Questo è il suo primo romanzo, scritto nel 1921. All'interno si trovano già in stato embrionale i suoi temi principali che poi sfoceranno ne Il mondo nuovo.
La base della narrazione prende spunto da una breve vacanza estiva di nobili e artisti nella dimora di campagna a Crome in Inghilterra, intervallata dalla storia della famiglia che ospita il protagonista, Denis.
Ho deciso di leggerlo dopo gli altri 2 che mi erano già piaciuti abbastanza, e credo di averlo addirittura preferito, nonostante ci siano delle parti un po' noiose e ostiche nella prima metà. La seconda invece è molto più appassionante e scorrevole. Lo stile è anche ironico e ricercato, in perfetto stile british. Mi ha ricordato quello di Orwell e della Woolf (quest'ultima per la mancanza di una trama unitaria e per la preferenza della narrazione libera).
Ho apprezzato particolarmente la cronaca degli avi che comprende nell'albero genealogico anche un gigante e dei nani.
Ho trovato parecchie citazioni interessanti (alcune non le condivido totalmente, ma le posto lo stesso):
Nel mondo delle idee, tutto è chiaro; nella vita, tutto è oscuro, imbrogliato.
In fondo che cos’è la lettura, se non un vizio, come l’alcool e la lussuria, e tutte le altre forme di voluttà. Si legge per stuzzicare e divertire il proprio cervello; si legge soprattutto per impedire a se stessi di pensare.
Il risultato è che, ora, nella mia età matura, sono la nullità che sono (frase molto pessoiana!)
Ma in fin dei conti, che cosa sono la compassione e l’immaginazione? Assai poco; a meno che la persona per cui proviamo compassione non sia intimamente legata a noi da vincoli d’affetto, e, anche in questo caso, quel che proviamo non è gran che. D’altronde meglio così: perché, se noi avessimo una immaginazione e una compassione abbastanza vive per comprendere pienamente e provare le sofferenze degli altri, non avremmo più un momento di pace. Una razza veramente pietosa, non conoscerebbe nemmeno il senso della parola felicità. Ma, fortunatamente, come ho già detto, noi non apparteniamo a una razza pietosa.
Se lei vuole che gli uomini agiscano ragionevolmente, bisogna che li persuada in modo demente. I più saggi precetti dei fondatori di religione non si propagano che attraverso entusiasmi che appaiono deplorevoli per un uomo di spirito sano. E’ veramente umiliante pensare come sia impotente la ragion pura. La ragione, per esempio, ci dice come il solo mezzo che noi abbiamo di conservare la civiltà sia quello d’agire decentemente e intelligentemente. La ragione dialoga e argomenta; i nostri governanti perseverano nella loro abituale balordaggine e noi approviamo e obbediamo. La sola speranza è in una crociata di pazzia; io sono pronto, per il giorno in cui avrà luogo, a battere il tamburo con quelli che faranno più rumore; ma, facendolo, avrò un po’ di vergogna per me stesso.
Denis era il più severo giudice di se stesso; per lo meno aveva sempre pensato così. Amava credersi un vivisezionatore inesorabile, attento a sondare spietatamente le profondità palpitanti della propria anima: vittima e carnefice a un tempo. Nessuno meglio di lui conosceva le sue debolezze, le sue assurdità, e in fondo, immaginava vagamente, che nessuno oltre lui se ne accorgesse. Gli pareva inconcepibile, per così dire, di dover apparire agli altri come gli altri apparivano a lui; inconcepibile che essi parlassero qualche volta tra loro di lui con la stessa libertà critica e, confessiamolo pure, con la stessa dolce malignità ch’egli era abituato a usare parlando di loro. Ai suoi occhi, egli aveva dei difetti; ma quello di vederli, era un privilegio riservato a lui solo. Per tutto il resto dell’umanità egli era senza dubbio un’immagine di cristallo senza difetti.
Quando un individuo viene in contatto intimo con un altro, egli, - o essa, naturalmente, secondo i casi - deve inevitabilmente infliggere o ricevere una certa quantità di sofferenza.
L’opera scritta non è che uno sforzo per esprimere l’emozione, che, in se stessa, è inesprimibile in termini intellettuali e logici.
Ma che cosa dice dei contatti umani desiderabili, come l’amore e l’amicizia?
- Anche i piaceri di questi contatti sono stati molto esagerati. Mi pare dubbio che possano essere paragonati ai piaceri della lettura e della contemplazione. Se i contatti umani furono altamente apprezzati in passato, è per il fatto che la lettura non era una cosa molto diffusa e che i libri erano rari e difficili a riprodurre.
La base della narrazione prende spunto da una breve vacanza estiva di nobili e artisti nella dimora di campagna a Crome in Inghilterra, intervallata dalla storia della famiglia che ospita il protagonista, Denis.
Ho deciso di leggerlo dopo gli altri 2 che mi erano già piaciuti abbastanza, e credo di averlo addirittura preferito, nonostante ci siano delle parti un po' noiose e ostiche nella prima metà. La seconda invece è molto più appassionante e scorrevole. Lo stile è anche ironico e ricercato, in perfetto stile british. Mi ha ricordato quello di Orwell e della Woolf (quest'ultima per la mancanza di una trama unitaria e per la preferenza della narrazione libera).
Ho apprezzato particolarmente la cronaca degli avi che comprende nell'albero genealogico anche un gigante e dei nani.
Ho trovato parecchie citazioni interessanti (alcune non le condivido totalmente, ma le posto lo stesso):
Nel mondo delle idee, tutto è chiaro; nella vita, tutto è oscuro, imbrogliato.
In fondo che cos’è la lettura, se non un vizio, come l’alcool e la lussuria, e tutte le altre forme di voluttà. Si legge per stuzzicare e divertire il proprio cervello; si legge soprattutto per impedire a se stessi di pensare.
Il risultato è che, ora, nella mia età matura, sono la nullità che sono (frase molto pessoiana!)
Ma in fin dei conti, che cosa sono la compassione e l’immaginazione? Assai poco; a meno che la persona per cui proviamo compassione non sia intimamente legata a noi da vincoli d’affetto, e, anche in questo caso, quel che proviamo non è gran che. D’altronde meglio così: perché, se noi avessimo una immaginazione e una compassione abbastanza vive per comprendere pienamente e provare le sofferenze degli altri, non avremmo più un momento di pace. Una razza veramente pietosa, non conoscerebbe nemmeno il senso della parola felicità. Ma, fortunatamente, come ho già detto, noi non apparteniamo a una razza pietosa.
Se lei vuole che gli uomini agiscano ragionevolmente, bisogna che li persuada in modo demente. I più saggi precetti dei fondatori di religione non si propagano che attraverso entusiasmi che appaiono deplorevoli per un uomo di spirito sano. E’ veramente umiliante pensare come sia impotente la ragion pura. La ragione, per esempio, ci dice come il solo mezzo che noi abbiamo di conservare la civiltà sia quello d’agire decentemente e intelligentemente. La ragione dialoga e argomenta; i nostri governanti perseverano nella loro abituale balordaggine e noi approviamo e obbediamo. La sola speranza è in una crociata di pazzia; io sono pronto, per il giorno in cui avrà luogo, a battere il tamburo con quelli che faranno più rumore; ma, facendolo, avrò un po’ di vergogna per me stesso.
Denis era il più severo giudice di se stesso; per lo meno aveva sempre pensato così. Amava credersi un vivisezionatore inesorabile, attento a sondare spietatamente le profondità palpitanti della propria anima: vittima e carnefice a un tempo. Nessuno meglio di lui conosceva le sue debolezze, le sue assurdità, e in fondo, immaginava vagamente, che nessuno oltre lui se ne accorgesse. Gli pareva inconcepibile, per così dire, di dover apparire agli altri come gli altri apparivano a lui; inconcepibile che essi parlassero qualche volta tra loro di lui con la stessa libertà critica e, confessiamolo pure, con la stessa dolce malignità ch’egli era abituato a usare parlando di loro. Ai suoi occhi, egli aveva dei difetti; ma quello di vederli, era un privilegio riservato a lui solo. Per tutto il resto dell’umanità egli era senza dubbio un’immagine di cristallo senza difetti.
Quando un individuo viene in contatto intimo con un altro, egli, - o essa, naturalmente, secondo i casi - deve inevitabilmente infliggere o ricevere una certa quantità di sofferenza.
L’opera scritta non è che uno sforzo per esprimere l’emozione, che, in se stessa, è inesprimibile in termini intellettuali e logici.
Ma che cosa dice dei contatti umani desiderabili, come l’amore e l’amicizia?
- Anche i piaceri di questi contatti sono stati molto esagerati. Mi pare dubbio che possano essere paragonati ai piaceri della lettura e della contemplazione. Se i contatti umani furono altamente apprezzati in passato, è per il fatto che la lettura non era una cosa molto diffusa e che i libri erano rari e difficili a riprodurre.
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