliare il più bel romanzo documento sulla boxe; scritto da Norman Mailer, "Il Match" racconta l'intera vicenda a cui Mailer assistette vivendo accanto ad Ali per diverse settimane e che non tarderò a recensire dettagliatamente nell'apposita sezione.

R.I.P.
 

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"Breve" riassunto della vita di Muhammad Ali

RUMBLE IN THE JUNGLE - note sul l'incontro in Zaire contro George Foreman. -

Se mai un pugile era stato in grado di dimostrare che la boxe era un'arte del XX secolo, quello era Muhammad Ali.

Qualcuno di voi avrà sicuramente letto Hunter S. Thompson o Truman Capote; "A sangue freddo" è l'esempio che meglio descrive il romanzo documento, beh, questo "Il match" di N. Mailer lo è anch'esso.
Mailer scrive di Norman in terza persona. Quasi a voler intendere che quello che è successo in quei giorni in Africa lui l'ha interpretato come si spera tutti i presenti avrebbero dovuto.
Nor'min, come lo pronunciava Ali, con il suo accento del Kentucky, era stato invitato a seguire l'evento che sarebbe diventato uno dei più grandiosi di tutto lo sport, non solo della boxe. Infatti non si trattava solo di un incontro per il titolo mondiale dei pesi massimi. Era molto di più. E una volta laggiù, nel bel mezzo dell'Africa più nera, in un paese guidato da uno dei più feroci dittatori che l'Africa avesse mai conosciuto, George Foreman e Muhammad Ali scrissero un pezzo di storia che rimarrà per sempre nelle menti di chi c'era e anche di chi ha seguito l'evento da lontano.

Quasi a fine carriera Smokin' Joe Frazier, il campione dei pesi massimi dovette affrontare per il titolo un giovane George Foreman che prepotentemente, colpo su colpo, knock out su knock out era diventato lo sfidante numero uno nelle classifiche mondiali. Sembrava invincibile. I suoi avversari duravano sul quadrato non più di qualche round. Poi Big George li spediva a nanna con un uppercut micidiale o un largo destro alla tempia. Foreman incarnava il negro cattivo, un gigante senza pietà, uno cresciuto nel quartiere più malfamato di Houston, Texas. Uno che aveva dovuto fare a pugni per la strada sin da ragazzino per non farsi rubare la merenda o quei pochi spiccioli che aveva in tasca. Rubava lui soldi e merenda agli altri ragazzini. Era l'unico modo con cui sapeva procurarsi le cose. Con la forza. A lui pareva normale; quali altri modi c'erano nel ghetto nero del suo quartiere?

Frazier andò al tappeto sei volte nel primo round e quattro volte nel secondo, poi l'arbitro sospese l'incontro e a poco più di vent'anni Foreman si trovò ad essere il più micidiale peso massimo della storia della boxe. Più cattivo di Sonny Liston, colpiva più forte di chiunque altro. E nei pochi secondi in cui i pugili si fissavano, mentre l'arbitro dava loro le ultime istruzioni prima dell'incontro, il suo sguardo assassino te lo faceva capire. Il dolore, il male fisico dei suoi colpi lo incominciavi a "sentire" già da quelle occhiate. Foreman aveva, in passato, espresso il truce desiderio di ammazzare un rivale sul ring. La stampa lo riteneva imbattibile. George Foreman si portava i grizzly sulle spalle (alcuni dicevano che li uccideva lui a mani nude!), abbatteva alberi, trascinava automobili legandosi delle cinghie sul torace e sulle spalle. Si allenava anche così.

Dopo qualche difesa al titolo si cominciava a credere che davvero non ci fossero avversari in grado di, non solo sconfiggere Foreman, ma anche solamente di offrire una disputa almeno degna di un incontro di pugilato. Pure Ken Norton era andato al tappeto in due round, dopo di aver sfidato Foreman per il titolo.
Al che ad uno dei più subdoli ed influenti organizzatori di incontri di boxe, Don King, un ex galeotto che aveva studiato in carcere mentre scontava una condanna per rapina a mano armata, venne un'idea: offrì cinque milioni di dollari ciascuno a Foreman e ad Ali per un match che avrebbe dovuto decretare il campione dei campioni. Fece firmare un'opzione ad entrambi. Ma ora doveva trovare 10 milioni di dollari!
Incominciò a girare la voce circa l'incontro del secolo ed Ali iniziò la sua solita tiritera su come avrebbe sconfitto l'imbattibile Big George. Ali era solito dare dei nomi agli avversari che incontrava: Sonny Liston era "The big ugly bear", Floyd Patterson era "The rabbit", George Chuvalo era "The washwoman".
Bene, durante una conferenza stampa in cui criticò aspramente il modo di combattere di Foreman trovò un appellativo anche per lui: "The mummy" (La mummia). Foreman non aveva stile, la sua potenza era esagerata dalla stampa: Frazier era andato al tappeto 10 volte, ma 10 volte si era rialzato. Oltre a questo, Foreman non aveva mai compartito per 15 riprese. Ali era abituato alle battaglie sul ring. Avrebbe danzato, danzato è ancora danzato!
"We gonna dance! We gonna dance all night long!"

Scusate la lentezza ma ho dei problemi con entrambi i miei genitori. La vecchiaia è una brutta cosa, ahimè. Fra ospedali e visite ed esami, fra me e mia sorella non ne andiamo fuori...

Intanto questo è d'obbligo: da vedere assolutamente. È non solo per gli amanti della boxe!

Work in progress.
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