Conoscevo già Elizabeth Strout per aver letto, un po' di tempo fa, Olive Kitteridge, il suo romanzo certamente più famoso. Di quella lettura ho un ricordo piacevole, ma molto vago… so per certo, però, che non sarà lo stesso per Amy e Isabelle: questo libro è decisamente difficile da scordare, almeno per me… mi è piaciuto molto di più, mi ha coinvolta emotivamente, ha toccato corde profonde.
È la storia di una madre e una figlia adolescente che, dopo aver vissuto quasi in simbiosi per sedici anni (questa l'età di Amy), si ritrovano d'improvviso ad odiarsi, acerrime nemiche, presenze ostili obbligate a convivere. Tutto cambia, improvvisamente, quando Isabelle scopre delle cose su Amy che le fanno capire che la figlia che credeva di conoscere è cresciuta, maturata, sta emancipandosi da lei ed anzi contro di lei. Quella figlia cui ha dedicato la vita è, in realtà, una sconosciuta ribelle ed ostile che forse la odia, di sicuro le si rivolta contro e non vuole parlarle. Cosa ha scatenato quest'onda d'urto? Ad un primo sguardo potremmo dire che è stato l'amore, ma indagando un po' più a fondo scopriremo che tutto si deve alla paura. Paura di non essere all'altezza l'una dell'altra, all'altezza della società di una piccola cittadina di provincia, all'altezza delle aspettative del prossimo, di se stesse, dell'uomo che si desidera e si crede di amare. Paura di fallire, di non proteggere abbastanza, di deludere chi ci è caro, paura che gli errori del passato si ripetano e si tramandino.
Amy e Isabelle è un romanzo toccante e bruciante sull'adolescenza e il rapporto madre-figlia, ma anche sulla necessità di vivere la propria vita senza costrizioni, libere da pregiudizi o condizionamenti sociali, economici, religiosi, culturali… una necessità che non è superficiale e frivola, ma che è parte del bisogno di autodeterminarsi che riguarda intimamente ognuno di noi.