Shelley, Mary

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Mary Shelley fu una delle prime “maledette” e una delle prime femministe della storia. Una delle prime donne a scrivere libri e una delle prime a capire la propria epoca. Un’epoca sospesa tra romanticismo e razionalità. Un periodo di grandi fermenti, di grandi innovazioni, ma anche di grandi paure. E la Shelley si tuffò nelle seconde, non vedendo nulla delle prime.

Fu maledetta perché dedicò la propria vita, sofferta e contraddittoria, alla propria arte. In lei parole e vita si fusero in un connubio onirico e disperato. Il romanzo non era più un’appendice esterna attorno alla quale borghesi annoiati, sognavano di uscire dalla propria gabbia dorata. Don Chisciotte era un fantastico cavaliere, un po’ svitato, che cercava nel mondo salvezza e originalità. Tom Jones e Gulliver sostenevano anch’essi, con la propria figura, il genere cosiddetto picaresco, che altro non era se non racconti di fuga, evasione, sogno. La realtà, per chi leggeva libri, era pigra e indolente e bisognava in un modo o nell'altro fuggirne.

La Shelley si tuffa disperatamente nel primo Romanticismo. Che era brutto e odorava di morte, di follia. “Romantico” era un termine negativo, utilizzato da chi vedeva nella magia, nell’esoterismo, nel culto della morte, la coda mefitica del periodo buio per eccellenza. Quel Medio Evo che si voleva far sparire dall’orizzonte per guardare avanti. Alla luce e alla speranza di un mondo guidato dalla tecnica e dalla scienza.

Benjamin Franklin (proprio lui, il padre dell’America) inventa il parafulmine. Era riuscito a incanalare l'elettricità, benché non fosse un mago. Era riuscito a ingabbiare quel fenomeno incomprensibile che si guardava con terrore nel cielo. Era Dio che scagliava i fulmini sulla terra, peccatrice e senza speranza. Lo avevano insegnato i greci, i pagani e ancora allora si credeva che il fulmine fosse un momenti di purificazione.

L’elettricità era visto come l’esatto contrario della scienza, del razionale. Dal nulla la luce, in modo istantaneo e imprevedibile. Il classico coniglio dal cilindro, che non si sa da dove venga. Con la luce molti cercheranno di dar vita ai morti, tentando di incanalare non più solamente i fulmini, ma l’anima stessa della razza umana. Si tenta di captare il monito di Dio per dare la vita.

Esistevano centri in cui si uccidevano le persone per sperimentare la rinascita attraverso le scariche elettriche. Ecco il lato b del romanticismo, che guardava alla morte, alla follia e all’irrazionale come il punto di approdo della vita. Altro che baci languidi e carezze. Quello stesso lato b dell’epoca vittoriana, solo in apparenza fatta di giochi e sollazzi.

Frankestein, la sua opera più riuscita, non è un’opera di fantasia. E’ un libro che racconta di come la tecnologia possa sfuggire dalle mani del creatore, di come la ricerca spasmodica di una verità oltre il razionale possa far perdere il lume della ragione.

La follia porta alla distruzione, ma anche a quell’ingegno che produce arte imperitura. Shelley era una folle, un genio, una disperata che morì, forse, non di malattia, come si disse all’epoca. Forse morì di quello stesso stato confusionale che pervadeva il mondo. Un mondo scaramantico e un’artista immortale, fusi in un destino di luce e di buio. Di speranza e di morte.
 
Ultima modifica:

Ondine

Logopedista nei sogni
Figura affascinante questa scrittrice, fascino che emerge leggendo "Frankenstein", chiamato anche "moderno Prometeo".
Il romanzo gotico è il mio genere preferito e se a ciò viene aggiunto il tema del doppio ecco che mi conquista.
Ciò che apprezzo di questo romanzo è la non distinzione netta tra bene e male ma la dinamicità della natura umana, il suo evolversi e involversi continuo.
Nessuno è totalmente buono e nessuno è totalmente cattivo ma subiamo emotivamente gli eventi, indipendentemente dalla nostra volontà.
Siamo esseri fragili in fondo, sembra volerci comunicare la scrittrice, che si rivela profonda conoscitrice dell'animo umano grazie anche alle sue esperienze di vita, una vita coraggiosa, coerente con se stessa.
 

Leeren

Member
La storia dei coniugi Shelley mi ha sempre incuriosita molto, mi è capitato di cercare quà e là informazioni varie, pare che fossero molto innamorati, Percy Shelley era sposato quando conobbe Mary, quindi lei fu la sua amante per molti anni, peraltro Percy, vuoi per anticonformismo vuoi per diletto, si diceva a favore dell'amore libero quindi ogni due per tre tentava di far partecipare qualche amico nelle relazioni ed è probabile che lui facesse altrettanto, la moglie si rifiutò sempre mentre pare che Mary si lasciò convincere anche se pare che lei acconsentisse per amore di lui. Nonostante lui fosse di origini nobili i due non se la passavano benissimo, il padre di lei William Godwin, che Percy inizialmente ammirava molto come scrittore e filosofo e da cui aveva preso molte delle sue idee radicali e rivoluzionarie entrando in contrasto con la sua famiglia aristocratica, era pieno di debiti e quando Percy smise di pagarglieli lui disapprovò la sua relazione con Mary, allora i due fuggirono in un rocambolesco viaggio per l'Europa e tornarono solo quando ebbero finito tutti i soldi.
Qualche anno più tardi conobbero Byron e Polidori e nella famosa villetta sul lago di Ginevra in una notte tempestosa, mentre discutevano dell'elettricità, delle nuove scienze e di macabri esperimenti, leggendo romanzi gotici e storie di fantasmi ebbero l'idea di organizzare un gioco e scrivere ognuno una storia di paura, Mary a seguito dei discorsi della giornata sognò e raccontò una prima bozza di quello che sarebbe poi diventato il suo titolo più celebre: Frankenstein.
Il romanzo venne pubblicato in forma anonima con una prefazione di Percy, pertanto la critica inizialmente lo ritenne un suo romanzo, non mancarono nel frattempo le tragedie, la sorella di Mary e la moglie di Percy si tolsero la vita. Percy sposò Mary ma i continui debiti e la possibilità che gli venissero tolti i figli li spinsero ad abbandonare l'Inghilterra e approdarono in Italia dove viaggiarono in lungo e in largo e impararono la lingua.
Purtroppo però i figli morirono in Italia di malattia, Mary ne fu profondamente scossa e per un periodo si allontanò da tutto rifugiandosi nella scrittura, la nascita del terzo figlio a Firenze la risollevò, anche se sia Mary che Percy erano in cattiva salute. Inoltre Percy continuava ad intrattenere relazioni con altre donne, pertanto anche Mary che pure non era contraria agli ideali dell'amore libero cercò suo malgrado di instaurare nuove relazioni. Dopo che Mary perse un altro figlio si allontanò ancora di più da Percy, i due vivevano in un paesino vicino a Lerici, in provincia di La Spezia. Il Golfo di La Spezia viene chiamato Golfo dei Poeti proprio in virtù di tutti i poeti, scrittori e artisti che vi soggiornarono, tra cui ovviamente i coniugi Shelley e lo stesso Byron.
Un giorno Percy si recò in Toscana partendo proprio da quel golfo con una barca ma non fece mai ritorno perché una tempesta colpì l'imbarcazione. Il suo corpo fu ritrovato qualche giorno dopo a largo di Viareggio dove venne cremato in un rito voluto da Mary stessa e a cui parteciparono anche gli amici tra cui Byron. La leggenda vuole che gli amici riuscirono a estrarre il cuore dalla cassa toracica di Percy prima che bruciasse e Mary lo custodì in uno scrigno di legno fino alla sua morte.

I coniugi Shelley vengono presi a esempio per il loro amore tenace, i giovani sognano un amore come il loro, ma mi sono sempre chiesta, anche alla luce delle ricostruzioni storiche degli avvenimenti della loro vita, quale fosse tutta la verità della natura del loro rapporto. Forse il loro è l'esempio di come i posteri riescano a trasformare in leggenda persone con problemi comuni e che di eroico e senza macchia hanno ben poco...devo sicuramente informarmi di più a riguardo! La loro storia è comunque estremamente interessante, la vita di Mary Shelley segnata dal dolore e dalla malattia, la scrittura come riscatto.

Ah ovviamente è uscito il film di Mary Shelley al cinema e conto di vederlo quanto prima! :paura:
 
Alto