Ieri sera ho letto un centinaio di pagine, sono al capitolo 13 (credo).
Prima qualche considerazione formale sull’autore, di cui non avevo mai letto nulla: scrittore di ottima penna che ben si inserisce in quel contesto “tardo verista” di stampo europeo. Le sue sono parole “vere”, gli episodi non sono mai calcati e non ammiccano al lettore. Il protagonista c’è e si vede, si tocca, per così dire. Non fa cose mirabolanti e la sua “prigionia intellettuale” è ancor più marcata, proprio perché non esasperata da pensieri o atti inverosimili.
Mi sembra lo stile di Moravia, in particolare la descrizione dei contesti, dei personaggi, dei pensieri e delle azioni mi ricorda da vicino l’ottima penna del nostro italiano. Hai letto “gli indifferenti”? Ne ricordi lo stile? Trovi qualche punto di contatto tra Moravia e Green?
Il protagonista, al momento, mi pare la vittima principale. E’ vittima, come dici, di una rigorosa educazione religiosa che si evidenzia in continue auto censure, ed è vittima del contesto, di “bullismo” (per dirla con terminologia moderna) da una parte e di pre giudizi razziali dall’altra. Tutta roba molto americana, molto moderna e molto “classica” del comportamento umano in generale.
L’ambientazione è quasi claustrofobica, tutto il “pensato” si svolge all’interno della sua camera, che ricorda da vicino una stanza di clausura.
La sua totale mancanza di libertà ci apre e si chiude interamente dentro la sua testa, a riprova del fatto che la prigionia non è quasi mai fisica. Non sono le braccia, le gambe o gli occhi a togliere la libertà delle persone. E’ sempre il cervello, da lì parte il processo che porta alle privazioni.
Per il momento è un po’ presto per farmi un’idea generale del protagonista e dei personaggi secondari, perché il romanzo scorre piacevolmente lento.