Zerocalcare - Kobane calling

velmez

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Tre viaggi nel corso di un anno. Turchia, Iraq, Siria, per documentare la vita della resistenza curda in una delle zone calde meno spiegate dai media mainstream. Zerocalcare realizza un lungo racconto, a tratti intimo, a tratti corale, nel quale l'esistenza degli abitanti del Rojava (una regione il cui nome non si sente mai ai telegiornali) emerge come un baluardo di estrema speranza per tutta l'umanità.

Questo è il classico libro che vorrei diventasse obbligatorio nelle scuole!
l'argomento è complesso e l'opinione comune generalmente vive all'oscuro di quel che sta accadendo veramente in Siria in questi anni... sarà che quando leggo Zerocalcare mi sembra di star discutendo con un amico, la lettura di questo libro è quanto di più semplice, onesto e diretto abbia letto fino ad ora sulla guerra in Siria!
Assolutamente consigliato!!
 

Jessamine

Well-known member
Seguo Zerocalcare da diverso tempo, ma chissà perché mi sono sempre limitata a leggere - con molto piacere - il suo blog, senza mai decidermi ad affrontare una sua pubblicazione. Forse perché effettivamente non sono una grande appassionata di fumetti, ne conosco pochi e ne ho letti ancora meno, e nonostante si tratti di un mondo che mi piacerebbe molto approfondire, spesso ho l'impressione di annegare in un grande mare in cui è davvero difficile raccapezzarsi. E quindi rimando, leggo ogni tanto giusto un titolone famoso anche tra chi non segue minimamente il mondo dei fumetti e mi limito a pensare che prima o poi dovrei decidermi ad esplorare questo lato della narrazione. In effetti è noioso, lo ripeto ad ogni commento di quei pochi fumetti che leggo, ma mi sembra doveroso mettere le mani avanti e specificare che i miei sono commenti del tutto estemporanei, commenti “di pancia”, i commenti di chi non sa niente di illustrazione e pochissimo di narrazione, e per qualche caso fortuito si mette a leggere un fumetto quasi senza sapere che cosa sia un fumetto.
In questo caso però mi sento di dire che tutto questo è perfettamente inutile (e giustamente, direte voi, avrei anche potuto anche risparmiarvi il papiro precedente, insomma, tant'è), perché “Kobane calling” è qualcosa che si discosta molto da una semplice opera di narrazione a fumetti: il fumetto è un mezzo per parlare di qualcosa di talmente importante da mettere in secondo piano tutto il resto.
Zerocalcare ha un modo di raccontare le cose che mi piace tantissimo, perché si nasconde dietro un velo di leggerezza e ironia, di battute e riferimenti popolari per parlare di cose serie in modo serio: “Kobane calling” non ha mai la pretesa di essere un resoconto giornalistico, un saggio storico o un trattato di geopolitica, eppure c'è molta più serietà nell'affrontare determinate questioni in questo fumetto che in tanti servizi televisivi o articoli di giornale. Zerocalcare non ha intenti di formazione, si limita a raccogliere le tavole che raccontano dei suoi viaggi nel cuore della resistenza curda, e lo fa con un'onestà intellettuale che difficilmente ho trovato da altre parti. Non si può certo pretendere di trovare in questo fumetto una trattazione esaustiva della situazione geopolitica di Siria, Turchia, e Iraq, ma certo è un bel punto di partenza per distaccarsi dalle visioni confuse e sensazionalistiche che i media riportano, e adottare il punto di vista di chi in certe zone ci è stato, di chi ha parlato con i combattenti curdi, e riporta la sua esperienza in maniera trasparente e il più possibile onesta.
E già questo intento, da solo, varrebbe tutto il fumetto, anche se fosse disegnato coi piedi e noiosissimo.
Ma il punto è che, per nostra ancor maggiore fortuna, non è così: Zerocalcare racconta le cose in modo terribilmente piacevole, leggendolo si ha proprio l'impressione di chiacchierare con un amico molto intelligente ma anche molto simpatico, che sa mescolare in maniera del tutto naturale argomenti terribilmente seri, importanti e complicati a battute sulle serie TV o sulle merendine, ma lo fa con l'intelligenza di chi sa giostrarsi benissimo fra il rispetto delle situazioni più strazianti e il bisogno di ricordare al lettore che si può anche sorridere e ridere di inezie. E così ci si ritrova, nel giro di poche strisce, ad arrabbiarsi per l'ipocrisia dei media occidentali, per poi non riuscire a trattenere una risata davanti alle reazioni del protagonista, e infine a piangere amaramente leggendo le storie di certe persone straordinarie. Per poi ricominciare a ridere, arrabbiarsi, e piangere.
E a riflettere, soprattutto.
Che non è forse abbastanza, perché le riflessioni fatte sul divano di casa, dal caldo confortevole di una vita tutto sommato sicura e tutelata servono fino ad un certo punto, ma il resto deve venire da qualche altra parte, non certo da un fumetto. E se un fumetto può servire almeno un po' a far vibrare alcune corde, be', direi che è già un'ottima cosa.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Zerocalcare in questo momento è il migliore fumettista italiano, capace anche di creare delle graphic novel di impegno civile come questo partendo sempre dalla sua esperienza personale. Una storia che raccontata con lo stile dell'autore non perde di importanza nonostante la leggerezza del tratto e dello scritto. Interessanti i contenuti ma amo molto come riesce a descriverli graficamente che, se pur con qualche ingenuità, comunicano sincerità e riflessione.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Ho inserito questo libro nella mia wishlist non perchè mi interessasse particolarmente fare la conoscenza di Zerocalcare (sebbene una certa fama avesse iniziato a incuriosirmi), nè perchè volessi provare a tutti i costi una lettura alternativa (sebbene... perchè no?!), ma per l’argomento trattato. Talmente grande sta diventando la mia passione letteraria per le “porte aperte sulla Storia” (che sia passata, recente o contemporanea non ha importanza, basta che mi offra l’occasione di imparare qualcosa di nuovo), che il racconto di un viaggio a Kobane, nel cuore della resistenza curda, non poteva non attirare la mia attenzione.

Intendiamoci, non consiglierei mai questa graphic novel a chi sia interessato ad approfondire seriamente la vicenda del Kurdistan e della guerra in Siria. Zerocalcare non ha scritto un testo di geopolitica e ne è ben consapevole: più volte chiede scherzosamente perdono a noi lettori per le necessarie semplificazioni, che riducono anni, persino decenni di Storia a poche vignette volutamente ironiche, che lui stesso definisce “pipponi”... D’altra parte penso che, per chi non conoscesse questo autore, così come non lo conoscevo io, iniziare da Kobane calling non sia proprio la scelta più adatta. Ma mettiamola così: se non mi fossi imbattuta in questo titolo, forse non avrei mai letto questo autore e sarebbe stato un peccato, perchè indubbiamente Zerocalcare ha del talento. Non posso paragonarlo ad altri fumettisti essendo la prima volta che leggo una graphic novel, però mi è piaciuto, mi ha divertito, mi ha coinvolto dalla prima all’ultima pagina. E mi ha aiutato a superare un certo pregiudizio che innegabilmente nutrivo per un genere che non è annoverato proprio fra quelli di “alta letteratura”.

Ma torniamo al contenuto: mea culpa sapere così poco di un argomento così importante e soprattutto così vicino, nel tempo e nello spazio. Imperdonabile quindi che io mi sia ridotta ad apprendere alcune informazioni fondamentali da questo libro e non dai giornali/telegiornali... Ma, fatto il danno, questa è stata la mia modesta espiazione: venire a sapere, anche se solo a grandi linee, cos’è il Rojava, cos’è il confederalismo democratico e quali sono i valori su cui si fonda, chi è Ocalan (ne ricordavo solo vagamente il nome), chi sono i PKK e qual è il ruolo della donna in questa battaglia che non è solo la rivendicazione del diritto all’autodeterminazione di un popolo, ma a principi sacrosanti quali l'uguaglianza di genere,la sostenibilità ambientale, la tolleranza per le diversità religiose, culturali e politiche. Utopia? Se lo è, è l’utopia più concreta e coraggiosa di cui abbia sentito parlare, almeno in tempi recenti. Ma preferisco parlare di un progetto, di una sfida tutt’al più, una sfida che molti, quasi tutti (a quanto ho capito) sostengono a parole e nessuno nei fatti.
Troppi dubbi, troppe domande ha suscitato in me la lettura di questo libro, e fin da subito ho cercato (magari in modo semplicistico) di trovare alcune delle risposte che riescano a colmare le mie enormi lacune in materia. Non sarà certamente sufficiente, ma avevo bisogno di una spinta a iniziare, di un’occasione, e questa l’ho trovata in Kobane calling.

Mi soffermo ancora qualche riga per dire che, a prescindere dal contenuto, lo stile di Zerocalcare mi è piaciuto molto: senza mai prendersi troppo sul serio, offre spunti di lettura di tutto rispetto. Tante, tantissime volte non ho potuto trattenere vere e proprie risate leggendo la difficoltà del protagonista di adattarsi a un’esperienza indubbiamente forte ed estrema, delle sue paure di giovane adulto “qualsiasi”, del suo continuo rapportarsi, anche nelle situazioni più difficili, alla sua personale realtà, che non è Roma, ma Rebibbia: il micromondo che resta il suo incrollabile punto di riferimento persino a un tiro di schioppo dai militanti dell’ISIS. Ad esempio mi sono piegata in due di fronte alle vignette che rappresentavano la sua crisi di astinenza da merendine occidentali, solo mitigata dall’insorgere di una nuova droga tutta locale: il chai.

L’unica pecca, che mi ha sinceramente infastidito, è stato il profluvio di parolacce... ho capito lo stile e il linguaggio “giovane” a tutti i costi, ma magari si riesce ad essere ugualmente moderni e divertenti con qualche parolaccia in meno!
 
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