Proust, Marcel - Sodoma e Gomorra

elisa

Motherator
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Cresce la gelosia per Albertine: Marcel prima sembra volerla lasciare e poi volerla sposare. Il primo tomo del quarto volume inizia con l'ultima apparizione nell'opera del signor Swann, il quale è affetto da una malattia incurabile. Al momento i protagonisti dell'opera si trovano, non più a Parigi, ma a Balbec e proprio qui continuano le vicende amorose di due coppie: da una parte, Marcel e Albertine, dall'altra, il barone di Charlus ed il violinista Morel. Nel secondo tomo, il narratore riesce a superare il grande dolore causatogli dalla morte della nonna, che era stata per lui un importante punto di riferimento. Sarà proprio il ricordo di lei a spingerlo ad abbandonarsi ad Albertine. Così la loro storia d'amore sboccerà e proseguirà bene fino a quando il narratore non farà una scoperta per lui sconvolgente. Marcel scoprirà che Albertine ha avuto dei rapporti omosessuali con la signorina Vinteuil e, alla luce di ciò, deciderà di ritornare con l'amata a Parigi. (da wikipedia)



Ho trovato questo quarto volume della Recherche il più scorrevole e completo tra i quattro letti, un po' perché è costruito a incastro dando spazio a più storie e avvenimenti rendendolo così più avvincente e meno descrittivo degli altri. Raccontando tante storie e personaggi fa entrare maggiormente nella quotidianità la vita dei protagonisti, nobili e altoborghesi, con le loro mediocrità e e bassezza di pensiero, nei loro continui andirivieni tra un ricevimento e un altro, tra una casa e l'altra, in un'apparente divertimento che invece è noia mortale e nasconde vuoti di pensiero e di sentimenti. Poi c'è l'amore, in tutte le sue sfaccettature, soprattutto erotiche, che sdogana in modo completo le relazioni omosessuali con il personaggio di Charlus, patetico nel suo amore per il rampante Morel, e di Albertine, che oscilla tra l'amore per il Narratore e quello per altre donne (Andrée e la figlia di Vinteuil ad esempio) e che farà in modo da rendere la relazione ossessiva e possessiva da ambedue le parti. L'argomento dell'omosessualità è il leitmotiv di tutto il romanzo e viene presa in considerazione non solo sotto l'aspetto sociale ma anche scientifico con disamine razionali e naturalistiche, qui Proust mostra tutta la sua abilità di pensatore. L'amore poi nella più alta accezione per chi non c'è più, quello per la nonna che dimostra quanta profondità ci sia nell'animo di Proust e come riesca a descriverla emozionando chi legge, rendendo quelle pagine universali e indimenticabili.

 

isola74

Lonely member
Anch'io ritengo chq questo sia il volume di più facile lettura tra i primi quattro.
Il tema centrale, l'amore, è stavolta trattato in maniera meno poetica, tranne quando parla della nonna.
Per il resto, ci sono i soliti tentennamenti di Marcel ......... ricordate le paranoie per il bacio della buonanotte della mamma??... ecco, lui è cresciuto ma questo aspetto del suo carattere ogni tanto si ripresenta, e in questo volume in particolare, ... è gelosissimo di Albertine, scopre che lei lo tradisce, e decide di lasciarla, per poi cambiare idea.... .
Io le persone così indecise non le sopporto molto, lo confesso! :mrgreen:

Su tutto, comunque, c'è la bravura di Proust nel sapere cogliere le sfumature e trovare le parole giuste per descrivere sentimenti, ambienti, personaggi. In alcune scene di salotti sembra quasi di vederli i protagonisti, con le loro ipocrisie, i loro tradimenti.
Promosso
 

velvet

Well-known member
Questo quarto volume è molto bello, ritornano tutti i personaggi incontrati nei precedenti volumi e le loro vicende si intrecciano, questo rende piacevole la lettura e mostra la cura estrema e maniacale dei dettagli da parte di Proust.
Il romanzo è incentrato sull'amore verso l'altro sesso e verso lo stesso sesso, amore che è sessualità, vizio ma anche amore profondo con conseguenti pene e sofferenze. La passione di Charlus per i bei giovani ma anche il suo amore per il violinista ce lo fa soffrire e tutto il resto oscura, e l'amore del protagonista per Albertine, fatto di alti e bassi, di momenti di passione alternato a sofferenze per le sue presunte preferenze per il gentil sesso. Tutto questo parlare d'amore non ha però niente di romantico, è sempre narrato alla Proust, descritto in maniera didascalica, minuziosa, scandagliando come sempre i pensieri dei personaggi
Continua poi in questo volume la disamina delle abitudini mondane, contrapponendo borghesia e aristocrazia, facendo emergere la vacuità di queste riunioni, sempre però con una snobistica predilezione per gli aristocratici.
Non vedo l'ora di andare avanti, oramai sono stata inghiottita dal vortice.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Più vado avanti nella lettura dei sette tomi che compongono la Recherche, più faccio difficoltà a separare l'uno dall'altro, commentandolo come se si trattasse di un'opera a sé stante. E infatti così non è: Alla ricerca del tempo perduto è un solo, immenso romanzo e la suddivisione in più “capitoli” non è altro che un modo per facilitarne una lettura altrimenti troppo impegnativa.
È anche vero che ognuno dei “libri” ha la sua peculiarità e quella di Sodoma e Gomorra è tutta racchiusa nella singolarità del suo titolo, che se rende bene l'idea di parte del suo contenuto (l'amore omosessuale), rischia di essere limitante se porta a credere che sia tutto qui. In effetti, oltre che all'amore omosessuale in generale, il titolo fa riferimento a un personaggio in particolare, che primeggia in questo libro come la duchessa di Guermantes in quello precedente: il barone di Charlus. Potrei spendere un'infinità di parole per cercare di descrivere questo personaggio fuori dagli schemi, ma non ci riuscirei bene come ha fatto Proust... per cui mi limito a dire che Charlus è un artista: i suoi eccessi, i suoi contrasti, il suo precipitare dalle più alte vette della cultura e dell'intelligenza agli atteggiamenti più ridicoli, dettati dall'amor proprio o dalla sottomissione a una passione che, al contrario, non conosce orgoglio... Tutto gli si concede perché lui è Charlus!

Ma oltre al barone, rappresentante supremo di quell'amore omosessuale che Proust, che viveva la stessa situazione, non poteva non sviscerare come solo lui sa fare, l'altro grande protagonista di questo quarto volume della Recherche è non tanto Albertine (sebbene occupi gran parte del sottocapitolo di Balbec, preludio al protagonismo assoluto che rivestirà ne La prigionera), ma la borghesia “colta” di cui facciamo conoscenza nel salotto dei Verdurin, il “piccolo club” che di fama conosciamo già ai tempi di Swann, ma che solo ora si disvela nella sua mediocre verità. Già, perché dopo aver mostrato la banalità che si nasconde dietro gli altisonanti titoli nobiliari che tanto incutevano timore e rispetto, adesso è la volta dei borghesi, che dall'esame non escono tanto meglio, anzi... Devo essere sincera: ne I Guermantes avevo sì percepito l'intento dissacratorio, ma allo stesso tempo sentivo che la dissoluzione di certi “valori aristocratici” (risultati fasulli) era compensata dalla scoperta di altri, diversi ma non per questo meno elevati. In Sodoma e Gomorra, invece, nei confronti degli esponenti dell'alta borghesia - medici, professori, musicisti, intellettuali o intellettualoidi che siano - il nostro caro Marcel non è altrettanto accomodante. Le invidie, le ripicche, le piccole vendette assomigliano molto a quelle che abbiamo già imparato a conoscere nel salotto dei nobili, ma il paradosso è che se la coscienza della propria indiscussa superiorità conferiva agli aristocratici una grazia e una cortesia che a lungo andare si cristallizzavano in una seconda natura, qui, al contrario, la consapevolezza di dover difendere a tutti i costi la propria precaria condizione di “popolarità” conduce ad atteggiamenti opportunisti e spesso spietati. Incontrastati sovrani di questo regno (così come nell'altro lo erano i Guermantess) si ergono i Venturin, di cui Saint-Loup ci offre un impietoso ma fedelissimo ritratto: “Sono ambienti dove si fa tribù, dove si fa congregazione e cappella. Non mi dirai che non è una piccola setta; tutto miele per quelli che ne fanno parte, mai abbastanza disprezzo per quelli che ne sono fuori. La questione non è, come per Amleto, essere o non essere, ma essere dei loro o non esserlo.

Per questa ragione, ho trovato la seconda parte del libro, dedicata ai Verdurin e ad Albertine, molto più coinvolgente e divertente della prima, ancora legata al feaubourg di Saint-Germain (ma questa volta i Guermantes sono i principi, non i duchi). Così come era successo in All'ombra delle fanciulle in fiore, insomma, la porzione di racconto ambientata a Balbec mi ha conquistato; evidentemente, e nonostante le due esperienze vissute nella fantomatica località balneare siano state per il Narratore molto diverse per non dire opposte, il solo fatto di essere a Balbec “trasfigura” gli eventi, li rende “eccezionali” in senso letterale. A Balbec Marcel prende coscienza delle “intermittenze del cuore”, a Balbec “scopre” finalmente il dolore per la morte della cara nonna, a Balbec si innamora di Albertine.

Le pagine dedicate all'amore, inutile sottolinearlo, sono meravigliose. Devo dire che sono rimasta un po' sorpresa della disinvoltura con cui il Narratore e la stessa Albertine vivono le loro “avventure”... se dovessi rapportare alla morale di oggi (che di morale ne abbiamo ben poca...), li definirei se non altro “disinibiti”, a maggior ragione mi chiedo come potessero essere considerati in rapporto all'epoca. Era normale, sì, che una giovane di buona famiglia raggiungesse “l'amico” ad orari notturni all'esplicito scopo di scambiarsi effusioni senza che poi questo rapporto determinasse nessun impegno formale da una parte o dall'altra? È normale che nell'arco dei pochi mesi della vacanza e nel corso di questa relazione apparentemente esclusiva, Marcel “ci provi” e spesso “concluda” (se non altro con un bacio sulla spiaggia) tante altre ragazze (il riferimento è fugace ma abbastanza chiaro)? È normale che dopo aver convinto Albertine, mentendo, di essere innamorato della sua amica Andrèe, gli scambi affettuosi fra i due non si interrompano ma anzi quasi si moltiplichino senza che nessuna delle due parti ci trovi alcunché di sconveniente?

Ma al di là di queste considerazioni che sanno un po' di pettegolezzo (e che quindi – ammettiamolo – con gli intenti di Proust ci stanno benissimo...), mi hanno colpito le riflessioni sull'amore in quanto sentimento spontaneo che l'incontro con una donna non fa altro che portare alla luce, senza che poi le caratteristiche di quest'ultima siano poi così determinanti. In parole povere, sembra dirci Proust, non è la natura della persona amata a determinare la natura dell'amore, il quale in realtà è un processo tutto interiore: “Come da una corrente elettrica che fa muovere i corpi, io sono stato scosso dai miei amori, li ho vissuti, li ho sentiti: non sono mai riuscito né a vederli né a pensarli. Sarei addirittura per credere che in essi, sotto l'apparenza della donna, sia alle forze invisibili da cui questa è accessoriamente accompagnata che noi ci rivolgiamo come a oscure divinità. Durante gli incontri che ha con noi, la donna ci mette in relazione con queste divinità, e quasi non fa altro.
Questo non impedisce a chi ama di desiderare ardentemente l'oggetto della propria di passione e di soffrire terribilmente per la sua assenza o per gelosia, anzi! E infatti tutta la parte finale di Sodoma e Gomorra non fa che prepararci all'avventura, tutta concentrata su Albertine, de La prigionera, che non vedo l'ora di cominciare.
 
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