Franzen, Jonhatan - Purity

Jessamine

Well-known member
TRAMA
Troppe responsabilità gravano sulle giovani spalle di Purity Tyler, per tutti Pip: un debito universitario di centotrentamila dollari che il suo pessimo lavoro da promotrice telefonica non potrà mai ripagare, una madre lunatica, ipocondriaca e del tutto priva di senso pratico, e nessun padre con cui condividere i due carichi. L'incontro fortuito con una bellissima e indecifrabile attivista tedesca nella casa di Oakland che Pip occupa con altri squatter le offre un'inattesa possibilità di fuggire da tutto questo: uno stage (retribuito!) presso la sede sudamericana del Sunlight Project, l'organizzazione clandestina che divulga via rete notizie riservate sui traffici di mezzo mondo. Accettando, Purity potrà contribuire alla pulizia del pianeta gettando luce sui misteri dei potenti, e allo stesso tempo, perché no, carpire informazioni sull'identità di suo padre, che la madre si rifiuta da sempre di rivelare, per indurlo a metter mano al portafogli. E poi potrà conoscere il mitico Andreas Wolf, ispiratore e leader carismatico del Progetto. Wolf è finito sotto i riflettori durante l'attacco a Normannenstraße del 1990, che ha scoperchiato gli altarini della Stasi e di un intero sistema, e da quel momento la sua ascesa verso l'Olimpo dei leaker più scomodi è stata inarrestabile. A differenza del collega e rivale Julian Assange, Wolf vorrebbe fare della purezza il suo marchio di fabbrica («Wiki era sporca: c'è gente che è morta a causa di Wiki»); come lui, tuttavia, esprime il rapporto instabile e complicato che lega potere e segreti. Oscuri e nefasti sono quelli che si nascondono nel passato di Andreas, in una Ddr pre-caduta del Muro; oscura e ambigua è la sua tensione verso la nuova arrivata Pip. Il contatto con il leader segnerà per lei l'inizio di un viaggio di formazione alla scoperta di suo padre e di sua madre, della stoffa morale di cui sono fatti quelli che ama, del lato oscuro dietro a ogni luce. L'autore di*Le correzioni*e*Libertà*dilata il tempo e lo spazio della sua narrazione - la Germania Est degli anni Ottanta, Philadelphia, Oakland, Denver, la Bolivia di oggi -, espande la galleria dei personaggi e moltiplica i protagonisti, diversifica le insidie con cui si devono misurare - dalla potenziale distruttività del ruolo genitoriale alla schiavitù dell'immagine, dalla corruttibilità delle idee forti alla guerra fra i sessi -, e restituisce una grande opera di inedita ambizione e irresistibile pathos.



COMMENTO

È strano, un paragone azzardato, un paragone inesistente, o forse solo un'ossessione, ma ripensando a questo romanzo mi viene in mente il racconto "I costruttori" di Richard Yates. E mi viene un po' da ridere, perché Yates non ha nulla a che fare con Franzen, e "Purity" non ha nemmeno una briciola della carica emotiva e della limpidezza de "I costruttori", ma comunque non posso fare a meno di pensarci. Perché Yates ci ricorda come una storia abbia sempre bisogno di una costruzione, ma ci ricorda anche che servono delle fessure da cui far filtrare la luce. E in questo io sono terribilmente egoista, ho capito qual è la luce che cerco io nella letteratura, e poco m'importa se ho frainteso Yates. E ho capito anche che le belle costruzioni mi interessano fino ad un certo punto, le cattedrali (sì, ora potrete pensare che la mia idea di letteratura americana sia terribilmente semplicistica e limitata, che io sappia solamente tracciare dei triangoli sghimbesci unendo l'autore di cui voglio parlare a Yates per poi arrivare a Carver) mi interessano solo in quanto strutture in grado di sostenere la luce (sì, sostenere, perché la luce di cui parlo ha un peso quasi insostenibile).
Ecco, "Purity" è una costruzione ingegnosa, sicuramente studiata nei minimi dettagli, pensata e progettata con una cura degna di nota, ma se io penso ad una cattedrale, "Purity" non è altro che il plastico asettico e fine a sé stesso collocato nella prima sala di un museo. Un plastico estremamente accurato e dettagliato, un piccolo capolavoro, nel suo genere, ma pur sempre una struttura vuota, impegnata a far bella mostra delle proprie capacità di replicare qualcosa d'altro senza però saper coglierne l'essenza.
C'è moltissimo, in "Purity": ci sono storie di famiglia, di crescita e di accettazione; ci sono approfondimenti storici e riflessioni sulla teleologia del giornalismo; ci sono risvolti thriller e altri di puro memoir. E va bene, di fondo non c'è nulla di male in ciò. Il problema è che tutti questi elementi sono artificiosi, terribilmente artificiosi: i personaggi si muovono in maniera macchinosa, esaltata, tanto che certe scene mi sono parse francamente grottesche. Sia chiaro, non ho proprio nulla contro il grottesco, ma se un libro non ha la minima intenzione di apparire tale, eppure suscita questa impressione, allora qualcosa dev'essere andato storto. Non ho nemmeno nulla contro i personaggi un po' particolari e sopra le righe, né contro le storie vagamente surreali e intricate, ma in "Purity" si raggiunge un livello che non riesco proprio a digerire.*
In "Purity" si sente tantissimo la mano pesante dell'autore, si sente la macchinosità con cui le cose capitano e gli eventi si intrecciano, e quando un personaggio è sopra le righe solo per stupire il lettore e fargli esclamare un "oooh, ma che cosa particolare ha scritto Franzen!" io perdo interesse. Tanto più che si tratta di originalità solo ostentata, vuota, di facciata: i personaggi sono strani ma irrealistici, le vicende sono complesse e assurde ma terribilmente prevedibili, e arrivati a metà si ha la sgradevole sensazione di aver capito benissimo dove Franzen voglia andare a parare, e come apparirà il disegno complessivo una volta tirati tutti i fili. In particolare l'ultimo capitolo è stato una discesa nei clichè più abusati e nel finale più scontato, dove ogni battuta è esattamente quella che il lettore avrebbe immaginato, dove anche la pioggia e i cani che mangiano limoni contribuiscono ad un nauseante senso di delusione.*
"Purity" è un complicato viaggio in mezzo a uomini ossessionati dalla purezza, donne che impazziscono alla sola vista di un uomo dal fascino oltreumano, madri psicotiche, padri invisibili, orgasmi solo tre volte al mese, ragazze avvolte in carta da macellaio, uomini con una fissazione patologica per il cunnilingus e le quindicenni, la Stasi, crisi nevrotiche, tori di peluche dall'accento belga, personaggi schizofrenici, stomaci adatti a film splatter e un sottile turbamento psicologico che sembra accompagnare ogni singolo personaggio, anche il più secondario. Mi verrebbe da pensare che una buona dose di psicoterapia ci avrebbe risparmiato questo romanzo, ma no, non è nemmeno questo, perché pare che a Franzen faccia solo piacere mettere in campo personaggi con evidenti problemi psicologici (in alcuni casi mi verrebbe proprio da dire psichiatrici) senza però che questo abbia nessuna ripercussione sulla storia, senza che a nessuno venga in mente di riconoscere questi problemi e agire di conseguenza.

Mi restano quindi una copertina che mi affascina ad ogni sguardo, la prima metà del libro letta a fatica fra una pausa e l'altra al lavoro e fra un esame e l'altro; mi resta la seconda metà letta d'un fiato su una panchina rovente nel cuore di Milano grazie allo sciopero delle ferrovie, in una giornata che nonostante la delusione letteraria ha saputo rimettermi in pace con la mia vita. Più che le sensazioni suscitate dal libro, mi restano le tante emozioni che ho vissuno nei venti giorni che ho impiegato per leggerlo, e che ho intrecciato così assurdamente alle vicende dei protagonisti che un po' mi viene da ridere, perché no, "Purity" non mi è piaciuto, ma sì, va tutto così bene.*
 
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