Miller, Rebecca - Il piano di Maggie. A cosa servono gli uomini.

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Il piano di Maggie - A cosa servono gli uomini (Maggie's Plan)
Rebecca Miller

Lo danno dalle mie parti, in duplice visione ma unica occasione, mercoledi sera, in un cineforum di un certo gusto cinefilo che cerca di recuperare alcuni titoli dell'anno scorso che meritavano piu' attenzione. Vado a vederlo-mi interessa l'argomento- e poi vi dico.
Per intanto una recensione sotto di Andrea Chimento (molto tiepida).
V.A.


Maggie, una giovane docente di New York, è determinata ad avere un bambino per dare un senso a un’esistenza che non l’appaga fino in fondo. La sua vita potrebbe cambiare quando conosce un infelice accademico, John, sposato con l’eccentrica Georgette e già padre di due figli.
Sei anni dopo La vita segreta della signora Lee, Rebecca Miller (moglie di Daniel Day-Lewis) torna dietro la macchina da presa per una commedia romantica incentrata su un curioso triangolo amoroso: Maggie, artefice della separazione tra i due coniugi, penserà a un (secondo) piano per far (ri)trovare la felicità a tutti e tre.
Innocuo, ma ben dosato in tutte le sue componenti, Il piano di Maggie è un classico indie contemporaneo di discreta fattura, che punta più sulla costruzione dei personaggi che sulle svolte narrative di una sceneggiatura che sorprende solo in rare occasioni.
Il copione, scritto dalla stessa Rebecca Miller a partire da un testo originale di Karen Rinaldi, segue traiettorie piuttosto consolidate, pur descrivendo efficacemente l’imprevedibilità della vita e dei rapporti sentimentali. Forse anche per la presenza di Greta Gerwig, a suo agio nei panni della protagonista Maggie, Il piano di Maggie somiglia molto a un film di Noah Baumbach, autore con cui Rebecca Miller condivide le atmosfere hipster e la capacità di trasportare sul grande schermo dubbi e idiosincrasie dell’umanità contemporanea: rispetto alle opere di Baumbach manca, però, un pizzico di cinismo e di lucidità di scrittura, soprattutto con l’approssimarsi della conclusione.
Grazie al ritmo scorrevole e ai toni spontanei e privi di retorica, ci si può comunque accontentare, anche grazie alla notevole performance di una Julianne Moore (Georgette) squisitamente sopra le righe. Meno in parte, invece, Ethan Hawke che non regala grandi sfumature al personaggio di John.
Proposto all’ultimo Festival di Berlino (Panorama), il film era già stato presentato a Toronto 2015 e in cartellone in diverse kermesse americane (come New York Film Festival e Sundance).
Andrea Chimento
 

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Ieri sera ho imparato una cosa:.che anche il cinema indipendente fa marketing (e avrei dovuto saperlo). Io ci son cascato, infatti, andando a vedere un film inconsistente, che aveva avuto un buon lancio locale e con un sottotitolo cinico e furbo che lo faceva apparire interessante.

La storiella è carina, l'afflato generale è alleniano, l'idea propulsiva di fondo ( la lei che vuole un figlio per dare un qualche significato al suo esistere) buona, e toccava (in positivo o negativo, per averle viste, o vissute, queste cose) le ovvie biografie di molti di noi.
Ma lo svolgimento, come si diceva a scuola, è risultato di dubbia qualità, soprattutto, a mio avviso, per la massa di luoghi comuni dedicati all'immaginario newyorkese, che investe tutto il film.

Come son le donne? Nevrotiche, instabili, belle e machiavelliche, ma adorano i bimbi, vogliono (in fondo, sotto sotto, e spesso a tutti i costi) l'amore, e vivrebbero per loro.
Gli uomini? Dei simpatici coglioncelli da manipolare, eterni adolescenti, affascinanti e imbecilli allo stesso tempo, necessari allo scopo della riproduzione, egoisti.
I figli? Dei dolcissimi rompimaroni rumorosi da portare con la station vagon alla locale scuola danese-americana .

E poi gli stereotipi di questo tipo di film: il parlare incessante (avevo mal di testa a metà film, e non credo fosse effetto del baba ganoush che avevo mangiato prima da un mio amico libanese), il romanzo da scrivere (poteva mancare?) che non esce e si nutre di biografie, l'amico del cuore che ovviamente fa l'avvocato, i protagonisti che fan tutti i piccoli docenti universitari e passan la vita tra conferenze e convegni (ma a New York un elettricista e una cassiera del benzinaio si innamorano mai???), eccetera.
Poi gli stereotipi educativi di tipico stampo locale. Come mangia lui?Con una gamba (con scarpa) appoggiata di traverso su un mobile, e come senno', strabuzzato su una poltrona, da un cartoccio, con il cappotto addosso. Leccandosi le dita una per una. Pratica che mette in atto anche quando mangia con le mani l'insalata a tavola dopo aver messo le mani nei capelli del figlio, o al parco tragugiando cremosi dolcetti in compagnia( a metà film, solo di sta cosa, avevo moti di nausea che mi salivano dallo stomaco).
E le lei? Vanno ovviamente ai reading di lettura (eccccerto! Che altro si fa a New York???),affannandosi sull'aperitivo, parlando tra loro in continuazione con varie insopportabili dilatazioni di pupille, e facendo la coda per la firma sulla copia dell'autore, e come senno'.


Ma per carità.

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PS. Nota di costume ad uso delle signore. Come è possibile -tecnicamente intendo- vedere un intero film con vari riccioli che scendendo, pur delicatamente , sul viso oscurano parzialmente un occhio?e non fare nemmeno il gesto, per un film, di scostarseli da un parte? È possibile?ma le vs. parrucchiere lo possiedono un cuore? Eh??? e il film si vede lo stesso?malgrado il ricciolo oscuri parte di un occhio???è possibile?
 
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