Cechov, Anton - Il giardino dei ciliegi

Minerva6

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E' l'ultima opera di questo autore, composta nel 1903, in toni di commedia e di farsa, ma che la prima volta fu rappresentata come un dramma. Ed anche in seguito a volte è stata ripresa in questo modo.
Infatti io non avevo finora mai letto nessun testo teatrale di Cechov proprio perché erroneamente li ho sempre considerati drammatici, invece voglio consigliarli vivamente a tutti, anche perché li trovo scorrevoli e ancora attuali.

Spoiler: narra le vicende di una famiglia aristocratica russa che ritorna nella sua proprietà in campagna (piena soprattutto di alberi di ciliegi) e che poi purtroppo verrà messa all'asta per riuscire a pagarne l'ipoteca, perché pur prospettando tutti i modi di conservarla, alla fine non ne metteranno nessuno in atto.
 
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alessandra

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SPOILER
Come al solito quando leggo un'opera di Cechov mi trovo senza parole, non solo per la sua straordinaria bellezza ma anche perché è difficile scrivere un commento: per mezzo dei dialoghi tra personaggi singolari e perfettamente delineati sin dalle prime battute, l'autore ha già detto tutto, e l'ha detto splendidamente. L'argomento è per me anomalo, si parla di aristocrazia decaduta, dello strazio di persone abituate all'agiatezza che all'improvviso si ritrovano senza più niente in mano, dolore dovuto anche alla loro leggerezza nel gestire qualcosa che hanno sempre dato per scontato. Il simbolo della vita dei protagonisti è appunto il giardino dei ciliegi, che la nuova e ricca borghesia, ormai sua proprietaria, decide di abbattere per costruirci una tenuta. Leggerezza da una parte, eccesso di senso pratico un po' volgare dall'altra: Cechov non manca di rappresentare nessuna categoria, dando poi a ciascun personaggio le proprie singole caratteristiche, e allo stesso tempo condanna e perdona tutti. Ljuba forse è colei che mi è rimasta più impressa, così fintamente vivace, generosa in maniera incosciente e colpita da un dolore eterno, quello della morte di un figlio. Ho ritrovato la sincerità o meglio la mancanza di formalità nei dialoghi, aspetto per me comune a molti autori russi, anche nei romanzi: ciascuno dice a chiunque tutto ciò che gli passa per la testa, o quasi, senza il timore di offendere l'altro.
Bellissimo.
 
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