Le montagne
Tempo fa, vicino a Bazzano, le montagne
erano un grande coro nero.
Le montagne erano una nera assemblea.
Ma questa mattina ho visto le montagne da vicino
E so che hanno una bellezza delicata.
Dalla carne delle montagne vengono
quei fiori di ciliegio, gli alberi che alzano
le loro braccia fiorite in una dolce preghiera.
Ciliegi con la pelle particolare (non corteccia)
dei loro tronchi
che sembrano robuste braccia umane.
Vicino al fiume –
acqua azzura e pietre bianche.
Le montagne ora sono verdi.
Su di esse sono chiazze di grano e di viti,
trace venale di un popolo non bello.
Volevo maledire i miei occhi encefalitici,
ma non maledissi nulla, perché la mattina
era bella e c’era pace nel mio cuore.
Verdi, nuove, dolci, delicate, le montagne.
Figlie del vecchio anno passato,
tutte abbigliate per dire di nuovo alla Primavera:
“Tu sei sacrosanta e dolce, dolcissima” –
mandano alla primavera un messaggio: che se vuole tornare
le montagne sono pronte, prima del tempo.
Questa mattina ho lasciato cadere un fardello
che mi gravava da anni.
Emanuel Carnevali
Poco fa ho scoperto la poesia di questo poeta straordinario.
Cercando informazioni su di lui ho letto queste parole:
"
Vedrai, te ne innamorerai…” (Paolo Pianigiani) e anche io mi sono innamorata della sua poesia:
Sapevo che in questo mondo
quando due cose si avvicinano e si toccano,
il risultato è un bacio,
che l’orizzonte infinitamente delicato
tocca la terra baciandola,
che non c’è suono o poesia
se non quando due cose
si incontrano e si abbracciano.
Luoghi comuni
Che piacere vederti
Che piacere vederti:
la mia vita mancava
di qualcosa:
ed ecco che vieni tu
ad appagare il desiderio di te
nel respiro di un'ora triste.
È certo che ti volevo vedere
perché ti saluto con parole troppo comuni
per nascondere una bugia:
"Che piacere vederti".
Venti in visita
Dalla finestra aperta,
una volta sola e non più,
entrano i venti in visita
dall’infinito.
Tutte queste parole
le ho lette un milione di volte −
sempre le stesse parole,
sempre le stesse…
Venti in visita…
L’ultimo giorno
I miei occhi sono grida acute
come gli occhi di un cane frustato, affamato
C’è un giornale
accartocciato
ucciso dal fango
Le mie mani spaventate
tremano
dissennate
e la tua mano bianca
la sento
dentro di me che strappa quel poco di anima
che ancora mi resta.
Ai poeti
Essenze di ogni bellezza popolare,
violini dalle corde vibranti
lunghe, soffici, delicate armonie –
anche se sfiorati dalle ruvide dita del mondo
anche se sfiorati dalle fredde dita del dolore –
pensate al giorno in cui, dormendo nelle vostre tombe,
sarete svegliati dal tuono delle vostre voci
e dal vento forte e gelido della vostra musica:
poiché nel suolo fertile degli anni
le vostre voci fioriranno mutando in tuono,
la vostra musica muterà in vento che monda e gener
Quella mattina l’alba salì dai fradici selciati cittadini,
era un respiro grigio e ammalato.
Mi ero speso chiedendo alla notte il sonno.
Ero a pezzi – soltanto lo spirito del male interamente in me;
c’era una maledizione sulle mie morse sanguinanti labbra…..
e poi…..
Oh, poi giunse il solito vecchio impudente fantasma;
portava i miei sformati e logori calzoni, e non era rasato;
la sua faccia avevo visto nello specchio
sin troppe volte.
Tormentato dalla malattia, “stanco di essere stanco” , egli cerca di non perdersi d'animo:
“Una volta fuori dalla casa di cura mi sentii rinnovato, ristabilito. Non ero mai stato tanto felice. Non ero io a essere nuovo, ma l’universo intero intorno a me. La primavera era tutta un lievito, tutta un movimento, tutta una frenesia di danze e di ritmi, tutta nuova e pulita…
Tutto era fresco, nuovo, bello. Ogni cosa intorno a me pareva importante, vitale, potente, forte. Fluttuavo nell’aria dei pomeriggi ventosi. Danzavo sulla città e la campagna, contento, timorosamente contento. Non mi sentivo quasi più solo – quel tanto che bastava a temperare la mia contentezza; ero fiero di capire tutta quella gioia, quel movimento che era anche più bello della gioia, tutta quella nuova, così nuova, tranquilla freschezza della vita. Persi la testa dalla gioia, un giorno, quando una ragazzina, che avevo oltrepassato per strada, mi disse «tesoro». Fui felice per tutto il giorno. Ballai, ballai davvero, e dipinsi alcune figure nella mia stanza e ripresi a scolpire con la plastilina” (da Il Primo Dio)
Mi sembra che queste parole erano trasformate nella poesia
Le montagne (“…nel 1922 ritornò in Italia, dove visse gli ultimi vent'anni fra l'ospedale e varie pensioni di Bazzano, il Policlinico di Roma e la clinica bolognese Villa Baruzziana” ), è stato un passaggio dalla disperazione alla pacificazione:
“Volevo maledire i miei occhi encefalitici,
ma non maledissi nulla, perché la mattina
era bella e c’era pace nel mio cuore.”
Emanuel Carnevali (Firenze, 4 dicembre 1897 - Bologna, 11 gennaio 1942), è stato un poeta e narratore italiano, che merita di essere conosciuto, apprezzato e ricordato.
"(...) io sono incerto come ramo curvo di salice
che fa cenni nell'acqua
Ammiro il diavolo perché lascia a metà le cose
Ammiro Dio perché finisce tutto."
Emanuel Carnevali