Una discussione per provocare, indignare o...

ampersand

New member
Ciao a tutti!
In questo venerdì di pioggia qui nel piacentino desidero aprire questa discussione per provocare, indignare o... qualsiasi altra reazione possa scatenare in voi, lettori e scrittori.
Ieri stavo navigando su internet e mi sono imbattuta in un blogger che recensisce romanzi e che in una delle sue pagine FAQ bloccava qualsiasi richiesta di recensione potesse pervenirgli da parte di autori emergenti autopubblicatisi, sostenendo (cito a memoria perché le sue parole erano davvero drastiche) che un buon scrittore non ha bisogno di ricorrere all'autopubblicazione (a pagamento o meno) e che se lo fa allora non è da considerare uno scrittore meritevole. Insomma... solo gli scrittori che hanno la fortuna, e ovviamente anche il merito, di firmare un contratto vero e proprio con una casa editrice senza sborsare un soldo (perché, ricordiamolo, esistono anche editori a pagamento) e senza ricorrere al self publishing è da considerare meritevole e degno di nota. Insomma, bravo.
Io mi sono indignata di fronte a questo discorso, ma non per il fatto di aver ceduto io stessa al self publishing in attesa di ricevere una telefonata da un vero editore, quanto per la chiusura mentale dimostrata da questa persona. Ovviamente, ognuno è libero di avere ed esprimere le proprie opinioni personali - e questo sto facendo io.
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate voi. Siete a favore del self publishing che, ricordo, ha aperto le porte a "50 sfumature di grigio", per esempio? (non è un grande esempio di letteratura, lo so, ma lo è per il risultato che ha ottenuto, ovvero l'attenzione di un editore).
Attendo che vi indignate, che mi contrastiate (con argomenti validi, però) o...
Baci.
Fede
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
I modi del Blogger sono un po' duri, ma nella sostanza la penso come lui.

Pagare di tasca propria per farsi pubblicare un libro è altra cosa rispetto al principio che sottende l'editoria. Il principio è quello del mercato. A questo punto il discorso si complica, perché nella visione romantica (e anche un po' provinciale) di arte che generalmente abbiamo oggi, quando il mercato va a destra, per forza l'opera la troviamo a sinistra. È una visione secondo me un po' limitata. Nel processi di Self pubblishing chiunque può essere pubblicato e non esistono processi di editing. Non ci sono correttori di bozze. In un libro intero l'errore grammaticale scappa a tutti. In autori sconosciuti la probabilità che ve ne siano parecchi aumenta. Questa è una forma di letteratura più alta (o uguale) rispetto a quella proposta dal mercato?

Io non credo. Fare lo scrittore è un lavoro come un altro. Io non mi sognerei mai, se fossi un contadino, di pagare qualcuno perché mangi i miei pomodori.

Si può scrivere anche per diletto certo. Ma allora perché non limitarsi a stamparne copie in proprio e regalarle ad amici e parenti?

Quello che voglio dire, è che con il Self pubblishing, se da una parte si criticano le leggi del mercato editoriale, dall'altra si fa di tutto per apparire su quella stessa vetrina che ci ha rifiutati.
 

ampersand

New member
Interessante punto di vista.
A volte però non si viene rifiutati dall'editoria: semplicemente non si riesce proprio ad accedervi, mentre scrittori a mio avviso davvero mediocri pubblicano perché preceduti solo dal nome che fa tanta risonanza e poca sostanza, ma vende.
Non si potrebbe considerare il self publishing, con tutti i suoi errori di editing (anche se, a volte, ci si autopubblica facendosi fare la revisione del romanzo), come una scrematura a cui le case editrici hanno la possibilità di accedere per verificare quali opere hanno ottenuto un x numero di vendite? E solo allora decidere di dedicarvi del tempo per valutare se quello scrittore è meritevole di attenzione pur essendo un signor "nessuno"?
Ci sono piattaforme di self publishing che non chiedono anticipi in denaro: danno la possibilità di auto pubblicarsi in formato elettronico e il resto sta allo scrittore. E' una bella possibilità, no?
 

ampersand

New member
...ma allora tutti i blogger, e ho notato che sono la stragrande maggioranza, che accettano di recensire opere di autori emergenti anche autopubblicatisi sono poco seri? Oppure è la nicchia che non accetta questo compromesso con la nuova editoria auto promossa che dovrebbe adeguarsi ai tempi?
Secondo me, rifiutare a priori uno scritto che non è passato dalle mani di un editore è discriminatorio e chiude la porta a tante belle idee.
Tra l'altro, spesso le case editrici non leggono nemmeno i romanzi che ricevono e propongono di pubblicarli a pagamento e fine... e allora? Cosa è più serio? Approfittare così delle speranze di una persona? Piuttosto, mi autopubblico per conto mio ma non scendo a compromessi con questo tipo di editoria di basso grado.
E' sempre una questione di punti di vista. La verità forse non sta nel mezzo, ma in un compromesso... nel vedere il lato positivo comuqnue...
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Non dico che i blogger che pubblicano opinioni su libri in Self publishing siano poco seri, ci mancherebbe, dico che io non lo farei.

Sul fatto che spesso non si riesca ad accedere al mondo dell'editoria, magari sorretti da un buon prodotto, quando magari molti vendono solo col nome (vedi Totti) non so cosa dirti...nel senso che hai ragione. La soluzione potrebbe essere investire il proprio denaro in un buon agente letterario, il quale prende soldi (se serio) solo proporzionalmente al numero di copie vendute.

Di certo, anche qualora tu avessi scritto un capolavoro, non ti garantirà mai la visibilità di Totti, ma sapendo come muoversi in quel settore qualcosa di buono può fare.
 
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ampersand

New member
Mi permetto di citare da un articolo che ho trovato sul sito Il Post sulla fortuna del romanzo "50 sfumature di grigio" del 25.01.2016: "Il libro Cinquanta sfumature di grigio e in generale la trilogia di James sono stati estesamente stroncati dalla critica, che ne ha criticato soprattutto la bassa qualità del linguaggio utilizzato e dello stile narrativo. Molti critici hanno attribuito i meriti del suo successo soprattutto ai contenuti erotici, che avrebbero attratto soprattutto lettori di una certa età e poco interessati a una lettura impegnata. Il famoso scrittore Salman Rushdie ha detto: «Non ho mai letto niente di così brutto che sia stato pubblicato. In confronto Twilight sembra Guerra e Pace». Addirittura Anthony Lane, critico cinematografico del New Yorker, aveva detto: «Nessun lettore, per quanto generoso, può aprire “Cinquanta sfumature di grigio”, leggere alcuni paragrafi e concludere che sia stato scritto nella lingua madre dell’autore»". Ricorda inoltre che "I tre libri (della trilogia - quindi non solo gli scrittori di fantasy propongono le ormai da molti aberrate trilogie) hanno venduto complessivamente oltre 125 milioni di copie in tutto il mondo, e sono stati tradotti in 52 lingue. In Italia è stato pubblicato da Mondadori". La tirlogia è stata tradotta in 52 lingue. L'autrice ha autopubblicato nel maggio 2011 il primo dei tre “capitoli” come ebook e come tascabile da stampare a richiesta (print-on-demand) con una casa editrice “virtuale” australiana. Ecco un esempio di cattivo autore (a giudizio di molti) autopubblicatosi (all'estero) e arrivato in Italia tramite Mondadori.

Sempre in tema di self-publishing, allego questo articolo che ho trovato e che mi sembra proponga un interessante punto di vista che vorrei condividere: Cosa si nasconde dietro al successo di un romanzo autopubblicato

Una buona dose di fortuna e audacia?

Editoria tradizionale e nuova editoria rappresentano un universo interessante...

Buona domenica
 

LucaMenco

New member
Non è un dualismo banale quello Editore-Self Publishing.

Da autore di romanzi devo premettere una cosa in maniera onesta: presentare un libro ad un editore, farlo valutare, ricevere il consenso e sentirsi dire che è un bel libro, ha un sapore unico. L'approvazione di un addetto ai lavori è un riconoscimento ufficiale e una conferma che il tuo lavoro è fatto bene, risponde a certi criteri, è oggettivamente pubblicabile. Questo è quello che è avvenuto per il mio PRIMO libro.

Il Self Publishing è una porta che tutti possono aprire, assumendosi le responsabilità dei contenuti e di come sono scritti, ma in meno di un paio d'ore si può vedere apparire il proprio ebook su tutte le librerie digitali. Niente attese, niente ritardi, niente speranze frantumate. Ma anche nessun vero giudizio che ti metta di fronte ad un possibile scenario negativo, nessun responso ufficiale che, anche ricevuto come un pugno in faccia, ti mostri la tua opera come tu non vorresti vedere. Il mio SECONDO e TERZO libro sono stati pubblicati con il self publishing.

Bene, ora facendo due + due, il vostro "quattro" è che ho scelto di procedere con la pubblicazione autonoma per non incappare in bocciature. Assolutamente lecito e logico.
E invece NON è assolutamente così.

La pubblicazione del primo libro, con un editore abbastanza grande della mia città, è stata una grandissima delusione.
Il trattamento economico è come per tutti ridicolo (10% del prezzo di copertina dopo le prime 100 copie vendute, e non comprendendo le tue 50 che acquisti da contratto), ma è il punto che mi ha infastidito DI MENO.
Internet è una finestra pubblicitaria infinita e soprattutto GRATUITA. Un editore che guadagna praticamente solo lui sul libro e che mi ha sempre ripetuto che gli era piaciuto moltissimo il mio libro, potrebbe senza grandi sforzi fare molte cose. E invece: NIENTE.
L'editore non si sforza di fare nulla e rimanda a te tutto il lavoro di diffusione, mettendo però molti paletti relativi ai diritti che ha lui (mediamente per 20 anni).
Il mio addirittura ancora non ha creato la versione ebook, evidentemente perchè guadagna meno.
Addirittura mi sono dovuto fare in quattro anche per definire tutti i dettagli per la presentazione del libro.
ATTENZIONE: più sono grandi e più demandano all'autore emergente il lavoro sporco.
ATTENZIONE 2: gli editori guadagnano sui grandi numeri, quindi tendono a pubblicare più possibile e non proprio tutti "capolavori" (basta che il contenuto non sia offensivo). Quindi il sentirsi dire "è un bel libro" non è poi sempre così veritiero.

E allora mi sono detto: perchè non provare a fare tutto da solo?
Premetto che ho tre persone che leggono e giudicano il libro, uno dei quali è uno scrittore. Oltre che fare una correzione capillare del testo.
Ho un amico editor che mi legge il libro in anteprima e mi dà consigli e suggerimenti.
Presento sul sito di self publishing i file completi e già pronti, oltre che la copertina perfettamente creata secondo i criteri richiesti.
Ho deciso io dove, come e quando fare la presentazione. Ho gestito io la distribuzione (locale, come ha fatto anche l'editore). Ho creato e gestito io le pagine facebook e su altri social network. Con amici giornalisti ho fatto alcuni servizi (presentazione) e interviste. Ho creato (con l'amico scrittore, bravissimo con i software) trailer e foto pubblicitarie.

Risultato: al di là che forse ho realizzato qualche vendita in più con il self publishing, non ho riscontrato criticità facendo tutto da solo tali da farmi rimpiangere l'editore tradizionale. Più fatica, più dettagli da gestire, ma più soddisfazioni personali.

Sembrerebbe che stia bocciando l'editore e promuovendo il self publishing.

E invece non è proprio così.

La formula giusta (per un autore sconosciuto) è una via di mezzo: un editore che in maniera professionale corregge, valuta e pubblica. Ottenere la libertà di pubblicizzare la propria opera in maniera creativa. E un accordo sui guadagni...

Rimane l'attendere mesi e mesi in attesa della risposta di un grande editore che, il più delle volte, nemmeno risponde.
 

Davide.Zizza

New member
Apprezzo la scelta di Luca Menco, la proprietà di un lavoro intellettuale è del proprio autore e l'autopubblicazione può essere una scelta di autonomia e libertà dove in moltissimi casi gli editori non danno alcun valore aggiunto. Perché pagare un editore per farlo guadagnare col proprio lavoro quando lui non investe neanche nella promozione del tuo libro e addirittura ti limita nella autopromozione?

L'editoria è un attività imprenditoriale e in Italia c'è la convinzione diffusa che si possa fare impresa senza assumersi alcun rischio imprenditoriale. Gli editori dovrebbero pubblicare meno ed investire nei progetti in cui credono, altrimenti che aprissero una tipografia!

È vero che con l'autopubblicazione non esiste filtro, per cui si trovano in giro anche prodotti mediocri ma il pubblico ormai non compra più a scatola chiusa. Basta leggere l'anteprima di un ebook per farsi un idea di come sarà un libro.

Il blogger che boccia l'autopubblicazione per partito preso lo fa per ignoranza... Perché la gente dovrebbe leggere il suo blog dato che non c'è una redazione che verifica prima quello che posta? Seguendo il suo ragionamento, dovrebbero leggere una rivista online dove c'è una redazione che revisiona e verifica gli articoli prima di pubblicarli invece di un blog.

L'autopubblicazione è una realtà e prenderà sempre più piede. Ci sono tanti esempi celebri (tra cui Glenn Cooper) e l'editoria già in crisi dovrà farne i conti prima o poi, trasformandola in una opportunità anziché una minaccia.

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