Verclos - Il silenzio del mare

bouvard

Well-known member
La mia edizione Einaudi contiene due racconti: Il silenzio del mare e Le armi della notte. In effetti la scelta di mettere in uno stesso volume questi due racconti è stata – secondo me - azzeccatissima, perché leggerli uno di seguito all’altro è un po’ come guardare una foto e poi il suo negativo. Il silenzio del mare è infatti il racconto della volontà che vince, mentre Le armi della notte è il racconto della volontà che viene sconfitta.

Vercors è conosciuto quasi solo per il primo di questi due racconti – che durante l’occupazione nazista della Francia lo trasformò in un paladino della Resistenza – e questo è sempre stato per lui un cruccio, perché nonostante poi abbia scritto altri libri, magari anche più belli, per molti (se non per tutti) è rimasto sempre e solo l’autore del Silenzio del mare. Ad essere sinceri io trovo questo suo cruccio più che giustificato, perché pur avendo apprezzato molto Il silenzio del mare ritengo che Le armi della notte gli sia nettamente superiore.

Il silenzio del mare. Questo racconto ruota intorno a tre personaggi: lo zio, la nipote e un ufficiale tedesco, ma il protagonista assoluto del racconto è un altro: il silenzio. Il silenzio che zio e nipote assumono davanti all’ufficiale tedesco che sono costretti ad ospitare in casa. Un silenzio che non è – come dice Gabriella Bosco nell’introduzione – un tacere sterile, ma è un “parlare”. Perché in quel silenzio c’è tutta la dignità che ancora resta a quelle due persone sottomesse, ma non vinte, non piegate dal nemico. Anche se l’ufficiale di questo racconto è un nazista “buono”, un uomo colto, amante dei libri e della musica, capace ancora di credere che da quella guerra potesse nascere qualcosa di buono - e destinato perciò a sbattere la testa contro la realtà - resta pur sempre un nemico, un oppressore, qualcuno a cui opporsi in qualsiasi modo e con qualsiasi arma a disposizione, anche il silenzio, l’indifferenza. Ma il silenzio del racconto non è un silenzio vuoto, è invece il silenzio “vivo” del mare, perché come la calma superficiale, apparente del mare in effetti nasconde la lotta – talvolta anche cruenta - che avviene nelle sue acque, allo stesso modo i volti impassibili dello zio e della nipote e il loro ostinato silenzio – in due pronunciano solo tre parole in tutto il racconto – nascondono la lotta viva ed incessante di sentimenti che avviene nel loro intimo.

Le armi della notte. Il racconto è diviso in due parti intitolate significativamente una Euridice ed l’altra Orfeo. Come Orfeo per riuscire a riportare in vita la sua Euridice nel tragitto di risalita dagli Inferi non si sarebbe mai dovuto voltare indietro a guardare, allo stesso modo Pierre Cange per tornare a vivere dopo la guerra non dovrebbe mai ripensare al passato. Ma come Orfeo, anche Pierre, non riesce a non girarsi, e allora scopriamo cosa non riesce a dimenticare, quale sia la “colpa” con cui non riesce a fare i conti. La “colpa” di Pierre è stata la colpa di tanti altri nei campi di sterminio nazisti, e “colpa” non è certo la parola giusta per indicarla, ammesso poi che ce ne sia una giusta, infatti è impossibile giudicare o condannare queste persone, anche se loro per primi non si perdonano e si condannano. La storia del racconto non brillerà forse di originalità, ma lo stile di Vercors è sublime e la sua capacità di rendere i tormenti di un’anima incapace di fare pace con se stessa è davvero notevole. E poi diciamocela tutta di libri che parlano della tragedia dell’Olocausto non ce ne sono mai abbastanza perché l’uomo ha la pessima abitudine di dimenticare e di sottovalutare i propri errori, e come disse lo stesso Verclos in un’intervista a “Le Monde des livres” nel 1982 “… alla minima occasione il razzismo è pronto a rinascere dalle sue ceneri, è per questo che non bisogna mai smettere di essere vigilanti, per sé come per gli altri”.

Se questi due racconti (soprattutto il secondo) vi dovessero capitare tra le mani leggeteli, ne vale davvero la pena.
 
Ultima modifica:
Alto