Ozon, Francois - Frantz

unkadunka

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Germania, 1919. Una giovane donna si raccoglie ogni giorno sulla tomba del fidanzato caduto al fronte. La sua routine è rotta dall'incontro con Adrien, soldato francese sopravvissuto all'orrore delle trincee. La presenza silenziosa e commossa del ragazzo colpisce Anna che lo accoglie e solleva di nuovo il suo sguardo sul mondo. Adrien si rivela vecchio amico di Frantz, conosciuto a Parigi e frequentato tra musei e Café. Entrato in seno alla famiglia dell'uomo, diventa proiezione e conforto per i suoi genitori che assecondano la simpatia di Anna per Adrien. Ma il mondo fuori non ha guarito le ferite e si oppone a quel sentimento insorgente. Adrien, schiacciato dal rancore collettivo e da un rimorso che cova nel profondo, si confessa con Anna e rientra in Francia. Spetta a lei decidere cosa fare di quella rivelazione.
Visto in lingua originale nella lodevole iniziativa di riproposta a Milano dei film di Venezia e Locarno.Premetto che Ozon è un regista che mi piace molto,sempre pronto a mettersi in gioco,cambiando sempre stile e modalità di narrazione.In questo caso riprende una storia già raccontata da Lubitsch,ampliandola e rendendola ancora più ambigua.Girato in uno splendido bianco e nero,con attori eccellenti,l'attrice è stata giustamente premiata in laguna,risulta tra i più interessanti visti in biennale.
 

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Ozon, Fracis - Frantz

Frantz è un flim sull'orrrore della guerra, senza che la guerra appaia mai. Giocato in un elegante bianco e nero, con alcuni saltuari ed emotivi squarci di colore, si aggira per la germania e la francia degli anni post-grande guerra (e la scrittura, ho saputo poi, è degli anni 30), tessendo una storia d'amore toccante, fatta di contraddizioni e dolori. Come sappiamo tutti (vivendo per altro in questo nostro periodo) lo struggente suono del violino non puo' nulla contro la guerra, ma evoca ugualmente bellezza e armonia, cosi come un quadro di Monet conservato al Louvre (e su cui tanta parte del film giocherà le sue contraddizioni)-per quanto solo alla fine ne ne scorgeranno le implicazioni.
Si, mi è piaciuto. E' delicato e gentile, e i drammi emotivi son evocati con dolente compostezza.
Nulla a che vedere con il cinema che abitualmente abbiamo nelle sale.

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Sorry UNKA. Non mi ero accorto che lo avevi già presentato, e ho fatto un doppione. Poi le ns. MOD han risolto la cosa-grazie!
Sorry.

V.A.
 

elisa

Motherator
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Film giocato fortemente sull'ambiguità e la menzogna, nulla è come appare, girato prevalentemente in bianco e nero, a volte si anima di colore così come fa Reitz in Heimat. Soffuso, calligrafico, profondo, freddo, crogiuolo di citazioni cinematografiche, ha dei momenti di vera poesia alternati al melodramma, sicuramente un film girato ed interpretato con molta cura. Spicca su tutti la protagonista, Paula Beer, dolce e determinata, che ricorda nel tratto la nostra Ottavia Piccolo, di cui riproduce la stessa levità.
 
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