Roth, Philip - Lo scrittore fantasma

Jessamine

Well-known member
TRAMA
Una sera di dicembre del 1956, sulla soglia di casa di Emanuel Isidore Lonoff appare un giovane scrittore di belle speranze, Nathan Zuckerman, venuto a porgere ammirato omaggio all'uomo che considera il proprio maestro. Lonoff vive in quasi totale reclusione sulle colline del New England, «leggendo, scrivendo e guardando la neve», con la moglie Hope e una misteriosa ragazza sopravvissuta all'Olocausto. Ma Zuckerman non immagina ancora di quali avvenimenti strani e burrascosi sarà testimone nelle poche ore in cui verrà ospitato in quella casa.

COMMENTO
Ho terminato questo libro da quasi venti giorni, ma non ho ancora trovato il coraggio di sedermi e scrivere almeno qualche riga di commento. E dire che si è trattato di una lettura profondamente immersiva, di quelle fatte con la matita costantemente in mano e il blocco per gli appunti accanto: le frasi che ho sottolineato sono molte, le riflessioni che ho annotato ancora di più. Eppure mi è difficile pensare di scrivere qualcosa su "Lo scrittore fantasma" - e su Philip Roth in genere - pensando che ci sarà qualcuno che leggerà le mie parole, perché sono abbastanza sicura di non essere in grado di rendere appieno tutto quello che vorrei dire. E di Philip Roth vorrei saper parlare molto meglio di come faccio abitualmente con tanti altri libri, perché i suoi romanzi aprono a panorami del pensiero potenzialmente immensi, e sarebbe davvero uno spreco - sì, uno spreco di umanità, mi verrebbe quasi da dire - non profondere tutte le proprie energie per rendere loro giustizia.
Ecco, "Lo scrittore fantasma" è un libriccino di poche pagine, che potenzialmente si legge in un paio di pomeriggi, ma il problema (il meraviglioso problema) con Philip Roth è che i suoi libri non si esaursicono nel solo momento della lettura, ma continuano a scavare e a sedimentarsi anche quando la mente è lontanissima dalla lettura. Parlando di "Pastorale americana" avevo detto di aver impiegato diverso tempo a "digerire" il romanzo, e ora credo proprio che il termine "digestione" sia estremamente appropriato: perché i libri di Roth hanno bisogno di un'assimilazione lenta, devono essere incubati, agiscono attivamente nella mente del lettore e spingono ad una partecipazione attiva; lasciano sedimenti, a volte sono dolorosi, spesso sono scabrosi, ed estremamente fisici. Insomma, con Roth si riflette moltissimo, ma ci si sporca anche molto le mani.
"Lo scrittore fantasma" è un romanzo che costringe il lettore a fare le capriole, nonostante la trama sia qualcosa di estremamente semplice: un giovane e promettente scrittore riesce ad incontrare il grande scrittore E. I. Lonoff, suo maestro e fonte d'ispirazione nonché sorta di padre putativo. Nella casa di Lonoff, il giovane Nathan Zuckerman incontra anche una giovane e brillante studentessa. A livello di trama, di vero e proprio intreccio della vicenda, tutto finisce qui. La storia copre l'arco di una cena, una notte e una mattinata, eppure Roth trova il modo di dilatare ed espandere immensamente i confini del suo racconto, creando un intreccio di tematiche e di vicende che lascia basiti per la precisione e la genialità con cui viene presentato.
Roth parla dell'ebraismo di seconda generazione, e mostra con un acume straordinario cosa significhi essere discriminati per dei pregiudizi assurdi, e di come la paura di essere giudicati attraverso stereotipi porti ad indossare gli stessi paraocchi di chi discrimina. La lettera che il giudice scrive al giovane Nathan è qualcosa di straordinario, un esempio lucidissimo di chiusura mentale, bigottismo e paternalismo che vuole mascherarsi da altruismo, ma in realtà non nasconde altro che la volontà di chiudersi nel proprio orticello e allontanare da esso ogni minaccia, senza mai nemmeno provare a pensare ad esso come a qualcosa di inserito in un orizzonte più ampio.
E. I. Lonoff è una figura assurda, un omone vagamente sovrappeso che vive rinchiuso nella sua villa di campagna, circondato da cumuli di neve e strade impraticabili, prigioniero di una vita fatta di ferree abitudini e di monotonia: da trent'anni scrivo opere di fantasia. A me non succede mai nulla , questo dice, e probabilmente ciò è anche vero. Eppure per due volte permette che qualcosa venga a smuovere i suoi equilibri, accettando dei giovani estranei nella sua dimora e nella sua vita: durante la notte invernale descritta dal romanzo, accogliendo Nathan Zuckerman, come aeva fatto in passato con la giovane e piena di talento Amy Bellette. E proprio a proposito di questa studentessa particolarmente dotata e dal passato particolarmente misterioso si sviluppa la parte più bella e affascinante del romanzo: Roth fa fare al lettore l'ennesimo giro di giostra, l'ennesima capriola, e quello che emerge davanti agli occhi di un lettore spaesato è un mondo capovolto, a cui è difficile credere - a cui forse non si vuole credere, quasi che Roth si sia spinto troppo in là, quasi avesse toccato qualcosa di intoccabile - per poi rimettere a posto le cose con un colpo di spugna che apparentemente sembra cancellare ogni prurito morale, ma che in realtà lascia il lettore con una manciata di pungoli etici che non lo abbandoneranno per molto tempo. Roth parla di olocausto, di libertà e di ricostruzione, racconta di qualcuno a cui è stato strappato tutto, e che compie qualcosa di paradossale, qualcosa che è difficile da accettare, ma del resto chi più di questa persona ha il diritto di disegnare nuovi confini per la propria vita? ( lo so, chi non ha letto il libro troverà questo mio commento quasi delirante, ma non voglio anticipare assolutamente nulla su questo aspetto della trama, e al tempo stesso spero che qualcuno si incuriosisca e per dare un senso alle mie parole decida di leggere il romanzo). Roth ci costringe ad affrontare dilemmi che vorremmo forse cercare semplicemente di ignorare, ci costringe ad assumerci la responsabilità etica anche delle lacrime che versiamo davanti alla lettura di determinate testimonianze.
C'è poi una bellissima riflessione sulla nascita delle opere letterarie, confrontando il rigirare di frasi di E. I Lonoff (e di tutti quegli scrittori ebei come uomini con l'autunno nel cuore e gli occhiali sul naso che si nascondono dietro questa figura letteraria )con la terribile veridicità di quella che definieri come l'opera di Amy Bellette, per arrivare infine a Nathan Zuckerman, che altri non è che quel maledetto genio di Philip Roth.
"Lo scrittore fantasma" è un gioco di specchi e rimandi, realtà e riflessi, verità storica e verità romanzesca, menzogna e invenzione, ma in così poche pagine racchiude una forza e pregnanza di significato tale da lasciarmi senza fiato.
E alla fine di tutto, egoisticamente, non posso non pensare all'immenso piacere e a quanta sicurezza mi dia il sapere che ci sono ancora così tanti libri di Philip Roth, così tante pagine ancora da dover fare a pezzi e digerire, così tanti stomaci ancora da poter saziare!
 

ayuthaya

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Mi mancavano i tuoi commenti, Jess, cavolo se mi mancavano... E ricominciare, fra gli altri, da Roth è l'apoteosi. Grazie.
 

Jessamine

Well-known member
Grazie, Ayu. Vi ammorberò ancora per un po', devo recuperare quasi un anno di letture :mrgreen:
Comunque, Roth è una delle "cose" più stimolanti che io abbia mai incontrato. Sto seriamente prendendo in considerazione l'idea di leggermi tutta la sua produzione in ordine cronologico, ma ho paura che rimarrei un po' schiacciata dal tutto :wink:
 
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