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Esce giovedi'-chi lo vede ne parli. Io lo vedro' prestissimo.
Per intanto la recensione di Repubblica.
V.A.
Storaro dà luce agli anni 30 di Allen
di Emiliano Morreale La Repubblica
Café Society è un Woody Allen rétro, ma di quelli in cui il sentimento della vita è meno cinico e nero. Siamo nella Hollywood dei secondi anni 30, e Bobby (Jesse Eisenberg)è un giovane ebreo del Bronx, arrivato a Hollywood sperando nell'aiuto dello zio agente di attori (Steve Carell). Lì incontra la bella segretaria Vonnie (Kristen$tewart), di cui s'innamora. Ma lei è l'amante dello zio. Disilluso, Bobby torna a NewYork, dove lavora col fratello gangster egestore di un club di lusso. Dapprima il film sembra non sapere che strada prendere, e gioca sul sicuro tra gag e intrecci sentimentali (le parti sulla famiglia ebrea di Bobby sono irresistibili).
Una novità è la luce, quasi protagonista, affidata per la prima volta alle cure del nostro Vittorio Storaro: più bianca e netta a NewYork, dorata e arancio per Hollywood, quasi in un ironico eterno tramonto.
E poi Allen inquadra le donne come nessuno: qui Kirsten Stewart, abbigliata dalla costumista Suzy Benzinger e incorniciata in primi piani adoranti, come vista attraverso gli occhi di Bobby. Poi il progetto prende corpo, il tono si precisa e se non siamo al livello di un capolavoro come Blue Jasmine, questo Allen è uno dei migliori degli ultimi tempi. La polarità tra New York e Hollywood, i destini e le illusioni perdute dei personaggi sullo sfondo del vacuo mondo del cinema o della café society, fanno pensare a Scott Fitzgerald, a un incontro ideale tra Il grande Gatsby e Gli ultimi fuochi. Ma con più malinconia che tragedia come forse è giusto per un regista di 80 anni, che ambienta la storia all'epoca in cui era appena nato.
Da La Repubblica, 12 maggio 2016
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Eccoli qui tutti e tre:
http://www.cinematographe.it/wp-content/uploads/2016/03/café-society.jpg
Per intanto la recensione di Repubblica.
V.A.
Storaro dà luce agli anni 30 di Allen
di Emiliano Morreale La Repubblica
Café Society è un Woody Allen rétro, ma di quelli in cui il sentimento della vita è meno cinico e nero. Siamo nella Hollywood dei secondi anni 30, e Bobby (Jesse Eisenberg)è un giovane ebreo del Bronx, arrivato a Hollywood sperando nell'aiuto dello zio agente di attori (Steve Carell). Lì incontra la bella segretaria Vonnie (Kristen$tewart), di cui s'innamora. Ma lei è l'amante dello zio. Disilluso, Bobby torna a NewYork, dove lavora col fratello gangster egestore di un club di lusso. Dapprima il film sembra non sapere che strada prendere, e gioca sul sicuro tra gag e intrecci sentimentali (le parti sulla famiglia ebrea di Bobby sono irresistibili).
Una novità è la luce, quasi protagonista, affidata per la prima volta alle cure del nostro Vittorio Storaro: più bianca e netta a NewYork, dorata e arancio per Hollywood, quasi in un ironico eterno tramonto.
E poi Allen inquadra le donne come nessuno: qui Kirsten Stewart, abbigliata dalla costumista Suzy Benzinger e incorniciata in primi piani adoranti, come vista attraverso gli occhi di Bobby. Poi il progetto prende corpo, il tono si precisa e se non siamo al livello di un capolavoro come Blue Jasmine, questo Allen è uno dei migliori degli ultimi tempi. La polarità tra New York e Hollywood, i destini e le illusioni perdute dei personaggi sullo sfondo del vacuo mondo del cinema o della café society, fanno pensare a Scott Fitzgerald, a un incontro ideale tra Il grande Gatsby e Gli ultimi fuochi. Ma con più malinconia che tragedia come forse è giusto per un regista di 80 anni, che ambienta la storia all'epoca in cui era appena nato.
Da La Repubblica, 12 maggio 2016
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Eccoli qui tutti e tre:
http://www.cinematographe.it/wp-content/uploads/2016/03/café-society.jpg